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BCE: per contrastare disoccupazione ridurre salari e aumentare flessibilitā. Ma non č questo che ha portato alla crisi?
Post n°523 pubblicato il 12 Luglio 2012 da francesco1375
La disoccupazione adesso, finalmente, comincia ad essere un problema al centro dell'attenzione della politica europea. Formalmente questo problema è sempre stato al centro dell'attenzione, nei fatti purtroppo lo stillicidio dei posti di lavoro (seguito alle politiche che hanno portato alla crisi globale) dura ormai da venti anni. Ora però il numero dei disoccupati in Europa è tale (48 milioni) da mettere in crisi aziende molto grandi, banche, istituzioni finanziarie … Ma anche establishment consolidati, vecchi cliché ideologici giudicati fino a poco tempo fa incontestabili. Una disoccupazione che di riflusso potrebbe mettere anche in difficoltà paesi extraeuropei su cui si era puntato molto, forse troppo. Ed ecco allora che un problema che fino a poco tempo fa era considerato alla stregua di un fastidioso effetto collaterale comincia a diventare un problema che in qualche modo si dovrebbe risolvere davvero per evitare una catastrofe economica. Forse era meglio pensarci prima. Ora in effetti sembra davvero troppo tardi. E le soluzioni che vengono prospettate sembrano dettate dalla concitazione più che da un'elaborata ricetta economica e sociale. In questi giorni molti ad esempio hanno proposto di dismettere l'Euro e tornare alle vecchie monete nazionali. In che modo questo aiuterebbe a creare nuovi posti di lavoro nessuno lo sa, ma tant'è. E' comunque così tanto per dire qualcosa. E poi che senso ha proporre di fare qualcosa che rischia di accadere comunque, se non riusciamo a risolvere questa situazione. Ora la BCE propone una sua ricetta per contrastare la disoccupazione: Aumentare la flessibilità e ridurre i salari. Leggi la notizia su rainews24 ; corriere.it; informazione.it
E perchè? Per contrastare i paesi emergenti. (Ma non erano un'opportunità? Il mondo allora è davvero cambiato!) Ma cerchiamo di capire le ragioni di questo discorso. "Aumentare la flessibilità" è una frase che ormai dal 1992 circa viene ripetuta ogni dieci minuti e che di fatto non significa niente. Ognuno la interpreta a modo suo. La flessibilità è stata applicata in tutte le salse possibili ed immaginabili. Dire oggi, in pieno 2012, "aumentare la flessibilità" non significa davvero nulla di nulla. E' un'abitudine. Tralasciamo anche la considerazione che se dovessimo puntare sulla qualità e la specializzazione, la flessibilità non è molto utile. Invece, proporre di abbassare i salari avrebbe un senso logico. Infatti gran parte dei problemi dell'Europa derivano dall'avere perso la competizione sul costo del lavoro con le nuove potenze economiche. Ma ormai dovrebbe essere chiaro a tutti che non è possibile competere sul piano dei salari con i paesi emergenti. Cerchiamo, con un breve esempio, di spiegare perchè: Ammettiamo che una fabbrica di lavatrici italiana debba competere con una fabbrica di lavatrici di un immaginario paese emergente, il Cuzbechistan del Nord. L'operaio italiano guadagna 1200 Euro, quello Cuzbeco 600. L'operaio italiano produce una lavatrice che costa 400 Euro, quella cuzbeca costa 200. Le lavatrici sono stranamente identiche e ovviamente la fabbrica italiana rischia di chiudere. Allora che si fa? Si abbassa lo stipendio del lavoratore italiano a 600 €, geniale! Così anche il suo apparecchio costerà 200 Euro. Peccato che quando l'operaio Cuzbeco va a fare la spesa al supermercato spende 30 Euro, mentre l'italiano fa la stessa spesa con non meno di 60. Cosi ché l'operaio italiano a differenza del suo "fortunato" collega cuzbeco muore letteralmente di fame e certamente non sarà molto produttivo. Inoltre la sua lavatrice non costerebbe comunque 200 €, perchè la fabbrica italiana pagherebbe molto di più materie prime e energia ed avrebbe una pressione fiscale molto più elevata per pagare scuole, ospedali, gestione dei beni culturali, debito pubblico ecc. Quindi costerebbe magari 250 Euro e la sua ditta chiuderebbe ugualmente. Un'idea intelligente sarebbe, invece che abbassare lo stipendio all'operaio, produrre una lavatrice che consuma un decimo di corrente rispetto alla concorrenza. O che lava asciuga, stira e stende sul terrazzo. Penso di essermi spiegato. Il problema dell'economia globale è nello squilibrio economico tra aree. Nell’aver sottovalutato i rapporti di scala e l’impatto delle risorse primarie sulla politica monetaria. Tutto questo non può essere risolto in alcun modo con politiche salariali interne ad aree delimitate, ma solo con politiche di scala globale. Tutti i paesi che fanno parte del mercato globale comune devono mettersi intorno ad un tavolo per trovare il modo di non farsi male a vicenda. Altrimenti ci rimetteranno tutti. Questo è certo. Non sono ipotizzabili venti anni di recessione o stagnazione in Europa e America, credetemi. Ciò avrebbe conseguenze drammatiche per ogni singolo paese del mondo. Invece tutti i paesi del mondo hanno ancora la possibilità di unire le risorse per il bene comune. Una soluzione vantaggiosa per tutti, secondo me, deve essere trovata assolutamente nel corso dei prossimi due anni. E perchè cerco di essere molto ottimista. |
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Per prima cosa dobbiamo premettere che il nostro pianeta ha attraversato numerosi periodi glaciali, intervallati da periodi interglaciali di clima più mite.
Bisogna anche tenere presente che, nel corso di milioni di anni, i periodi glaciali sono stati più numerosi di quelli interglaciali.
Le glaciazioni stesse hanno avuto al loro interno periodi più o meno rigidi. Allo stesso modo le ere interglaciali hanno avuto periodi più o meno caldi.
Queste imponenti oscillazioni climatiche, avvenute talvolta gradualmente, talvolta bruscamente, hanno plasmato il nostro pianeta, ed hanno avuto un impatto notevolissimo sulla selezione naturale, l'evoluzione delle specie, la comparsa e la scomparsa di piante ed animali.
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