Creato da odio_via_col_vento il 03/11/2005

Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

Messaggi di Marzo 2013

Il secondo inverno

Post n°588 pubblicato il 26 Marzo 2013 da odio_via_col_vento
 

image

Alphonse Mucha, Winter Night

 

 

Qualcuno aveva dato ordini diversi, ma non tutti lo sapevano.
Non lo sapevano gli studenti che contavano le settimane all'arrivo delle sospirate vacanze estive.
Non lo sapevano i negozi, con le vetrine piene di primaverili abitini dai colori pastello.
Non lo sapevano gli alberi ed i fiori che si ostinavano a tentare di tirar fuori boccioli teneri e indifesi, che non riuscivano a fiorire e sembravano rattrappirsi sotto il vento freddo.

Non lo sapevamo noi, con gli abiti invernali che cominciavano a chiedere pietà, le scarpe sempre bagnate di pioggia, gli ombrelli sfiniti dal gran lavoro, guanti sciarpe e cappelli sempre pronti, in attesa, accanto all'attaccapanni.

Qualcuno aveva dato l'ordine, sì: l'ordine di ricominciare da capo con l'inverno.

Il calendario diceva "Marzo", ma era di nuovo novembre.
A dire il vero sembrava più ancora un dicembre impietoso, crudele, con nessuna memoria dell'autunno. Un novembre già invernale, solo qualche ora di luce in più.

Ma una luce inesistente, grigiastra, un prolungamento del crepuscolo, un crepuscolo anche al mattino.

Quel giorno, poi, era perfino nevicato. Coltre bianca sotto quelle povere magnolie in boccio.

 

20130321-235132.jpg

 

Neve tardiva?
Ma no, neve precoce. Sta nevicando in novembre.
E le magnolie in boccio?
Non hanno ricevuto l'ordine, non sono state avvisate. 
Come "non sono state avvisate"?
Forse non hanno un indirizzo e.mail attivo.
Come non lo hanno? Ce l'hanno si': magnoliatrees@pennsylvanyaavenue.com
Ecco l'errore: non e' un indirizzo governativo. Bisogna fornirlo loro: dev'essere un "punto GOV". In fondo sono o non sono impiegate statali? Impiegate di basso livello, ma pur sempre addette ad un compito governativo: addobbare la via delle parate.
Siamo d'accordo, ma chi vorrà mai fare marce o parate se siamo di nuovo in inverno?
Staremo a vedere. Intanto avvertitele, le magnolie. Non è dignitoso. Sembra quasi una ribellione, invece di ignoranza.
Sara' fatto. Aggiungeremo anche un "Thank you for your continued patience and cooperation during this year’s protracted winter process".
 

 

 
 
 

sognare di viaggiare

Post n°587 pubblicato il 21 Marzo 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Louis Leopold Boilly, The Geography Lesson   

 

Lui mi ha insegnato a viaggiare.
Era un uomo di grandi racconti, ma quelli sui viaggi glieli ho dovuti strappare a forza di domande, via via che crescevo. L'ho capito dopo, il perché. Perché erano viaggi legati alle guerre (ben due) e preferiva sorvolare.
Ma come si fa a sorvolare sull'Africa? Come si fa a sorvolare sui Sette Mari? Come si fa a non raccontare ad una figlia, avida di sapere, storie dell'Inghilterra piovosa, delle brughiere, delle torri di Oxford?
Lo guardavo ed era come se per me incarnasse Sandokan, e il Corsaro Nero e Ivanohe.
Che ne sapevo, io, dell'orrore vero? Vedevo solo l'avventura. 

Pian piano cominciò a lasciarsi andare davanti alle mie insistenze. A indicare sul mappamondo, col dito che scorreva lento, le traiettorie e le rotte. A tirare fuori microscopiche foto in bianco e nero da guardare con la lente di ingrandimento per scovare tutti i particolari di cui, via via, la sua voce mi narrava. 
I nomi degli alberi, la frutta esotica (non erano tempi in cui la trovavi in qualsiasi supermercato), le cascate, le savane, gli animali selvaggi.

E poi i ricordi inglesi, quella lingua che, lui fra pochi, della sua generazione, conosceva e che ha voluto a tutti costi, testardamente, che io imparassi. Trasmettendomi amore e cultura, necessità e praticità, insieme col ricordo. Un ricordo che si proiettava nel futuro, che immaginava già un mondo diverso ed una vita diversa per me.

Poi cominciarono ad arrivare in casa i libri di viaggi, libri fotografici, soprattutto. Mi piace pensare che in un cero senso anche io abbia influenzato lui, che le mie domande e le mie curiosità lo abbiano spinto a recuperare un passato duro e doloroso e trasformarlo in una cosa che arricchisce: esperienza.

Ricordo, fra tanti, un libro che si chiamava "L'Europa vista dall'Alto". Fotografie bellissime, attraverso le quali studiavo e sognavo palazzi, vie, piazze di città che erano sol nomi, in quel lontano momento, ma che mi appuntavo nel recesso del cuore con lo spillino rosso del desiderio.

Il ponte sul fiume all'ingresso di Oxford.
O Place des Vosges, a Parigi. 

Ricordo ancora la prima volta che ci ho messo piede, anni ed anni dopo. La sensazione di entrare in quella foto che avevo percorso mille volte collo sguardo e col dito.
Mi ritrovai in quello spazio aperto e istintivamente, per prima cosa, rovesciai la testa per guardare in alto, cercando di catturare il punto da cui avevo guardato la stessa scena di cui ora ero parte.
Una vertigine di memoria. Una vertigine da viaggio nel tempo. 

Anni dopo, tuttora, ripercorrere quei luoghi visti e sognati e raccontati è per me recuperare un piccolo pezzo di lui, di mio padre.
Pensare che il tempo è fatto così: vite che si susseguono, pietre che rimangono. 

 

 
 
 

Pioggia e crepuscolo

Post n°586 pubblicato il 16 Marzo 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Anche qui non fa che piovere o tirare vento (tanto) o fare freddo.
Se penso che lo scorso anno mi ritrovai precipitata in un'estate precoce, con i sandali e i ciliegi in fiore.....
Non c'e' molto da fare, naturalmente.
Se non coprirsi, non dimenticare l'ombrello a casa e benedire la previdenza paranoica che mi ha fatto poratare gli stivali! 

 

Paul Fischer, Evening, Copenhagen

 

Non e' nemmeno una citta' dalle grandi luci. Sara' forse perche' e' invece una citta' dai grandi spazi, che cerca di catturareil piu' possibile l'ultima luce del tramonto, facendola rispecchaire nel nitore dei monumenti e dei palazzi candidi, delle fontane, del fiume.

 

 

 

 

 

 

 

Certo che la notte, di un prolungato inverno, puo' essere diversa, da luogo a luogo, am anche diversa a seconda degli occhi che la osservano.

Angosciante, come questa serata di Munch.
Da rimanere chiusi in casa, per la sola paura di incontrare gente cosi' per le strade.

 

Edvard Munch, Evening on Karl Johan

 

 

 

Oppure mondana, piacevole, grigia eppure luminosa, con la voglia di andare per strada anche se piove, che solo Parigi sa darti.

 

Gustave Caillebotte, Paris street, Rainy day

 

 

Oppure un po' misteriosa, intima, nascosta, chiusa far le calli antiche, dove i passi sono attutiti e di inverno quasi non sai se vai incontro a fantasmi o a persone reali.
Ma e' comunque la mitologia dell'antico, del nome, del letterario. 

 

John Singer Sargent, A street in Venice 

 

 

Oppure e' cosi' joie de vivre anche sotto l'ombrello.
E che altro si puo' fare?
Cerchiamo una dimensione, una distarzione, una apertura del cuore se non del cielo.

 P. A. Renoir,  Les Parapluies

 

Jill Banks, Rainy Day in NYC

 

Come in tutti i mille luoghi del mondo in cui la pioggia e' un dato di fatto, costante, quotidiano (o quasi) e non puoi permetterti di non uscire, di rimandare qualunque cosa solo perche' piove.
E nemmeno ti viene in mente di lamentarti.
Piove e basta. Non piove "dentro" solo perche' piove "fuori".

 

 
 
 

La vecchiaia davanti (o la giovinezza dietro?)

Post n°585 pubblicato il 13 Marzo 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Tiziano, Venere allo specchio

 

 

Oggi mi hanno chiesto di posare al posto di questa bellezza di Tiziano.
No, non "abbigliata" cosi'.
Col mio golfino blu paricollo, i miei soliti capelli con la frangetta e quelle striature grigie che io chiamo "colpi di luna", pantaloni e stivali.
Siamo ancora in pieno inverno, qui. E io non sono certo bionda, ne' giovane, ne' Venere.  

Ma lo studioso che mi ha chiamata, molto gentilmente, dall'ufficio vicino, stava facendo delle considerazioni sul riflesso nello specchio e il punto di vista e di distanza del pittore.

Mentre mi divertivo un po', in questo ruolo improvvisato, ho guardato bene il dipinto e mi sono impressionata di un altro aspetto: il volto che Venere vede nello specchio.

 

 

La donna che le appare, spaventata, e' una donna anziana, con le occhiaie, con i lineamenti del volto cascanti.
Non certo la bellezza composta e statuaria che si rimira, assorta in se stessa, incoronata dal cupido. 

 

 

E' come se Venere, guardandosi allo specchio, stesse andando incontro alla sua vecchiaia.
Un ben noto motivo delle rappresentazioni della vanitas. Che non e' tanto la vanita', quanto la fugacia del momento presente. 

Eppure ad aver paura non e' la bellezza, nel suo momento transitorio. Lei resta impassibile.
Ad avere uno sguardo impaurito e' proprio quell'immagine riflessa che, oltretutto, sembra appartenere ad una persona che si volta all'indietro.

E' proprio come se la donna oltre lo specchio guardasse il suo passato e invece di compiacersene, ne avesse terrore.
Forse e' un accorgersi di quanto era stata diversa e di come il tempo abbia cancellato quelle tracce?
Non so. Non e' facile capire.
Ma c'e' questo capovolgimento delle aspettative che e' molto intrigante. E inquietante.

Venere si aspetta  di specchairsi e invece vede il proprio futuro.
Noi ci aspettiamo che un futuro di vecchiaia faccia paura: e invece Venere resta impassibile.
La vecchia nello specchio (che non dovrebbe esserci, ma c'e') non e' un ritratto frontale ma una persona che si volta all'indetro e, come la moglie di Lot, sembra rimanere di sale.
La giovinezza, la propria giovinezza passata, fa paura.
O fa paura che il tempo sia passato cosi' impietosamente? 

 

 
 
 

al risveglio o al sonno?

Post n°584 pubblicato il 06 Marzo 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Edvard Munch - The Morning

 

La donna è sospesa, ferma in un gesto e un momento quotidiano.
Ma cosa fa? Si spoglia o si veste?
E cosa guarda, secondo te? 

Perché dello sguardo poco si può dire, dato che è rappresentata di profilo.

Direi che si può fare una valutazione più dall'atteggiamento: sospesa a metà mentre si veste, come colpita da un pensiero improvvido. 
E la posizione della testa, le braccia abbandonate, tutto indirizza verso un sogno, un incantamento, un pensiero che la fa navigare nel nulla.

Di solito questi sono pensieri belli, sogni ad occhi aperti, magari indefiniti, ma belli.
Un incubo l'avrebbe fatta rientrare a letto, coprirsi con le lenzuola, aver paura di affrontare il mondo e il nuovo giorno.

O forse si sta spogliando, forse è la stanchezza, quell'indefinito desiderio di sonno che nel momento in cui la stanchezza prende il sopravvento diventa quasi dormiveglia.
i pensieri vagano verso quello ch è appena passato, la giornata, i suoi pesi, i suoi minuscoli incantamenti.
Un momento in cui vorrebbe quasi abbandonarsi, così, senza spogliarsi, tanto ormai è precipitata già nell'altra dimensione. 

(e comunque insolito, per Munch, un quadro così sereno, un quadro dell'assenza dolce, non popolato di incubi)

 
 
 

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