Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Dopo il post precedente sullo stesso argomento (che potrei intitolare anche La paura è sempre con noi )e grazie a un link mandatomi da Calipso81, vi faccio vedere due immagini (che si possono ingrandire facendo click sopra) a confronto di Firenze. La prima è dell'alluvione del 1966:
E questa è più o meno la stessa visione del lungarno, in un tranquillo giorno qualsiasi di oggi:
La città era un fiume.
Le acque avevano coperto letteralmente le spallette del lungarno, tutto era sommerso: una gigantesca laguna melmosa sulla quale galleggiavano, remoti, spettrali, gli edifici storici, le chiese, i campanili.
Una visione che non dimenticherò mai.
La vidi pressapoco così, la mia città, dall'alto del Piazzale Michelangelo.
Mio padre si era inerpicato in tarda mattinata sui colli, per vedere di persona come stavano le cose, via via che arrivavano le notizie, dramamtiche e confuse.
Ad un certo punto si diffuse quella che il Ponte Vecchio era stato travolto dalla piena. Parlatene ad un fiorentino che c'era e vedrete ancora gli occhi riempirsi di lacrime.
Nel pomeriggio, piovoso, gelido, mio padre tornò. La sua faccia era più grigia del cielo. Disse a mia madre: "Vesti le bambine. Le porto a vedere. DEVONO vedere. DEVONO ricordare".
Salimmo in auto per stradine di campagna, di collina in collina per evitare le zone alluvionate e sbucammo sul Piazzale. Una selva di ombrelli come nella foto sopra.
Ma anche un silenzio spettrale. Nessuno parlava. Nessuno aveva il coraggio di chiedere, imprecare, interloquire col vicino.
Il babbo ci spinse vicino alla balaustra: la gente faceva spazio ai bambini. Che vedessero. Che non dimenticassero.
Al di là dell'alluvione, al di là della tragedia e dei danni, io questo ho anche imparato da quella vicenda. Un grande senso della storia.
Questo ho imparato da un'epoca di rari telegiornali in bianco e nero, di giornali conservati come reliquie e documenti storici. Un'epoca con meno inflazione della comunicazione, ma con più trasmissione del ricordo.
Che è importante essere testimoni di ciò che accade. Conoscere per trasmettere.
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E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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