Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Andare.
Uscire di fretta, di volata, accorgendosi poi di aver lasciato dietro di sè cose importanti. Oppure cose che si credevano importanti e poi, proprio perché ineluttabilmnete dimenticate, ci si accorge che se ne può fare benissimo a meno.
Nel quotidiano, ma anche nell'esistenziale.
Chiavi di casa (ma nessuno ha ancora insegnato al gatto ad aprire la porta?). Oh, be', vorrà dire che starò fuori tutto il giorno.
Cellulare. Va be': vuoi mettere quante scocciature in meno.
Portatile (sottinteso: pc): insomma, vorrà dire che mi divertirò a fare una di quelle incursioni in cartoleria che una volta mi rendevano eccitatissima e folle, per approvvigionarmi di quaderni, blocco per appunti, penne fosforescenti....la bambina che alberga ancora dietro la mente razionale ed efficiente della "me" pubblica....ma saprò ancora scrivere a mano? quella bella calligrafia tonda e cucita come i punti a maglia della zia? adesso, a furia di furia, a furia di fretta, a furia di tanta burocrazia, di ricevute della carta di credito, anche quella bella firma lunga si è ridotta ad una sigla illeggibile.
Il romanzo appena cominciato? è rimasto sul comodino. E dire che l'avevo appoggiato lì, ieri notte, con un sospiro e una promessa per l'indomani. avevo considerato anche il formato, giusto, perfetto per portarlo in giro, perfetto per ingannare il tempo in una fila. Pazienza, ingannerò il tempo elaborando finali imprevedibili e alternativi.
L'agenda: mannaggia a me! quella proprio....e vabbé: prenderò i prossimi appuntamenti su infiniti foglietti sparsi, retro di scontrini del bar, labili post-it di memoria. Speriamo di ricordarsi poi di trascrivere tutto....prevedo qualche inghippo e sovrapposizione...
Avrò chiuso tutte le luci, i rubinetti, le tv, le radio, i computer? ....ridicola, come se temessi lo scatenarsi di una tempesta magnetica senza pari degna di Star Wars!
Ci sarà acqua nella ciotola del gatto?
Ma cosa mancava in frigo, da afferrare volando in una rapida incursione al supermercato, prima di rientrare stasera?
E poi il resto, l'esistenziale.
Chiudere una stagione della vita: non ti accorgi del tempo che passa finché non chiudi una porta e immediatamente ti trovi "fuori".
Si chiuse la porta del reparto dell'ospedale dietro di noi, quella notte: e non eravamo più figlie. Eravamo in prima fila, la vita (e la morte) ci avevano scavalcate, in un soffio, avevano ribaltato ruoli e certezze. Si diventa orfani anche a 40 anni, ci si sente tali. E un destino clemente (o crudele) te lo sottolinea così, con la notte, l'inverno, le luci fredde e fioche di un corridoio d'ospedale.
Chiudere il finestrino di un treno, dopo che sei rimasta a lungo così, con le lacrime che bruciavano, a guardare qualcuno che non sarebbe partito con te. Un'adolescenza di tanto tempo fa, una gita e l'amica di sempre che si lasciava prendere da un colpo di testa impensabile e assurdo. Non ci saranno più amicizie così, per fortuna. Per fortuna stai crescendo, per fortuna stai trovando la tua identità, per fortuna saranno piccoli dolori e non quelli grandi e strazianti a costruire il tuo nuovo io. Ma questo lo sa il futuro; tu lì, in quel momento, non lo sai e credi di esserti chiusa alle spalle il mondo.
Esci un pomeriggio di fine estate e la tua unica preoccupazione è il tempo: un abito bianco... e se pioverà? Esci con la felice certezza del futuro, esci quasi con spavalderia. Ti guardi adesso e ti fai tenerezza, quante cose avresti da dire a quella te che oggi ti sarebbe figlia, quante raccomandazioni, quante prudenze da suggerire. Ma allora tu chiudesti la porta e basta. Le raccomandazioni rimasero tutte, tra dette e non dette, sul tavolo della cucina gialla.
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