Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
Messaggi del 22/02/2013
Eugene Carriere, Winding Wool
Lunghi pomeriggi di inverno, piccoli supplizi che allora vedevo come grandi soprusi, anzi, soprusi dei grandi. "Ecco, vieni, aiutami a dipanare la matassa". E la matassa di lana, spesso ruvida al contatto con i miei polsi nudi di bambina, mi veniva appesa alle braccia. "Stai su, tienile aperte e dritte quelle braccia!" E la zia cominciava, con ritmo disuguale e ininterrotto, a svolgere il filo, a fare di quella matassa un gomitolo. Si interrompeva se trovava un nodo, rallentava per passare il gomitolo che andava formandosi da un ruscello all'altro di quella lana. Piano piano la matassa diminuiva e il gomitolo cresceva. Ma mai abbastanza velocemente per me, per la mia noia di bambina Perché spesso ad una matassa ne seguiva un'altra, e poi un'altra ancora. "Ce ne vogliono di gomitoli per farvi un maglione....crescete così tanto...." Diceva sorridendo la zia. Ma io, chissà perché, prendevo quasi quell'affermazione per un'accusa. Se fossi cresciuta meno, forse, mi sarebbe stato risparmiato il supplizio....e in effetti a mia sorella non toccava quasi mai questo compito. Anche se tendeva le braccia, anche se, illusa, credeva che aiutare a dipanare la lana fosse un compito gradevole, aveva mani piccole, polsi sottili, l'apertura alare di un uccellino e quindi si ricorreva a lei raramente. Potere di avere 4 anni meno. Poi ci ripenso, soprattutto in inverno, soprattutto in certi crepuscoli che istantaneamente digradano verso la notte, inducendo una voglia di caldo e tepore e luce soffusa che la stagione non concede. Ci ripenso quando cerco la ruvidezza della lana di una volta. Quel contatto sulla pelle tra lo sgradevole e il familiare, come certe medicine. Non ti piaceva, ma sapevi che di lì a poco ne avresti gradito l'effetto. Ci ripenso perché, inutile dirlo, l'immagine della matassa che si dipana e crea il gomitolo, il filo che si avvolge, porta in sé significati infiniti. Di vita e di morte, in primis. Ma a quelli non voglio pensare. Penso piuttosto al caos ordinato che alberga, ancora, dentro di me, alla sensazione di avere molto da dire e molto da fare e che la vita, davanti, mi si prepari come questo filo che lentamente esce dal groviglio: netto, isolato, dritto. Ma corto. Che va immediatamente a creare una massa ordinata e avvolta, un gomitolo che cresce sempre di più. Ci è dato di vedere solo un filo unico ed isolato, breve, il tratto che appartiene al nostro presente. Per poi vederlo sparire nel futuro. Se proprio ci tieni, puoi smettere di avvolgerlo per un attimo e soppesare, valutare, quanto resta della matassa e quanto grande è il gomitolo avvolto. Un futuro confuso, un passato ordinato - o per lo meno avvolto su se stesso. E nel mezzo questo filo apparentemento dritto, teso, forte eppure fragile, tagliente sulla pelle mentre lo snodi, eppure facile a spezzarsi. |
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