Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Messaggi di Giugno 2013
Gyanmani Ray, Daily Life
La mia vita è fatta di stelle e di pesanti buste del supermercato. La mia vita è fatta di sogni e di certezze granitiche, di voglia di fuga e di profonde radici. La mia vita è fatta di amici rincorsi e amici persi, di occasioni volontariamente lasciate indietro e di sviste lungo la strada. La mia vita è fatta di orgoglio di madre e di pretese ed aspettative. La mia vita è fatta di un domani ininterrotto ed eterno, di un senso di desiderio inesausto, di una me sempre protesa sull'orlo di un'attesa continua.
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Post n°622 pubblicato il 29 Giugno 2013 da odio_via_col_vento
Antonio López García, Los novios
Perché l'amore è anche così. Quando si promette "nella gioia e nel dolore", non basta: anche il male, il disaccordo, la sofferenza, la malattia, hanno una loro gloria. Scintillano di buio. Sono memorabili, mettono allo scoperto carne viva e pezzi di anima. Eppure c'è amore anche in questo. C'è solidarietà anche se non la si esplicita. C'è una abitudine che costruisce il guscio duro di questo amore.
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Pam Ingalls, Pulp Fiction
Chissà perché per noi queste sono "nature morte" e in inglese si chiamano "still life" (vita immobile). Forse perché la loro origine, da noi, è morale, religiosa, mortificante? Il memento mori, la vanitas, esemplificata nella corruzione e nel deperimento già insito nel fulgore della natura?
Caravaggio, Canestra di Frutta (particolare)
E in altri paesi, in altre culture, arrivò come genere già fatto e pronto e ci si limitò ad usufruirne come rappresentazione e cristallizzazione di un attimo, di momenti inanimati di vita? Ma cosa, poi, decreta l'idea di vita e morte nella natura? La legge del più forte? La legge dell'evoluzione delle specie, quella più evoluta sopravvive? Allora forse questo mito della natura tout-court non è un gran che. Forse sarebbe meglio una natura umanizzata: se solo l'uomo fosse capace di "umanità".
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Warren Keating, Blonde and Bald Conversation in Paris
Parlare non è semplice. Anche se si usa la stessa lingua. Se poi la comunicazione deve avvenire fra uomo e donna siamo di fronte ad un grado in più di difficoltà. Spesso la paura è enorme, insormontabile, anche se il motivo è piccolissimo, un sassolino, non una vera pietra di inciampo. La lingua si impasta in bocca. Il linguaggio si impoverisce. Ne vedo a migliaia di questi silenzi. Per questo, invece che parlare di "lingua", che è comunque comunicazione, credo che si debba parlare di più, e prima, di silenzio. Perché il silenzio tende a diventare abitudine. E' facile abituarsi a qualcosa che sembra consolatorio, rassicurante, protettivo.
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William E. Rochfort, Friday Night Date
Non credo che il cinema, come rito sociale, come esperienza, come divertimento pubblico, esisterà ancora molto a lungo. Le multisala hanno frantumato le gigantesche esperienze collettive della nostra infanzia e gioventù, quando parte del divertimento era il coro emotivo, sommesso o urlato (a seconda della categoria della sala cinematografica) che seguiva la storia e faceva da contrappunto alle immagini. Adesso vale veramente la pena andare al cinema per i grandi colossi 3D, tipo lo Hobbit. Ma non sono più i tempo di pop corn, bibite, semi di zucca e noccioline. Per il resto, scarichi le anteprime da internet, vedi in streaming, noleggi su Itunes, fai un abbonamento a Sky.
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Spesso qui non c'è posto per il mio personale rapporto tra pensiero e immagine.
E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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