Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Credo sempre di più che nessuno di noi sia lo stesso, nel passare del tempo.
Che queste utopie di coerenza e integrità siano in realtà espressione di un'anima fragile, che non sa affrontare il proprio divenire, la crescita, la contraddizione.
Per quanto riesca a ricondurre tutto il passato ad un unico essere, a me stessa, devo ammettere che in me hanno albergato persone in qualche modo molto diverse tra loro, delle quali talvolta è facile, talaltra meno, recuperare un'unica matrice, delle linee comuni di evoluzione, crescita, cambiamento.
I gusti, per esempio.
Dicono che ogni 7 anni si cambino gusti alimentari. Non so, forse soltanto si amplia il proprio panorama di esperienza, si assaggiano nuove cose, si sviluppano antipatie o intolleranze psicologiche.
Certo non potevo immaginare che paradiso di morbidezza, sale e sabbia fosse il sapore delle ostriche, fino a quel meraviglioso viaggio a Dublino, quando mi decisi che "era ora". Mi sentivo anche cresciuta, non più ragazza, ma donna. E le ostriche, nell'immaginario romantico, sono legate allla femminilità più riposta e segreta. E infatti ostriche ho ritrovato a Parigi, in una assurda girandola di sogno, in cui frammenti di Bella Otero, schegge di colori di Manet e il fantasma di Simone de Beauvoir -sepolta poco più in là- si sovrapponevano a creare un modello ideale.
Poi i gusti artistici.
Credevo che i manieristi, i tormentati, lunatici, pazzi, ipocondriaci contestatori del grande classicismo, fossero al vertice dell'arte di tutti i tempi.
Credevo questo: ero un'adolescente, piena di contaddizioni, il cui io si avvolgeva in spire su se stesso, come le assurde figure del Pontormo, i cangiantismi avvelenanti dei suoi colori.
Ma in un'età diversa, di maternità e bambini piccoli che correvano per casa, di morbidezze, amore e fior di vita, ho pensato che la luce e i pastelli teneri e sfatti, l'en-plain-air dell'impressionismo fossero il mio mondo.
Mai avrei pensato - ma poi ci sono arrivata - che equilibrio, armonia, classicismo fossero valori estetici ineguagliabili. Ci sono arrivata quando ho cominciato ad assaporare il gusto dell'avere raggiunto alcune tappe della vita, prima solo sognate e vagheggiate. Ci sono arrivata, immaginandomi finalmente che l'empireo perfetto di Raffaello, l'ordine razionalissimo di Piero della Francesca, l'equilibrio levigatissimo di Guido Reni, fossero anche miei. La regola che dà pace.
E poi, adesso, mi ritrovo attratta vertigionosamente verso misteri e oscurità intellettuali, pre-raffaelliti enigmatici:
la paranoia di Caravaggio:
l'ermetismo del Parmigianino:
la bizzarria di Mantegna:
Perché, come scrisse Erasmo da Rotterdam:
osservate sempre, in ogni cosa che fate
con quanta previdenza la natura,
madre del genere umano,
ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia
infuse nell'uomo più passione che ragione
perchè fosse tutto meno triste,
difficile, amaro.
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