Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Messaggi di Settembre 2015
L'avevo preannunciato, no? Stava nel riposto retrobottega della mente che nonostante l'ufficiale "accasamento" di UNO, rimanevano pur sempre DUE, TRE, QUATTRO a movimentare la vita.... Tornare a casa dopo un mese (dicasi TRENTA giorni) di vacanza, un evento che non capitava da epoche lontane in cui c'erano le scuole a ritmare la nostra vita...ecco, tornare a casa può essere leggermente traumatico. "State tranquilli, siamo adulti, no?" Leggasi: "rompete meno e lasciateci la casa che abbiamo i nostri progetti". Progetti che evidentemente hanno compreso la rottura di una lampada sul comodino, l'intasamento dello scarico della doccia, l'accumulo incontrollato di biancheria da stirare (e meno male che il grosso è stato lavato, ma poi sono andati per esaurimento delle scorte nei cassetti), l'accumulo, altrettanto incontrollato, di cartoni vuoti di pizza da asporto. Che dire? Il cromosoma Y allo stato brado.
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Mercé un soffio di collegamento internet, ho aggiornato l'albero genealogico del nostro ramo della famiglia. Il matrimonio del nostro UNO. E ho aggiornato anche un altro ramo dell'albero, dato che solo tre settimane dopo c'è stato il matrimonio allegro, solare, un po' sopra le righe, del nipote siciliano. Eh: non si finisce mai di lavorare! |
Karin Jurick, Summer Camp
Una granita al caffè con panna, in una delle patrie della granita ("una" perché non sia mai: in Italia siamo suscettibili, specie sulla storia del cibo). In un giardino sul mare. Allungare le gambe, guardare (da dietro gli occhiali da sole super protettivi) il lembo di mare che si affaccia, fra due palme e una pianta di agave. Tutto è azzurro, bianco e di quel dorato color giallo dell'argilla e dei templi greci. Nessun pensiero al mondo (o quasi). Forse a pensarci bene altri DUE, TRE. QUATTRO pensieri.... |
Post n°841 pubblicato il 09 Settembre 2015 da odio_via_col_vento
Madre e figlio
Il momento che mi ha emozionato di più del matrimonio? Non è stato forse un momento, quanto piuttosto un pensiero. Un pensiero che ha trovato un momento per suo simbolo. L'idea del rito di passaggio. Ho sentito molto profondamente che la cura, la protezione, l'affidamento di mio figlio non erano più di mia competenza, ma che stavo trasmettendo questo compito a sua moglie. Il rito simboleggiava questo passaggio di testimone. Certo: le cose verosimilmente stanno così da molto tempo, matrimonio o non matrimonio. Anche da molto prima dell'arrivo nel panorama di famiglia di Occhi di Cerbiatta (anche detta Nuora Effettiva). UNO si è reso indipendente emotivamente ed economicamente da molti anni, è da tanto, quasi da sempre, quello cui ti affidi e ti appoggi, un uomo forte e sereno, con una enorme capacità di recuperare situazioni, di analisi e sintesi, e soprattutto con quel dono di far sembrare tutto facile e ben incanalato su binari di normalità e prevedibilità. Eppure nel momento in cui si sono scambiati le promesse, di amarsi e prendersi cura l'uno dell'altra, "fin che morte non vi separi", ho percepito con intensità quasi dolorosa che io non ci sarei stata, lungo tutta la vita di mio figlio, che stavo passando il testimone ad un'altra persona, ad un altro tipo d'amore. Sono pensieri quasi ovvi, direi anche ingenui, che dovrei aver già assimilato da tempo. Eppure c'è il momento, il rito, che li materializza, li rende concreti, te li grida addosso. Io non ci sarò più: fra poco o tanto, non importa; ma è normale ed augurabile, che io non ci sia più. Ad un certo punto. Che l'unica ancora e l'unico porto sia sua moglie. Che la vita sia sì felice, per loro. Ma soprattutto clemente. |
Bartholomeus van Helst
Non vorrei parlare tanto di chi non è venuto volontariamente e scientemente al matrimonio. Purtroppo esistono anche quei tipi di persone: parenti-serpenti, amici immemori di cosa la parola amicizia significhi, distanti più nel cuore che nella posizione geografica. Ma le assenze che fanno veramente male al cuore sono le assenze BELLE. Fanno male e fanno bene, allo stesso tempo. Le assenze di chi non c'è più, ma il cui amore per UNO e per tutti noi si estende oltre il tempo materiale. Mio padre e mia madre; mio suocero: quanto avrebbero amato vedere questo giorno, questa scelta, questa svolta di continuità e di amore fatta dal loro primo, amatissimo nipote che tanto li ha resi orgogliosi. Mio padre in special modo, che si beava di un maschietto per casa, di un maschietto che orgogliosamente portava ai giardinetti tutti i giorni, giochi e salute, dopo che lui aveva avuto solo figlie femmine. La mia amica del cuore che ritrovo in tutte le foto della crescita di quel primo bimbo della nostra generazione di giovani genitori. E poi gli zii quasi nonni: quella che se ne è andata troppo presto, quando io ero appena incinta; lo zio delle grandi aspettative, il patriarca degli studi e delle grandi carriere; la zia di casa, che preparava merende e ci accompagnava tutte le estati al mare, improvvisando cappelli con fazzoletto legati ai quattro angoli, per proteggere il cucciolo di casa da un sole tanto amato ma tanto temuto dalla sua generazione. La vicina di casa che ha visto crescere e fiorire il giovane uomo che UNO stava diventando nei suoi anni ancora fiorentini; e che viveva una vita da nonna surrogata con la nostra famiglia. E un giovane ragazzo dai riccioli ramati che non c'è più dal 1964, morto in una notte drammatica che ormai si perde nel tempo; un ragazzo che sorride solo da una vecchia foto in ceramica su una lapide; un ragazzo di cui UNO porta il nome, un cugino che mi hanno insegnato ad amare e a rimpiangere fin da bambina. Se ne andó senza nemmeno poter immaginare questo giovane bruno, alto ed elegante che forse, chissà, se lui fosse vissuto, avrebbe avuto un altro nome. Ma nonostante questo tempo remoto fa parte anche lui della storia ed è stato comunque anche lui un'assenza amata. |
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Spesso qui non c'è posto per il mio personale rapporto tra pensiero e immagine.
E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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