Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Messaggi di Marzo 2013
Alphonse Mucha, Winter Night
Qualcuno aveva dato ordini diversi, ma non tutti lo sapevano. Non lo sapevamo noi, con gli abiti invernali che cominciavano a chiedere pietà, le scarpe sempre bagnate di pioggia, gli ombrelli sfiniti dal gran lavoro, guanti sciarpe e cappelli sempre pronti, in attesa, accanto all'attaccapanni. Qualcuno aveva dato l'ordine, sì: l'ordine di ricominciare da capo con l'inverno. Il calendario diceva "Marzo", ma era di nuovo novembre. Ma una luce inesistente, grigiastra, un prolungamento del crepuscolo, un crepuscolo anche al mattino.
Neve tardiva?
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Louis Leopold Boilly, The Geography Lesson
Lui mi ha insegnato a viaggiare. Pian piano cominciò a lasciarsi andare davanti alle mie insistenze. A indicare sul mappamondo, col dito che scorreva lento, le traiettorie e le rotte. A tirare fuori microscopiche foto in bianco e nero da guardare con la lente di ingrandimento per scovare tutti i particolari di cui, via via, la sua voce mi narrava. E poi i ricordi inglesi, quella lingua che, lui fra pochi, della sua generazione, conosceva e che ha voluto a tutti costi, testardamente, che io imparassi. Trasmettendomi amore e cultura, necessità e praticità, insieme col ricordo. Un ricordo che si proiettava nel futuro, che immaginava già un mondo diverso ed una vita diversa per me. Poi cominciarono ad arrivare in casa i libri di viaggi, libri fotografici, soprattutto. Mi piace pensare che in un cero senso anche io abbia influenzato lui, che le mie domande e le mie curiosità lo abbiano spinto a recuperare un passato duro e doloroso e trasformarlo in una cosa che arricchisce: esperienza. Ricordo, fra tanti, un libro che si chiamava "L'Europa vista dall'Alto". Fotografie bellissime, attraverso le quali studiavo e sognavo palazzi, vie, piazze di città che erano sol nomi, in quel lontano momento, ma che mi appuntavo nel recesso del cuore con lo spillino rosso del desiderio. Il ponte sul fiume all'ingresso di Oxford. Ricordo ancora la prima volta che ci ho messo piede, anni ed anni dopo. La sensazione di entrare in quella foto che avevo percorso mille volte collo sguardo e col dito. Anni dopo, tuttora, ripercorrere quei luoghi visti e sognati e raccontati è per me recuperare un piccolo pezzo di lui, di mio padre.
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Anche qui non fa che piovere o tirare vento (tanto) o fare freddo.
Paul Fischer, Evening, Copenhagen
Non e' nemmeno una citta' dalle grandi luci. Sara' forse perche' e' invece una citta' dai grandi spazi, che cerca di catturareil piu' possibile l'ultima luce del tramonto, facendola rispecchaire nel nitore dei monumenti e dei palazzi candidi, delle fontane, del fiume.
Certo che la notte, di un prolungato inverno, puo' essere diversa, da luogo a luogo, am anche diversa a seconda degli occhi che la osservano. Angosciante, come questa serata di Munch.
Edvard Munch, Evening on Karl Johan
Oppure mondana, piacevole, grigia eppure luminosa, con la voglia di andare per strada anche se piove, che solo Parigi sa darti.
Gustave Caillebotte, Paris street, Rainy day
Oppure un po' misteriosa, intima, nascosta, chiusa far le calli antiche, dove i passi sono attutiti e di inverno quasi non sai se vai incontro a fantasmi o a persone reali.
John Singer Sargent, A street in Venice
Oppure e' cosi' joie de vivre anche sotto l'ombrello. P. A. Renoir, Les Parapluies
Jill Banks, Rainy Day in NYC
Come in tutti i mille luoghi del mondo in cui la pioggia e' un dato di fatto, costante, quotidiano (o quasi) e non puoi permetterti di non uscire, di rimandare qualunque cosa solo perche' piove.
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Post n°585 pubblicato il 13 Marzo 2013 da odio_via_col_vento
Tiziano, Venere allo specchio
Oggi mi hanno chiesto di posare al posto di questa bellezza di Tiziano. Ma lo studioso che mi ha chiamata, molto gentilmente, dall'ufficio vicino, stava facendo delle considerazioni sul riflesso nello specchio e il punto di vista e di distanza del pittore. Mentre mi divertivo un po', in questo ruolo improvvisato, ho guardato bene il dipinto e mi sono impressionata di un altro aspetto: il volto che Venere vede nello specchio.
La donna che le appare, spaventata, e' una donna anziana, con le occhiaie, con i lineamenti del volto cascanti.
E' come se Venere, guardandosi allo specchio, stesse andando incontro alla sua vecchiaia. Eppure ad aver paura non e' la bellezza, nel suo momento transitorio. Lei resta impassibile. E' proprio come se la donna oltre lo specchio guardasse il suo passato e invece di compiacersene, ne avesse terrore. Venere si aspetta di specchairsi e invece vede il proprio futuro.
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Edvard Munch - The Morning
La donna è sospesa, ferma in un gesto e un momento quotidiano. Di solito questi sono pensieri belli, sogni ad occhi aperti, magari indefiniti, ma belli. O forse si sta spogliando, forse è la stanchezza, quell'indefinito desiderio di sonno che nel momento in cui la stanchezza prende il sopravvento diventa quasi dormiveglia. (e comunque insolito, per Munch, un quadro così sereno, un quadro dell'assenza dolce, non popolato di incubi) |
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E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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