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Residenze per anziani, poco personale e carichi di lavoro: gli anziani pagano anche in salute. E in Piemonte 30mila in attesa

Post n°6285 pubblicato il 26 Aprile 2012 da cile54

In quante RSA regna la depressione?

 

Sono circa 250 mila in Italia, per il 76% donne, di età superiore agli 80 anni in 2 casi su 3, gli anziani che vivono nelle “residenze italiane per anziani”. Un mondo fatto di persone non autosufficienti e affette da demenze, dove i “più giovani” sono i 75enni. Una realtà malcurata dalle istituzioni politiche e sanitarie che si accompagna ad un’altra realtà sociale di abbandono totale, quella che vede quasi 30mila anziani piemontesi non autosufficenti affetti da gravi handicap.

In Piemonte, e non solo, del loro diritto a cure domiciliari e aiuti economici non c’è traccia nel Piano sanitario.

 

Un mondo a parte, dove, ad ascoltare racconti e rabbia di tanti familiari, spesso si consumano quotidiani atti d’insensibilità umana ai confini di un’inconsapevole “tortura”, fisica e psicologica su persone fortemente debilitate.

Spesso leggiamo sui giornali di casi venuti alla luce per la denuncia di un familiare o, raramente purtroppo, per la ribellione di qualche operatore che mette a rischio il proprio già precario lavoro interinale. Una tortura certamente non istituzionalizzata, ma non per questo meno grave, negli atti dei singoli addetti di superficiale attenzione ai bisogni del malato. La stessa indifferenza alle richieste ritenute petulanti e fastidiose le riteniamo torturanti su un anziano.

Molte volte ci si dimentica che si ha a che fare con persone non autosufficienti e affette da demenze, dove i “più giovani” sono i 75enni, quindi non più in grado di far valere le proprie ragioni anche di fronte ad una manovra assistenziale mal eseguita e quindi dolorosa.

Realtà malcurate dalle istituzioni politiche e sanitarie che si aggiungono ad altre realtà sociali di abbandono totale, quella che vedono quasi 30mila anziani piemontesi non autosufficienti affetti da gravi handicap.

 

Realtà fatte di personale ridotto all’osso, causa i tagli al welfare nelle RSA pubbliche e per ingordigia di profitti nelle strutture private, e con carichi e orari di lavoro, ai limiti dello schiavismo, strutturati da fenomeni di sopraffazione e ricatti con ricadute conseguenti sugli anziani che pagano in salute la debilitazione di chi dovrebbe assisterli, aggravando per il loro già precario stato di salute con un aumento della già presente depressione conseguente al 'mal di vivere' in un contesto ambientale fatto di abbandono, in particolare per quegli anziani senza il supporto familiare.

E’ perché gli organismi di controllo istituzionale e le asl non monitorizzano a dovere e permanentemente, ad esempio con una presenza stabile con turn-over per prevenire connivenze?

E’ perché la presenza del sindacato all’interno di questi luoghi di confinati non incide nella prevenzione di tanto degrado organizzativo e umano?

 

Da una ricerca di un gruppo di lavoro, composto da medici e operatori di residenze per anziani presenti in Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria, viene certificato che di queste realtà si sente parlare poco. Spesso l'occasione è la denuncia di casi di mal pratica assistenziale, abusi o situazioni di degrado ma, comunque, nel complesso le residenze per anziani sono 'invisibili' in questa nostra società che tende a non sopportare più il “peso” degli anziani e a espellerli con noncuranza e violenza (si veda la recente inquietante raccomandazione del Fondo Monetario Internazionale “ si vive troppo a lungo” che nei fatti ordina ai loro governi di banchieri un soft olocausto tagliando i viveri agli anziani, pensioni e strutture sanitarie, per accelerarne la dipartita).

 

La domanda di assistenza sarà in costante crescita, spinta dall'aumento del peso degli ultra 80enni e del tasso di non autosufficienza e sarebbe un tragico errore, come la partecipazione a un crimine, considerare le RSA dei luoghi dove gli anziani vanno a morire.

 

Queste realtà dovrebbero tornare sotto prepotentemente sotto i riflettori della stampa cartacea e televisiva, per far sì che chi è a conoscenza di fatti abbia il coraggio civile di denunciare, rendere la vita degli anziani nelle RSA sempre più libera da sofferenze o inutili limitazioni, diventando difensori dai nuovi bisogni di una società che invecchia, fosse solo per sano opportunismo atto a prevenire la mal assistenza nella sua vecchiaia. E dare alle tante RSA umanizzate il posto che meritano imponendole all’attenzione di un sistema d’informazione che si ciba di scandalismo.                                     

 

Redazione Lavoro e Salute

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