Creato da odio_via_col_vento il 03/11/2005

Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

Messaggi di Ottobre 2013

Il lato oscuro della luna

Post n°663 pubblicato il 30 Ottobre 2013 da odio_via_col_vento
 
Tag: di me

 

Detail from The Martyr of Solway, John Millias  The Martyr of Solway was Margaret Wilson, a young Scottish Covenanter, from Wigtownshire in Scotland executed by drowning for refusing to swear an oath declaring James VII as head of the church. She died _n May 11, in 1685. Her death became part of the martyrology of Presbyterian churches, and she was commemorated as the most famous of the Wigtown Martyrs.

John Millias, The Martyr of Solway (detail)

 

 

Amati.
Sentirsi sempre amati. Apprezzati. Credere che tutti capiscano le nostre ragioni, che la comprensione che abbiamo di noi stessi si diffonda per effusione, contagio, fuori di noi. 

E poi le ragioni degli altri e le nostre ragioni. Che spesso non coincidono.
Eppure le nostre ci sembrano sempre così logiche, condivisibili, intuibili anche senza spiegazioni. 

Quelle altrui un po' meno. Soprattutto quando non coincidono con le nostre, peggio ancora se ad esse si oppongono.

Eppure spesso non è questione di vero o falso. Spesso si tratta di sfumature. O di interpretazione dei fattii 
Spesso dietro c'è un vissuto, un'esperienza che poggia su un passato che non conosciamo, che ci è ignoto. Reciprocamente.

Poche sono le persone sul cui appoggio incondizionato possiamo contare,
Certo meno di quelle il cui nome, per abitudine, per presunzione, o genericamente per superficiale compiacimento di noi stessi, metteremmo nel novero dei nostri apprezzatori.

C'è sempre un momento in cui tirare la linea delle somme.
O delle sottrazioni.
E non è un bel momento.
Rimane un amaro in bocca che il più delle volte non ha il vero sapore della disillusione, ma quello, piuttosto, delle domande senza risposte.

Difficile infatti venirlo a sapere dal diretto interessato. Difficile quindi avere una spiegazione diretta.
Più facile che ci siano dei pettegolezzi, delle voci, una insinuazione, un cumulo di "detto-non detto".

Che si fa?
Si vanno a chiedere spiegazioni? Si chiede un confronto all'americana (col pettegolo di turno come terzo lato del traballante tavolino)?
Si viene a patti col nostro lato oscuro?
O non piuttosto, dopo un paio di notti agitate, un attento esame del passato, il vagare della mente dietro a ipotesi senza costrutto, ci si lascia tutto dietro, con una scrollata di spalle?
Ognun per sé e Dio per tutti? Amo il mio lato oscuro? Il mondo è abbastanza grande per entrambi? Frankly, my dear, I don't give a damn?

 

 
 
 

Le Fantozziadi

Post n°662 pubblicato il 25 Ottobre 2013 da odio_via_col_vento
 

Lisandro Rota, La rivolta degli origami

 

 

1. Metti gli stivaletti alti, tanto che ci fa? Li porto poche ore.....che poi si tramutano nell'intera giornata!

2. Porti in valigia un altro paio di scarpe, comode, questa volta.....che si disfano completamente dopo un'ora che le hai al piede: scollata la suola da non poterci fare niente

3. Va be': metterò domani dei portentosi cerotti Compeed, tanto devo camminare poco......la sventurata NON sapeva cosa la aspettava

4. non appesantiamo la valigia, non portiamo bagnoschiuma o altro, tanto vado in un bell'hotel.....che si rivela molto deperito rispetto alle foto su web, tanto che praticamente se ti danno l'acqua corrente è molto

5. anche per il dentifricio, ecco, un campioncino va benissimo.....peccato che fosse secco! Ho dovuto metterci dentro un poì di acqua e provare a ricavarne un colluttorio sul momento (con poco successo)

6. Metto la sveglia prestissimo il primo giorno, perché devo prender il treno, tanto poi il secondo giorno me la prendo comoda e recupero....peccato poi che le nuove impostazioni dell'Iphone abbiano cambiato le procedure usuali, di quel poco (o tanto) sufficiente a non rendere effettiva la modifica della sveglia: e mi sono alzata alle 5.30 anche il secondo giorno.

7. Adesso riparto e in un paio d'ore sono in salvo a casa.....senonché, cosa è cosa non è, ci sono due treni affiancati sullo stesso marciapiede......e scoprirò solo in viaggio che questo superrapidissimovelocecomelaluce NON ferma alla mia stazione, ma nemmeno a quella prima e nemmeno a quella dopo.......e io mi faccio mezza nazione in un sol battito d'ali, per poi dovere tornare indietro di metà percorso, con altre 3 ore sul groppone, e ansie e fatiche e rabbie (mannaggia a me, alla distrazione, alla troppa sicurezza, a non aver dato restta alla strana sensazione del "come mai questo treno è così vuoto", ecc. ecc.)

8. A questo punto tutto il resto diventa secondario e quindi, in rapida sequenza, eccolo, questo resto:

- la famigliouola dotata di cagnolino da borsa che ha allietato il viaggione non voluto con litigi continui, dall'inizio alla fine
- le fanciulline in fiore che ostruivano la macchinetta per il biglietto veloce alla stazione non voluta, così che io rischiavo di perdere il treno per il VERO rientro
- i soliti furbetti della parrocchietta che ti scavalcano anche mentre sei in coda per scendere dal treno, in uno stretto corridoio, sgomitando e spingendoti da parte
- tutti, tutti, ma tutti i posti di questo sfortunato viaggio che erano contro il senso di marcia
- il pasto saltato
- quattro mail PERSE nelle nuvolose nuvole dell'Iphone, mentre tentavo disperatamente di tenermi almeno al passo delle cose da fare (non parliamo di passi fatti e di km e di piedi doloranti, per favore)
- passare da 15 a 30 gradi d'un colpo, facendoti guardare strano da gente in sandali e maniche corte, io che arrivavo da nebbie e piogge, con stivaletti (i maledetti) impermeabile e ombrello.
- i piedi distrutti distrutti distrutti distrutti distrutti: proprio ora che mi aspettavano altri percorsi e altri panorami!

BAH: Fantozzi era un dilettante 

 

 
 
 

Vestirsi "per"

Post n°661 pubblicato il 20 Ottobre 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Giovanni Boldini, Cleo de Merode

 

 

Sarà una domanda retorica, ma credo che tutti i giorni, davanti allo specchio o davanti all'armadio aperto, più o meno consciamente, sia la domanda che tutti ci poniamo.
"Per CHI mi vesto?" 

E in questo CHI c'è l'occasione, il quotidiano o l'eccezionale, ma c'è anche una indiscreta domanda che tende a identificare la persona o le persone per la quale (per le quali), in fondo o in cima ai nostri pensieri, acquistiamo un abito, scegliamo una combinazione, accostiamo colori, ci preoccupiamo o ci divertiamo.

Inutile rispondere: "per me stessa".
Non ci credo: semplicemente. 
Perché anche io sono vittima e carnefice in questo stesso gioco. Perché conosco le regile non dette e non scritte, maggiori e più stringenti e crudeli di quelle che in certi ambienti costringono a indossare divise o uniformi.

Eppure qui, oggi, non voglio parlare di amiche-nemiche-rivali, di colleghi e colleghe, di suoceri o vicini di casa pronti a giudicare.

Qui ed ora, vorrei parlare di LUI o LEI: il partner, quello ufficiale quello codificato, quello che agli occhi del mondo appare come più o meno inscindibilmente legato a noi.
E vorrei chiedere SE e QUANTO scegliemo per LUI (o LEI) il nostro modi di vestire, gli accessori, i colori, gli abbinamenti.

Da quanto, in realtà, scegliamo, rivaleggiamo, oppure cerchiamo semplicemente di essere all'altezza di aspettative tutte al di fuori della nostra sfera intima?
Da quando abbiamo cominciato a dare per scontato l'apprezzamento del partner, da quando il sentirci a nostro agio è andato via via scivolando sulla china dell'indifferenza?

Da quando non abbiamo pensato anche ai suoi gusti nell'andare per negozi o mercatini?
Da quando il nostro vestirci non è più stato un atto di amore, un appello all'attrazione e al piacere e compiacere?

Ecco, io credo che da quel momento la reciproca attrazione è cominciata ad affievolirsi e a morire.
Credo che il nostro armadio di sia riempito di penne di pavone non NOSTRE (nel senso di mie e sue, insieme), ma trapianti da corpi alieni, fatte non per abbellire ma per fingersi quello che non si è.

Credo anche che tante coppie stanche, tante incomunicabili e assenti sessualità, tante algide unioni ormai rassegnate potrebbero rinascire, potrebbero ricostruirsi, potrebbero piano piano ritrovare calore, vicinanza, tenerezza, se ognuno dei due ricominciasse a "vestirsi" per l'altro.
A riscoprire il piccolo gesto d'amore del cercare di piacere all'altro.

Un colore porterebbe con sé un sorriso, un gesto, una piccola complicità.
Anche senza dirselo, anche senza pretendere di far crollare muri di anni in un giorno.
Ma l'accumularsi di intenzioni, di aspettative, di disposizione al piacere che passa per gli occhi, creerebbe in noi, per primi, quel substrato di disponibilità che pian piano lascerebbe passare il desiderio e l'accettazione dell'altro.

 

 
 
 

Ostaggio - consigli di viaggio 29

Post n°660 pubblicato il 14 Ottobre 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Bella - Lucian Freud

Lucien Freud, Bella

 

Le cose più stupide e inutili le ho vissute all'aeroporto di Bruxelles.
Triplice controllo documenti, stickers attaccati sui passaporti, file ripetute, entra dal gate, esci dal gate, boarding pass strappata in due e poi riattaccata con il nastro adesivo.
E poi: distributore di oggettistica Samsonite. Costosissima, è ovvio. Ma da distributore automatico, come fossero lattine di coca cola.
E ancora: una bottiglietta di acqua che costa 4 euro.
Un popolo da classe turistica tenuto prigioniero ad un gate senza toilette e senza sedie.
Un imbarco senza priority, di nessun genere, nemmeno per i bambini e i disabili.

Ti dimentichi anche che hai pagato un biglietto, per fare questo assurdo gioco dell'oca.
Un giro ancora e sei talmente stordito che  ti comporti come se fossi colpito dalla Sindrome di Stoccolma.
Stai buono buono e subisci.
Sei un ostaggio della compagnia aerea, di un aeroporto che sembra un labirinto o il castello dei fantasmi di un Luna Park.

E non hai nemmeno un soffio di wi-fi gratuito.
Ma nemmeno a pagamento a dire il vero.
Non c'è e basta.
Non sia mai che ai servi della gleba venga in mente di ribellarsi, di interagire col resto del mondo, di gridare aiuto.

Niente.
Sei un ostaggio. Compri un biglietto e automaticamente diventi un ostaggio.
Ostaggio dei limiti di bagaglio, ostaggio dei ritardi e dei disguidi, ostaggio delle lingue incomprensibili e di quelle fraintese.

Come se non bastasse il jet lag!  

 
 
 

Beauty and the Beast

Post n°659 pubblicato il 08 Ottobre 2013 da odio_via_col_vento
 

 

Petrini Giuseppe Antonio, Allegory of Autumn

 

Così è l'autunno.
Una stagione ambigua e difficile, per me. Che porta in sé sia le tracce sfolgoranti dell'estate che stenta a morire, sia gli anticipi di un inverno che non vorremmo mai arrivare a vedere.
Sole tiepido, talvolta persino caldo, lascia il passo a piogge insistenti, foglie morte e tutto il corredo dei primi freddi: raffreddori e tosse insistente inclusi.
Si ripiegano i bianchi abiti estivi, si iniziano ad apprezzare colori caldi e bruni, non a caso detti "autunnali".

Per me è quindi quasi naturale ambientare in una stagione così, in un momento preciso anche della mia vita, un post dedicato, contemporaneamente, a 3 cose belle e 3 cose brutte.
Un po' per non abbandonare temi che ci hanno tenuto compagnia per tutta l'estate (e felicemente), un po' perché io mi sento esattamente così: sospesa.
Non so se mi piace quello che sto vivendo, non so se non mi piace.
Non so verso quale direzione puntare, con grandi aspettative che temo, davati, e grandi ricordi che vorrei far rivivere, dietro le spalle.

E quindi:

1. il ritorno negli Stati Uniti. è decisamente una cosa bella. La cupola magnifica di Capitol Hill che spicca contro la quinta ancora verde di alberi che non si decidono ad ingiallire, pare quasi l'epitome di questa società mai sazia del proprio essere nuova e giovane.

2. Ma gli USA, e Washington DC, in particolare, stanno vivendo questa esperienza amara e difficile dello "shut down", la chiusura obbligata di tutti gli uffici federali per la mancata approvazione del budget statale da parte del Congresso.
Il tutto si traduce in una città spettrale, con i grandi edifici neoclassici e bianchi sbarrati, fantasmi muti. Strade e metropolitane quasi vuote, il mall vuoto, niente turismo, niente carovane scolastiche arrampicate sulle memorie patrie.
Una cosa brutta, dunque, una contraddizione sociale e storica. Come la stagione atmosferica e la stagione della vita.

3. Fare la valigia grande: divertirsi a scegliere abbinamenti ed accessori, scrivere quasi un prontuario di cosa indossare dove e quando e come. E una cosa bella, un piacere, per una volta: pochi giorni, ma rilassati, dedicati quasi a propormi e proporre una me nuova e rinnovata: perché no? Divertirsi ad ascoltare domande e a rispondere sempre no, no, no. No: non c'è niente di nuovo: no: non ho cambiato vita; no: non sto meglio, sono sempre la stessa, sotto le stesse minacce. Ma sono, forse, nuova dentro. Una speranza ed un progetto mi danno una nuova carica.

4. E mettere in valigia, anzi, trascinarsi nella borsa, il pc. Ancora. Ma che rabbia: non riesco MAI a concludere un lavoro in anticipo, devo continuare a scrivere e studiare e produrre anche nelle ore di viaggio, nelle notti insonni, durante le conferenze noiose. Il peso fisico e il peso psicologico. Sempre sul filo del rasoio.

5. Scoprire che nel frattempo il mio inglese non è arrugginito, nemmeno immerso nel mare di Sicilia, nemmeno sommerso dal caldo e dal calore della madrepatria. Un'ora e lo riscopri, un'ora e riprendi quota, un'ora e sei a casa e sorridi e parli col taxista appena immigrato e scherzi con i colleghi, un'ora e ritrovi le battute e i modi di dire.

6.Un'ora, sì. Ma 6 ore, in realtà. Perché nonostante tutto, nonostante l'abitudine e la sicurezza, il jet lag si abbatte impietoso su di me, questa volta. Sveglia sveglissima alle 3 di notte; poi alle 4; poi alle 5. Fai una doccia, poi un'altra, poi alla terza ti lavi anche i capelli e vorresti immergerti e sparire nel vapore. Quando il jet lag mi assale ho solo voglia di acqua, non so perché. Bere, immergersi, annullarsi.
Difficili queste notti.
E il pensiero che fra poco si torna a casa e la maledizione, verosimilmente, ricomincia, non è consolante, proprio per niente. 

 

 
 
 

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