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« libero community | donne guerriere » |
Nel nostro Paese diminuiscono gli omicidi (554 nel 2011, 400 nel 2016 e 258 nei primi 9 mesi del 2017), ma non quelli contro le donne (61% su 204 nel 2011, 73% su 152 nel 2016, 71% su 86, ovvero 61 nei primi 9 mesi del 2017).
Si uccide di meno, ma si uccidono di più le donne. In occasione della Giornata Internazionale del 25 Novembre, intendiamo ribadire qualche numero per comprendere le dimensioni del fenomeno, ma soprattutto ritiene importante evidenziare che se non si acquista la consapevolezza che la violenza non è una questione privata, ma un problema sociale, non sarà mai possibile varare politiche in grado di affrontarla. Il maltrattamento in famiglia riguarda infatti le donne nell'80% dei casi.
La violenza contro le donne coinvolge anche i bambini e le bambine. Considerando il totale delle violenze subite da donne con figli, la percentuale dei figli che hanno assistito a episodi di violenza sulla propria madre è del 65,2%, ovvero 2 bambini su 3.
Eppure di tutto questo gli italiani sanno ben poco. Solo il 49% ha idea di che cosa sia la violenza assistita, quella che subisce un/a bambino/a nell'ambito domestico, quando è costretto ad assistere a ripetute scene di violenza fisica, verbale, psicologica tra i genitori.
Di fronte alla violenza domestica non serve voltarsi dall'altra parte, se non a far sopravvivere stereotipi maschilisti che sono poi il terreno di crescita della violenza: per il 19% degli italiani (e delle italiane) è lecito fare battute e prese in giro a sfondo sessuale, così come fare avances fisiche esplicite (17%), come emerge dall'indagine Ipsos per WeWorld Onlus, novembre 2017.
Resiste lo stereotipo, per il 25% degli italiani, che lega l'abuso a contesti degradati o quantomeno di limitato livello socio-culturale e/o economico (per il 10%). Si tratta di uno stereotipo perché secondo l'Istat e l'Oms la violenza maschile contro le donne è trasversale ai livelli economici, sociali e culturali, anche se donne che vivono in contesti di basso livello socio-economico e poveri di opportunità formative hanno meno strumenti per orientarsi e avviare percorsi di fuoriuscita da relazioni violente. In tali contesti, la violenza sulle donne, fisica, economica e psicologica, è particolarmente diffusa, tanto da essere non riconosciuta, neppure dalle vittime stesse e da ripercuotersi all'interno della famiglia, sui figli.
Per questo motivo abbiamo avviato da 4 anni il Programma Spazio Donna a favore di donne a rischio o che vivono varie forme di disagio, per prevenire, curare e reinserirle socialmente, nonché sviluppare autonomia e crescita personale attraverso attività come: prendersi cura di sé, degli altri (i figli in primo luogo), lavorare, accedere alle risorse e ai servizi pubblici.
L'investimento sostenuto per le oltre 800 donne interessate ha prodotto benefici sociali stimati in oltre 2 milioni di euro, e laddove l'azione è stata particolarmente efficace siamo riusciti a far emergere e prevenire la violenza sommersa in oltre il 50% delle donne partecipanti alle attività.
La violenza sulle donne ha radici profonde negli stereotipi di genere e nelle discriminazioni, che tuttora impediscono pari opportunità alle donne rispetto agli uomini. L'obiettivo dell'empowerment femminile come via principale per la prevenzione della violenza intrafamiliare può essere realizzato in modo efficace e fattivo soprattutto investendo sulla crescita delle capacità delle donne e delle loro famiglie.
Perché questo accada non basta più il solo Dipartimento per le Pari Opportunità ma serve un'azione di governo che includa il Dipartimento per la famiglia. Può essere questo un obiettivo per il nuovo Parlamento? huffingtonpost.it di Marco Chiesara Presidente di WeWorld
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