Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Messaggi di Febbraio 2016
Post n°871 pubblicato il 28 Febbraio 2016 da odio_via_col_vento
Edward Cucuel, Girl with Fur Coat
Avevo un innamorato "estivo" in Germania. La prima volta che mi capitò di passare in auto da quel paese, tutto era effettivamente coperto da una coltre bianca, scintillante al sole: mi confermai nelle mie idee di ragazzina. Non feci nemmeno in tempo a domandarmi cosa avrei fatto in una vita così, che persona sarei stata, cosa avrei avuto in mente dopo anni e anni di coltre bianca.
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Post n°870 pubblicato il 25 Febbraio 2016 da odio_via_col_vento
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Princesse de Broglie (detail)
Il signore è entrato un po' affannato, di corsa: era in ritardo. Ancora una riunione..... Il signore saluta, si scusa, si avvicina per presentarsi. invece mi prende la mano veloce e delicato, la solleva un po', la gira e accenna un impercettibile baciamano. Quando mai capita? Ma guarda, ma chi se lo aspettava. Beh, meno male che sabato mi ero regalata una manicure favolosa, uno smalto semi-permanente color fegato. Come si dice: anche per oggi, la mia bella figura!
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Alyssa Monk
Da sempre per me questo sono mesi in cui si galleggia. Un galleggiare fra l'affiorare e il farsi sommergere del tutto, come quando ti distendi, quasi, sotto il pelo dell'acqua, e lasci che solo la parte superiore del viso, naso e bocca, emergano per respirare. Piano. D'estate è una bella sensazione, è come sposarsi col mare, lasciarsi avvolgere, desiderare di essere abbracciata da quel l'acqua profonda e limpida, appartenere al grembo di tua madre di nuovo, chiedere al mondo, chiedere al gran caldo estivo, al sole a picco che si dimentichino di te. D'inverno è un'altra cosa. È stare nascosti, in un'acqua scura e oleosa, cercare protezione dal freddo, cercare di non vedere il buio intorno, cercare un rifugio per aspettare che passi. Che passi l'inverno ormai senza luci e senza feste, l'inverno delle ossa, l'inverno delle mattine fredde e umide e ancora buie, l'inverno che sembra non finire, la sempre deludente attesa di una primavera che non verrà, di una stagione che vorresti con tutte le tue forze ma che sarà, come al solito, inesistente, tardiva, sarcastica d bugiarda. Stai. Lì. Sotto il pelo dell'acqua. Respiri piano. Apetti che passi.
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Dominik Jasinski
Colori, tanti colori. Una città sterminata, chiusa tutto intorno da una bassa catena di montagne. Alcuni sono stati vulcani una volta. Ed una parte della città, un enorme campus universitario, è costruito su una grande colata lavica. Un campus che sembra un villaggio al mare, per via dei grandi viali alberati: e sono pini, o almeno qualcosa che somiglia loro. Tutto gigantesco. Sulla grande distesa di città galleggiano cupole e campanili. Le chiese segnano i luoghi, i barrios, se solo si potessero davvero distinguere e riconoscere. Di giorno la luce è tanta, il caldo piacevole, la gente si riversa sulle strade, colorata, festosa anche nei giorni lavorativi: sembra una sagra al mare. La mancanza di respiro che ti prende, spesso e all'improvviso, ha un senso: l'altitudine. Ma l'aria non è altrettanto fine e buona. Gli hotel ti lasciano discretamente in bagno un paio di bottiglie d'acqua minerale, per invitarti a usarle per lavarti i denti. Anche gli hotel di lusso. Non si scappa all'acqua malata e alle sue conseguenze. Le chiese ricordano un barocco spagnolo, grandi altari dorati, santi vestiti, Madonne con gli orecchini ed i capelli veri. Azulejos nei porticati, nei pozzi, nei patii, anche lungo l'esterno degli edifici, a correre e ad accompagnare. Si parla uno spagnolo strano, poco comprensibile, gutturale. Horror vacui e decorazione macabre che vengono dalle popolazioni precolombiane e si sposano con il gusto cupo dei conquistadores. Ma i tratti spagnoli sono irriconoscibili: prevale l'indio, piccolo,scuro, dai tratti somatici inconfondibili, i capelli dall'attaccatura bassissima, il naso camuso. Graecia capta ferum victorem cepit. |
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E allora ho deciso di aprire un FOTOLOG:
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