Creato da odio_via_col_vento il 03/11/2005

Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

Messaggi di Febbraio 2013

Controluce

Post n°583 pubblicato il 27 Febbraio 2013 da odio_via_col_vento
 


Susan Lyon, Tasha Backlit

 

Ci sono i momenti no.
Eccome se ce ne sono!
Quelli in cui tutta la vita sembra girarsi di spalle, farsi distante, negarsi.

Credevi che la strada, dopo la curva, girasse se non proprio in piano, almeno in una salita meno ripida.
Credevi di trovare una panchina su cui sedersi, un momento di sosta, per tirare il fiato.

Credevi che il peggio fosse passato, che ci fosse uno spiraglio di crescita, di maturità, di pace ed affetto.

E invece ti accorgi che sí, forse non c'è piú la lotta e l'opposizione, ma comunque lui è lui e tu sei tu: e questo è tutto.

E in questo momento non è un tutto rassicurante, né consolante.

E' un tutto che porta sempre ad illudersi, a sperare, per poi ritrovarsi sempre qui, seduti in questo stesso cantuccio, spiando un radioso avvenire che non arriva. Un miracolo, forse.

Ma il miracolo potrebbe essere solo quello che tu smettessi di sperare. Che ti rassegnassi. Che non avessi aspettative.

Si vuol bene in tante maniere, si è adulti rispettabili in tanti modi, ci si rapporta agli altri con mille sfumature diverse.
Accettare questo e non sognare un abito che lui non indosserà mai, un uomo che non è e non vuol essere, un rapporto che non è mai stato quello che desideravi. 

Momenti, forse, che riconosci anche come non gravi, non drammatici, non importanti. Momenti tuoi, in cui, alla fin fine, ti accorgi di essere tu ad essere girata di spalle, a non voler vedere la luce, a cercare un'ombra, quasi per volersi far dimenticare. 

 

 
 
 

Italian Election DayS

Post n°582 pubblicato il 26 Febbraio 2013 da odio_via_col_vento

 

Sì, days, al plurale.
Perché noi, per fare questo casino che abbiamo fatto, ci mettiamo anche due giorni. Quasi ci stessimo a riflettere di più!

20130226-000025.jpg

Qui dove sono io, mi guardano un po’ con commiserazione, un po’ cercano di farmi coraggio. Ci sono persone di moltissime nazionalità, ma tutti, assolutamente tutti, avevano ben chiaro per chi non avremmo dovuto votare. E per tutti (ma più ancora per me) è altrettanto incredibile pensare ad un’Italia così.
Mi hanno definito la nostra situazione come uno “smash and grab” (sfascia e arraffa).
Rende l’idea; e anche l’onomatopea è azzeccata.
Assentisco e inghiotto amaro, tanto amaro.


(Quasi quasi partecipo alla prossima lotteria per la green card)

 

 
 
 

Matassa e gomitolo

Post n°581 pubblicato il 22 Febbraio 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Eugene Carriere, Winding Wool

 

Lunghi pomeriggi di inverno, piccoli supplizi che allora vedevo come grandi soprusi, anzi, soprusi dei grandi.
 
"Ecco, vieni, aiutami a dipanare la matassa".
E la matassa di lana, spesso ruvida al contatto con i miei polsi nudi di bambina,  mi veniva appesa alle braccia. 
"Stai su, tienile aperte e dritte quelle braccia!"
E la zia cominciava, con ritmo disuguale e ininterrotto, a svolgere il filo, a fare di quella matassa un gomitolo.
Si interrompeva se trovava un nodo, rallentava per passare il gomitolo che andava formandosi da un ruscello all'altro di quella lana.
Piano piano la matassa diminuiva e il gomitolo cresceva.
Ma mai abbastanza velocemente per me, per la mia noia di bambina
Perché spesso ad una matassa ne seguiva un'altra, e poi un'altra ancora.
"Ce ne vogliono di gomitoli per farvi un maglione....crescete così tanto...."
Diceva sorridendo la zia.
Ma io, chissà perché, prendevo quasi quell'affermazione per un'accusa.
Se fossi cresciuta meno, forse, mi sarebbe stato risparmiato il supplizio....e in effetti a mia sorella non toccava quasi mai questo compito. Anche se tendeva le braccia, anche se, illusa, credeva che aiutare a dipanare la lana fosse un compito gradevole, aveva mani piccole, polsi sottili, l'apertura alare di un uccellino e quindi si ricorreva a lei raramente.
Potere di avere 4 anni meno.
Poi ci ripenso, soprattutto in inverno, soprattutto in certi crepuscoli che istantaneamente digradano verso la notte, inducendo una voglia di caldo e tepore e luce soffusa che la stagione non concede.
Ci ripenso quando cerco la ruvidezza della lana di una volta. Quel contatto sulla pelle tra lo sgradevole e il familiare, come certe medicine. Non ti piaceva, ma sapevi che di lì a poco ne avresti gradito l'effetto.
Ci ripenso perché, inutile dirlo, l'immagine della matassa che si dipana e crea il gomitolo, il filo che si avvolge, porta in sé significati infiniti. Di vita e di morte, in primis.
Ma a quelli non voglio pensare.
Penso piuttosto al caos ordinato che alberga, ancora, dentro di me, alla sensazione di avere molto da dire e molto da fare e che la vita, davanti, mi si prepari come questo filo che lentamente esce dal groviglio: netto, isolato, dritto. 
Ma corto. Che va immediatamente a creare una massa ordinata e avvolta, un gomitolo che cresce sempre di più.
Ci è dato di vedere solo un filo unico ed isolato, breve, il  tratto che appartiene al nostro presente. Per poi vederlo sparire nel futuro.
Se proprio ci tieni, puoi smettere di avvolgerlo per un attimo e soppesare, valutare, quanto resta della matassa e quanto grande è il gomitolo avvolto.
Un futuro confuso, un passato ordinato - o per lo meno avvolto su se stesso.
E nel mezzo questo filo apparentemento dritto, teso, forte eppure fragile, tagliente sulla pelle mentre lo snodi, eppure facile a spezzarsi.
 
 
 

Mondi opposti (est vs. ovest) - i pilastri della terra 4

Post n°580 pubblicato il 15 Febbraio 2013 da odio_via_col_vento
 

Queste sono le mie immagini del cuore.
Quelle che vedo anche ad occhi chiusi, quelle che sento mie, in misura diversa, ma alttrettanto forte, in questo momento della mia vita.

 

 Alfonso Hollaender, Veduta della cupola di Santa Maria del Fiore

 

 

Colin Campbell, West Front, Steps of the Capitol

 

Sono le cupole, costruite per estendere la loro ombra su tutti i popoli: "della Toscana" come piu' realisticamente e in modo meno magniloquente recitava Leon Battista Alberti, per Santa Maria del Fiore; "del mondo", probabilmente pensarono, se non dissero esplicitamente, Washington e Jefferson, costruttori di quel senso di universalismo pan-cosmico -verrebbe da dire- molto molto americano.

Eppure e' molto evidente che la cupola bianchissima del Capitol Hill e' ispirata non alla mia sanguigna e terragna cupola di mattoni, di Brunelleschi, ma ai marmi di Michelangelo.
Quel Michelangelo che, apprestandosi ad andare a Roma, salutava la cupola di Firenze col celebre detto: "Vado a Roma a far la tua sorella, di te piu' grande ma non di te piu' bella". 

 

 

Visivamente, corolisticamente, ma certo anche simbolicamente.
Capitol Hill, la cui prima pietra fu posata sul colle da Washington (George) stesso, in una complessa liturgia massonica che si opponeva e al tempo stesso cercava di imitare e sostituire la liturgia cattolica, e' il culmine della grandiosa e ridondante simbologia massonica secondo la quale tutta la citta' di Washington (DC) e' costruita.

 

 George Washington Laying the Cornerstone of the United States Capitol

 

Certo dopo l'inaspetatto evento delle dimissioni del papa, di tre giorni fa, una foto che ha fatto il giro del mondo, questa....

 .... sembra dare un senso visuale alle profezie apocalittiche e alle probabili aspettative degli Illuminati, illuministi, massoni, carbonari, pidduisti di tutte le generazioni passate (e forse presenti).

Ma certo la storia, con i suoi corsi e ricorsi, ci insegna che non e' mai bene gridare vittoria o augurarsi la disfatta del nemico.
Non sia mai, come vediamo succedere sempre piu' spesso (anche nel nostrominuscolo panorama politico) che insieme col nemico venga a mancare anche la ragion d'essere stessa del suo oppositore.
Certi imperi si reggono sulla lotta, vera o immaginaria.
E non esiste buio se non esiste la luce, cosi' come non ci accorgiamo della salute se non quando siamo malati.

 

 
 
 

San Valentino (da grandi)

Post n°579 pubblicato il 13 Febbraio 2013 da odio_via_col_vento
 
Tag: Amore

 

Sigmund Abeles, The Retired Fire Chief And His Wife

 

Un San Valentino vero, duraturo, che proprio perche' e' vero, si trasforma con noi.
Invecchia, si incurva, ha bisogno degli occhiali, deve fermarsi a riposare, ogni tanto.

Un San Valentino della confidenza e dell'abitudine.
Che bello il tuo corpo che sfiora il mio, che si appoggia sul mio, il ginocchio contro il ginocchio, che si sente a suo agio, esattamente come la tua mano trova la sua nicchia giusta dentro l'altra mano.
Che sia tua o mia, non importa.
I due corpi si conoscono talmente bene, ormai, che sono davvero (e non come nei bigliettini rosa o nell canzonette sdolcinate) un corpo solo.

Un San Valentino della compagnia: io faccio le mie cose, tu fai le tue.
Ma insieme.
Come i compagni di viaggio che siamo, come gli amici, come madre e figlio o padre e figlia, come fratelli, come amanti.
Senza ansie, senza noie ed insofferenze, senza paure o paura di essere inadeguati l'uno all'altro.
Tutte queste cose, anche se ci sono state, sono passate.
Anzi, no: ci sono sempre, ma ben sepolte, stanno a fermentare la terra dissodata e poi ben battuta su cui e' costruita la nostra dimora di vita.

Un San Valentino del viaggio: chi parte e chi resta. Entrambi che aspettano. Guardare lontano e guardare vicino, leggere o sognare, ad una certa eta' hanno comunque bisogno di un aiuto meccanico.
Come seduti si sta meglio se c'e' un cuscino; come camminare con scarpe comode e' enormemente piu' funzionale, non solo ad evitare il mal di piedi, ma anche a continuare ad andare lontano.

Buon San Valentino da grandi.
Grandi in eta', grandi in resistenza, grandi nell'amore.

 
 
 

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