Creato da odio_via_col_vento il 03/11/2005

Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

Messaggi di Novembre 2013

Calendario dell'avvento - nuova catena dei blog

Post n°668 pubblicato il 28 Novembre 2013 da odio_via_col_vento
 

 

 

Ed ecco la nuova proposta di catene di post, creata appositamente per il mese di Dicembre.

Una maratona, un post ogni giorno, dal 1° dicembre al 24, esattamente come un piccolo dono, una piccola sorpresa si vanno a scoprire dietro le caselle dei giorni nel Calendario dell'Avvento.

Un unico tema, legato al Natale, giust'appunto: che sia un PICCOLO post, su un piccolo dono che vorremmo fare o ricevere per Natale. Di un dono che abbiamo ricevuto in passato e che ci è stato caro.

Spero che la cadenza giornaliera non vi spaventi: dovrebbero essere post molto brevi, nello spirito in cui ho pensato questa iniziativa, piccoli come i minuscoli doni che si possono trovare in un calendario dell'avvento.

Piccoli come un cioccolatino, una caramella, un mandarino, una stellina.

L'importante è che ci parlino, parlino per primo a colui che scrive.
L'intento è quello di accompagnarci pian piano verso il Natale, una stagione spesso non facile, dolorosa perfino, per chi non riesce a ricreare quella attesa e quella magia proprie dell'infanzia.

Regaliamoci, dunque, un post al giorno, 24 giorni, un calendario dell'avvento tutto speciale.

 

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Dimenticavo:ditemi i vostri nomi ed inseriamo i link ai blog che aderiscono, come al solito

e: ci si può aggiungere in qualsiasi momento al gioco

 
 
 

tempo

Post n°667 pubblicato il 25 Novembre 2013 da odio_via_col_vento
 
Tag: di me

 

Paolo Uccello, Orologio del Duomo di Firenze 

 

Una settimana a caso, una delle mie, sfogliando l'agenda elettronica all'indietro.

LUNEDÌ: inizio di uno workshop (in lingua inglese) di cui ho organizzato quasi tutto, dannandomi i pomeriggi a tradurre anche le didascalie dei power point altrui, chiedendo permessi e ottenendo visite gratuite ai vari musei per questa ventina di studiosi.....poi certo qualcun altro si prenderà il merito.....Fare la conferenza iniziale, col fuoco alle calcagna per poi scappare e cercare di ritagliarmi una giornata intera in biblioteca (una giornata meno qualche ora, una giornata che non è mai abbastanza)

MARTEDÌ: partire presto la mattina, e ritrovarmi ostaggio di Trenitalia, ritardi infiniti che vanificano anche la sveglia antelucana. Due treni, poi un tragitto in auto, una riunione delicatissima e infinita, saggiare il terreno, cercare di capire chi è amico e chi lo è un po' meno, cercare di misurare il futuro. Pranzo e cena di lavoro. 

MERCOLEDÌ: partire, di nuovo, presto la mattina. Altri due treni, un'altra città, un convegno, pubblico da "scaldare". In certi casi mi sembra di essere un'attrice, una performance in cosa è diversa da una conferenza? In certi casi, almeno, ..... Poi sessioni di domande e risposte, un antipatico da confinare in un angolo. La mia fama di cattiva ha un'impennata.

GIOVEDÌ: ripartire, con un po' più di calma, ma non troppo. Riapprodare alla base. Pianificazioni, lettere, firme, relazioni: tanta "cara" burocrazia. Molti sensi di colpa per un paio di articoli che continuano a languire negli angolini di tempo che non ci sono, che non riescono ad aprirsi, a dispiegarsi.

VENERDÌ: un incontro nell'atrio, appena arrivata, la mattina. Tre volti noti: ma cosa ci fate qui? Gli esami? Ma non erano di pomeriggio? No, evidentemente erano di mattina. Ed ora? In mezzo a tutto il resto? Per forza di cose, bisogna cacciarli dentro a tutto il resto. E allora via con la giostra e, in ordine cronologico (seppure non di importanza): analisi e verifica di una ipotesi di lavoro, a passo di corsa, anche se questa sarebbe stata la cosa più interessante della giornata; poi un esame; poi un incontro per una tesi; poi un altro esame; poi la programmazione di una mostra; poi un altro esame (e vai! Sono finiti!!!). E alla fine, siccome il tempo è avanzato (!!!) c'entra di mezzo anche qualcosa di privato, per esempio una visita dal medico, una conversazione (camminando, però, non sia mai che si batta la fiacca), un acquisto.

SABATO: apnea assoluta! Vorrei passarlo a dormire, ma va a finire che ci devono trovare posto tutte quelle cose non fatte in settimana. Compreso svuotare la valigia dei giorni precedenti che stazionava intonsa (ancora) nel corridoio. Compreso aprire un pacco di libri. Compreso domandarsi: ma quando mai li leggerò?

DOMENICA: esiste? 

 

 
 
 

Averne, di autunni così!

Post n°666 pubblicato il 18 Novembre 2013 da odio_via_col_vento
 

Col bel tempo che non si decide a morire, con i colori che ardono e illuminano, con la lentezza di tutti i tempi incerti e in divenire, con la dolcezza dei colori sfumati di un paesaggio che induce al riposo.

 

Ecco i colori (e i sapori, se potessi trasmetterli) di una domenica nel Chianti.

 

Collegamento permanente dell'immagine integrata

 

 

 

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l'oro verde (come lo chiamo io, anche per prezzo, non solo per sapore):l 'olio nuovo

 

 

Collegamento permanente dell'immagine integrata

 

e infine loro, le rose di novembre

 

Non sono bianche come quelle della poesia di Bertolucci, ma sono ugualmente insolite e stupiscono.
Quando ancora la natura sa offrirti di questi scorci, vale la pena tutto.
Vale la pena alzarsi che è ancora buio, vale la pena avere abbandonato l'estate, vale la pena l'attesa dell'inverno e la malinconia, lo sfiorire e le prime nebbie.

Sarà forse una conseguenza dell'effetto serra, ma un autunno così è di una bellezza incomparabile e fa riconciliare col tempo che passa anche una irriducibile dell'estate come me.

 

 
 
 

a tavola non si invecchia

Post n°665 pubblicato il 10 Novembre 2013 da odio_via_col_vento
 
Tag: Amici

 

William Glackens, At Mouquins 

 

Ed eccoci qui: i sopravvissuti.
Dall'influenza, da un attacco di sciatica, dal malditesta, maldipancia, maldischiena, maldigola, maldicuore; da Equitalia, da un incidente domestico, dalle code ai semafori, dalla nebbia  padana; dallo stress post-traumatico da lavoro, dalla autoindotta bulimia di lavori-hobby-viaggi da post-pensione.

Eccoli: quelli che avevano progettato, programmato, pensato. All'abbigliamento, al menu, al coiffeur, alla musica, ai regali, al luogo, al filmato, alle candeline e allo champagne.
Ecco il festeggiato che non voleva far sapere gli anni che, caduti vittima della vita, giacevano alle sue spalle, simboleggiati da quell'unica, controllatissima candelina, che con grande self-control non dichiarava alcun numero preciso. Anzi: nemmeno la decina di appartenza di quegli anni.

Ecco le amiche: disparate,  colorate, agghindate. Qualcuna traballante, qualcuna danzante. Un paio marito-munite, un'altra zia-munita, due cognata-munita (ma poi, come nelle barzellette, non erano 4, ma solo due, perché le cognatiduni si intrecciavano).

Le curiose, le ciarliere, le viaggiatrici, le attrici, le cantanti.
Le attente, le distratte, le musicofile, le anglofile, le francofone. Le parmigiane (non nel senso di melanzane), le romagnole (non nel senso di piadine), le fiorentine (non nel senso di costate); le costiere e le montane. 

Prima gli incontri e i saluti, gli abbracci e i complimenti: come stai bene, come sei dimagrita, come sei ben pettinata, che bel vestito, che bell'ambiente.

Per avere la verità bisognerà aspettare almeno la metà del pranzo, perché in vino veritas.

Allora verranno fuori le diversità, le punzecchiature, i sottintesi, le risatine, le occhiatacce. Diplomaticamente qualcuno si assenterà, qualcuno si perderà nei suoi pensieri, qualcuno si trincererà dietro un sorriso.
E alla fine, come in ogni grande piece teatrale che si conviene, avremo il coup de théâtre, il deus  ex machina, il colpo di scena, la peripateia, l'agnizione - la RIVELAZIONE dell'età del festeggiato.

Ma si sa: a tavola non si invecchia. E quindi: TANTI AUGURI!

 

 
 
 

della trasformazione della maternità

Post n°664 pubblicato il 02 Novembre 2013 da odio_via_col_vento
 

 

http://americajanespeaks.net/wp-content/uploads/2010/05/Young-Thomas-and-His-Mother-by-Mary-Cassatt.jpg

Mary Cassat, Mother and child

 

 

Finita.
Finita quella straordinaria fase della vita in cui la maternità è un bimbo piccolo, in cui la continua ricerca reciproca del contatto fisico prolunga l'esperienza del grembo.
Finita la beatitudine del comunicare amore, tutto l'amore che serve, con un abbraccio, con un bacio, dormendo vicini, stringendosi, toccandosi. 
Finito quel mondo perfetto in cui tu sei il suo centro e lui è il tuo, in cui la gioia è esserci l'uno per l'altro, darsi pace, mancarsi e trovarsi.

Poi è venuto quel periodo in cui l'amore è una cosa più complicata, fatta di fughe e di ritorni, di lunghi silenzi e strane offese.
La maternità che brucia, fa soffrire, si sente rifiutata e poi viene cercata ancora, talvolta con ripicche e recriminazioni, talaltra con famelico amore divorante, possessivo, geloso.
La maternità che deve farsi da parte, lasciar crescere, guardare da lontano. Che almeno deve imparare a farlo. 

 

John Devane, The Uncertain Time

 

 

E poi verrà anche un'altra stagione, una stagione che qualche volta già si anticipa, di paziente e quasi stupita uguaglianza.
Tu che mi cammini accanto, tu che passi di qua ogni tanto, tu che chiami e non chiami, aiuti, proteggi invece di cercare aiuto e protezione, tu che hai quella inflessione un po' paternalista nella voce.
Noi che non capiamo o forse non siamo all'altezza dei cambiamenti.
Il nido che è adesso una vaga idea di calore, di odori e cibo che piacciono sempre.
Noi che dispensiamo una consolazione passiva, esserci: ed è già tanto. Esserci indossando il sorriso usuale, anche quando non ci viene spontaneo: ma cosa potremmo fare d'altro?

E imparare di nuovo un'altra forma di contatto, che è fisico e non lo è, che non è più scontro ma che comunque cerca di raggiungere l'altro, abbattendo invisibili barricate generazionali.

Perché io sono sempre tua madre, la tua fisicità passa anche di qui, da quei nove mesi in cui sei stato parte di me; dagli anni radiosi e da quelli difficili; dai biscotti nel latte e dai cibi "sani" che cercavo di propinarti e che ti ostinavi a rifiutare.
Dalle lezioni di guida e dai pomeriggi di pioggia su e giù, in macchina, nelle code del traffico di città. 
Ore passate insieme, vetri appannati dallo stesso fiato, cibo condiviso, coperte rimboccate di notte e confidenze sottovoce.
Passa dall'abbraccio fugace, dal messaggio sul cellulare, dalla foto rubata il giorno che eri proprio bello e inconsapevole del tuo fiorire.

Imparare una nuova fisicità, non rinunciarci.
Imparare ad abbracciare un uomo adulto, a scompigliargli i capelli, a propinargli consigli non richiesti, a trovare un posto nel suo mondo.
Eppure continuare quel rapporto, fisico e non solo mentale, attraverso gesti nuovi, è uno dei grandi miracoli della maternità. Che può permettersi tutto questo ed ancora di più.
In virtù di un amore che passa dalla carne e dal sangue: un miracolo che non mi merito, ma di cui sono grata. Infinitamente più facile della paternità. 

 

 
 
 

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