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AMBIENTE&SALUTE

Post n°193 pubblicato il 02 Aprile 2007 da cile54

immagineDiritto all’ Ambiente, Diritto alla Salute…diritto alla VITA!

Di Patrizia Gentilini 

(Associazione Medici per l’Ambiente - ISDE Italia)

L’articolo 5 del  nuovo codice di Deontologia Professionale del Medico introduce una importante novità circa il ruolo e la funzione del Medico nella nostrasocietà, esso letteralmente recita: “Il Medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’ uomo vive e lavora quale fondamentale determinante della salute dei cittadini…..il Medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’ utilizzo appropriato delle risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione di un ambiente vivibile..” L’attenzione all’ Ambiente è pertanto perfettamente connaturata alla vocazione del medico e ciò assume  peculiare rilievo   in tempi come quelli che stiamo vivendo, tempi in cui la crisi degli ecosistemi ed il rischio di collasso in cui versa  l’intero pianeta è ormai riconosciuta senza più ombra di dubbio da tutte le più autorevoli agenzie internazionali, basti citare il Living Planet Report 2006, il Millenium Ecosytem Assesment ed i rapporti sempre più inquietanti di  FAO, ONU, OMS e via dicendo.  La tutela dell’Ambiente, il ripristino ed il mantenimento di condizioni compatibili con la vita non può quindi essere solo un mero esercizio di buoni propositi  ma deve guidare le scelte che come singoli e come società ogni giorno siamo chiamati a compiere, coinvolgendo quindi, senza possibilità di “scorciatoie”, chi ha la responsabilità politica di tutto questo. Ricordiamo che già  nel 1970 il “Club di Roma”, con il contributo del MIT (Massachuset Institute of Tecnology)” aveva pubblicato un fondamentale rapporto sui “Limiti dello Sviluppo” rimasto tragicamente inascoltato ed aveva previsto il “collasso del sistema” verso la metà del secolo in cui stiamo vivendo: purtroppo tutto sta inesorabilmente andando nella direzione prevista oltre 30 anni fa. Oggi stiamo consumando, in termini di risorse, un capitale non rinnovabile, rischiando di lasciare ben poco alle future generazioni: possiamo far finta di nulla ed ingannare, al limite anche noi stessi, ma non inganniamo la Natura ed anche la sola considerazione sui i cambiamenti climatici in atto è ormai sotto gli occhi di tutti.
Proprio in questi giorni- febbraio 2007-la conferenza di Parigi sul clima ci dice che la temperatura del globo crescerà da un minimo di 1.8 a 4 C° ed il 90% degli studiosi è concorde nel ritenere le attività antropiche responsabili di tutto questo. Il  segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon auspica a livello mondiale una risposta rapida e determinata: ci aspettiamo che i governi del mondo  riconoscano lo stato di  “emergenza” in cui versa l’ intero pianeta, che potremmo definire non di calamità “naturale”  ma di “calamità umana”e si adoperino di
conseguenza, come ogni persona di buona volontà, per porvi rimedio. Per comprendere la “ fragilità” del mondo in cui viviamo basti pensare all’ atmosfera: essa non va oltre il nostro sguardo e già a 5.000 m. di altezza abbiamo bisogno di bombole d’ ossigeno; nessuno di noi pensa che la stessa composizione chimica dell’atmosfera si è modificata: l’ aumento di CO2  infatti è talmente rapido che siamo la prima generazione, da quando l’ uomo è comparso sulla terra, che si trova a respirare una aria qualitativamente diversa rispetto al momento in cui è
nata (
www.mlo.noaa.gov/LiveData/FDataccg.ht). E’ davvero arduo pensare cosa respirerà la generazione a venire.  Si pensi poi che milioni di ton di elementi estratti dai loro reservoirs naturali o di sostanze chimiche di sintesi, hanno ormai irrimediabilmente distrutto interi ecosistemi dai quali dipende la vita stessa del pianeta e talune di esse -endocrine disruptor- si sono dimostrate capaci di impedire la corretta trascrizione del nostro DNA nelle cellule germinali, alterando pertanto il patrimonio genetico della specie umana. La diminuita capacità riproduttiva della specie umana nei paesi occidentali rappresenta un problema emergente per l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e non dimentichiamo  che uno dei primi segnali dell’ estinzione di una specie è proprio la diminuzione della fertilità. Le conseguenze dell’ inquinamento sulla salute riproduttiva umana sono drammatiche non solo per aumento di infertilità, ma anche per l’aumento di abortività e malformazioni. In una area tristemente famosa della Sicilia: Augusta, Priolo, Melilli, in conseguenza di uno sviluppo industriale “ selvaggio” e di un inquinamento specialmente dovuto a mercurio, le malformazioni sono passate dall’ 1.5% degli anni 80’ al 5.5% nel 2000. In un momento in cui nel nostro paese è in atto un acceso dibattito sul valore della vita, che spazia dalla eutanasia all’
interruzione volontaria di gravidanza, perché queste considerazioni non entrano nel dibattito e questi dati non vengono mai presi in considerazione, neppure come elemento di riflessione? Non è forse altrettanto moralmente colpevole chi interrompe la vita  alterando irrimediabilmente l’ambiente in cui questa viene a svilupparsi, di chi singolarmente decide di farlo, indotto magari da situazioni contingenti e/o sofferenze che nessuno conosce?
Appare inoltre  per lo meno irrazionale  che  in un mondo quale il nostro, così attento ai risvolti economici, non venga tenuto in debito conto che non prestare attenzione all’ ambiente non è certo  un “buon affare”: l’ Associazione Italiana di Economia Sanitaria  (AIES), secondo i dati riportati dal Sole 24 ore del dic.2006,  ha calcolato che nel 2001 il costo complessivo dei danni da trasporto su strada e dall’ uso di energia sia stato pari a 36.3 miliardi di  Euro (3%del PIL), pari al 35% della spesa sanitaria complessiva pubblica e privata per ben 627 Euro pro capite! Una recente ricerca (L. Transande ed al. Envir. Health Perspectives vol 113 num 5 May 2005) condotta negli Stati Uniti stima che  da 316000 a 637000 bambini ogni anno nascono, solo negli U.S.A, con una quantità di mercurio nel cordone ombelicale superiore a 5.8 microgrammi litro -quota associata a deficit del Q.I. (quoziente intellettivo); il mercurio alle alte temperature è un gas ed attraverso
processi di bioaccumulazione i grossi pesci ne  rappresentano oggi uno dei maggiori ricettacoli. Gli  Autori valutano la perdita di PIL nel loro paese  per i riduzione del Q.I. da mercurio pari a  ben 8.7 miliardi di dollari all’anno.. Ricordiamo infine i costi che ci vengono da quella  “mistura insalubre”- come la definisce il New England Journal of Medicine - che è l’ aria delle nostre città. Il “Particolato” PM ( Particolate Matter) che respiriamo proviene certamente in primo luogo dal traffico veicolare ma anche da tutte le attività antropiche che
comportano la combustione di materia ed occupa ormai la cronaca quotidiana dei nostri media. Respirare un’aria con una grande quantità di PM è oltremodo nocivo e più le particelle sono di minori dimensioni più sono pericolose, in quanto passano rapidamente dagli alveoli polmonari al torrente circolatorio ed arrivano a tutti gli organi: rene, fegato, cuore, cervello. Si viene  inoltre ad innescare nel nostro
organismo una sorta di “infiammazione generalizzata”, con un’attivazione a “cascata” di tutti quei sistemi che hanno azione  protrombotica ed aumentano  pertanto non solo i rischi respiratori, ma anche quelli di tipo ischemico, specie di natura cardio-vascolare e cerebrale. Per ogni incremento di 10 microgrammi metro cubo di pm 2.5,  si calcola  un aumento di rischio di mortalità per cancro al polmone dall’8 al 14% e del 12% per patologie cardio-circolatorie. Si stima che in Europa solo per il pm2.5 ci sono 384000 morti/anno. Tali rischi sono ancor più
accentuati per il sesso femminile ed  il concetto che le donne siano le “sentinelle” dell’ ambiente è stato recentemente confermato sul NEJM (Kristin A. Miller ed al. N Engl J Med 2007;356:447-58): ricercatori americani hanno evidenziato che ad ogni incremento di 10 microgrammi/metrocubo di pm 2.5, si accompagna un incremento del 24% del rischio di eventi cardiovascolari e del 76% del rischio di morte in una popolazione di donne senza precedenti cardiologici accuratamente studiata! Le stime dell’OMS in proposito sembrano veri bollettini di guerra: l’OMS  infatti ha valutato che in tredici città italiane con oltre 200 mila abitanti - pari al 16% della popolazione italiana -, per il pm10 superiore a 20 microgrammi  metro cubo  siano attribuibili 8220 morti /anno(di cui 742 casi di morti per cancro al polmone, 2556 per infarto, 329 di ictus). Sempre l’OMS sostiene che riducendo l’inquinamento atmosferico l’Italia potrebbe risparmiare 28 miliardi di euro l’anno, l’equivalente di una manovra finanziaria. Ricordiamo infine che esiste una recente letteratura che dimostra come il particolato più fine possa arrivare al cervello direttamente attraverso la via olfattiva (Annette Peters ed altri, Particle and Fibre Toxicology 2006, 3:13 10.2286/17438977, 
www.particleandfibretoxicology.com/content/3/1/13); qui si presume che possa innescare dei  processi di tipo simil infiammatorio e  di danno ossidativo con deposizione di  amiloide , sostanza coivolta nella genesi di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, di cui  si registra un preoccupante incremento in tutto il mondo industrializzato. Ricordiamo infine che le conseguenze sociali, sanitarie ed economiche legate all’ aumentata incidenza delle patologie neoplastiche sono  elevatissime e rischiano di divenire fuori controllo : si calcola che in Italia il  costo dei farmaci antiblastici sia di 580 milioni di Euro l’anno, con un costo medio per paziente anno variabile da 15.000 a 50.000 euro ed un costo complessivo per il Sistema Sanitario Nazionale di 7 Miliardi di Euro (SOLE 24 ORE "Speciale Ricerca" del 23 settembre 2005 pag.9).
La stessa OMS ci ricorda quanto la salute dell’ambiente e la salute dell’uomo siano strettamente correlate: con un comunicato del 16 giugno del 2006 l’OMS ha stimato  che un quarto di tutte le malattie negli adulti e un terzo di tutte le malattie nei bambini, sotto i cinque anni, siano determinate  da problemi di origine  ambientale. La maggior influenza dell’ambiente sulla salute dei bambini è presto spiegata: basti ricordare che i bambini, a parità di peso, introducono maggior quantità di aria, acqua, cibo rispetto ad un adulto, i meccanismi di detossificazione non sono ancora completi, la sensibilità di  organi ed apparati non ancora completamente formati è enormemente maggiore rispetto al momento della loro completa maturità. In definitiva è universalmente accettato che i bambini e gli organismi in via di sviluppo sono estremamente più sensibili all’inquinamento ambientale rispetto agli organismi adulti . Un vastissimo gruppo di patologie è legato all’ambiente e dobbiamo convincerci che tutto ciò che noi gettiamo via e disperdiamo intorno a noi,  ci ritorna attraverso l’aria, l’acqua e il cibo che mangiamo. In  un mondo affamato di energia, di combustibili e di petrolio, sembra che ci dimentichiamo che  il primo “combustibile” di cui tutti abbiamo bisogno è il cibo e che cibo, aria ed acqua pulita sono beni primari, non inesauribili  ed inaccessibili alla maggior parte dell’umanità.
Il danno che stiamo creando all’infanzia e alle generazioni future deve assolutamente farci riflettere; tre esempi potranno aiutare a capire meglio questo  problema. Innanzitutto l’inesorabile aumento dei tumori nell’infanzia: a fronte degli incoraggianti risultati ottenuti nella cura e nella guarigione è ormai assodato che ad es. in Europa, le neoplasie infantili sono in aumento dell’1.2% l’anno nei bambini di età compresa tra 0 e 14 anni e dell’1.5% in quelli dai 14 ai 19 anni, con trend in crescita. Lo stile di vita, a cui spesso viene attribuito il
ruolo eziologico  principale in queste malattie, difficilmente può essere chiamato in causa per i tumori che insorgono in questa età, in cui è viceversa logico pensare che siano i fattori ambientali a rivestire un ruolo preponderante.
In  secondo luogo ricordo quanto  apparso  sul NEJM (Neeta Kulkarni ed al. N EnglJ Med 2006; 355:21-30) circa la funzione respiratoria nei bambini. Questo studio ha dimostrato che nel 56% di bambini in buona salute che vivono in una media città inglese-con parametri dell’aria all’interno dei limiti di legge - la capacità respiratoria risulta ridotta in modo direttamente proporzionale alla presenza  di particelle carboniose all’interno dei macrofagi delle vie aeree e che queste sono direttamente correlate all’incremento di PM10 nell’ aria. Si sa che la funzione polmonare si sviluppa e raggiunge la piena maturità intorno ai venti anni, pertanto se i bambini respirano aria inquinata - anche se entro i limiti di legge -,lo sviluppo della loro capacità respiratoria viene compromesso ed è logico pensare che questo si tradurrà in un danno per la loro vita da adulti. Infine, e questo forse è ancora più drammatico, si ricordi l’allarme  lanciato dai ricercatori dell’ Harvard School of Public Health U.S.A su Lancet online il 7 novembre 2006 circa la “Pandemia Silenziosa” per il danni al cervello dei bambini da sostanze chimiche ed inquinanti vari. Questi ricercatori stilano un elenco di 202 sostanze, ma presumono che innumerevoli altre abbiano i medesimi effetti. Il cervello infantile ed il sistema nervoso in via di sviluppo in generale rappresentano “organi bersaglio” per miriadi di sostanze tossiche e nocive per gran parte lipofile. Nel feto e nell’embrione infatti, mancando ancora il tessuto adiposo vero e proprio, l’organo più ricco di grasso è il cervello. I ricercatori americani stimano che addirittura un bambino su sei al mondo sia a rischio di disturbi, sia di tipo organico – neurologico, sia di tipo comportamentale, come il deficit di attenzione, l’iperattività, la diminuzione del quoziente intellettivo per l’ esposizione  durante la vita fetale a questi agenti. Spesso ci riteniamo sicuri dal fatto che i vari inquinanti considerati sono all’interno dei “limiti di legge”, ma le “ basse dosi” non sono certo scevre da danni (D.T. Wigle dec 2005
www.plosmedicine.org) e dimentichiamo  che i limiti di legge sono sempre un compromesso fra interessi economici  e conoscenze  scientifiche  e ciò che è considerato sicuro in determinato periodo può non esserlo più essere successivamente ( benzene, diossine ecc). Inoltre per quanto attiene la salute umana non si dimentichi che esistono effetti sinergici di tossicità  fra sostanze ritenute singolarmente sicure, che suscettibilità varia da individuo ad individuo e anche nella persona stessa a seconda delle condizioni contingenti ( salute, malattia..). Inoltre nei fenomeni biologici non è vero che l’effetto va di pari passo con la dose per cui a dosi basse l’effetto nocivo diminuisce, anzi, come nel caso di radiazioni ionizzanti o cadmio, esposizioni anche infinitamente piccole possono essere molto più pericolose di esposizioni a dosi più alte. Il cadmio, ad es. è un cancerogeno certo per esposizione “professionale” ma, a dosi bassissime quali quelle alle quali tutti siamo esposti, interferisce con i meccanismi di riparazione del DNA ed aumenta pertanto la nostra suscettibilità a tutti i processi di trasformazione oncogena. Ricordiamo infine che i limiti di legge, sono sempre calcolati sulle persone adulte e non tengono conto dei bambini  e della popolazione più fragile e suscettibile: donne in gravidanza, neonati, anziani ecc. A questo proposito è interessante ricordare quanto affermato nell’ottobre 2006 da Bruce P. Lanphear, del Children’s Environmental Health Center di Cincinnati (U.S.A.): “…a dispetto del grande affetto che noi abbiamo per i bambini e della grande retorica della nostra società sul valore dell’infanzia, la società è riluttante a sviluppare quanto necessario per proteggere i bambini dai rischi ambientali…”( Bruce P. Lanpheared al. Envir.Health Perspectives vol 114 num 10 Oct. 2006). In questo contesto così drammaticamente preoccupante in cui il nostro modello stesso di vita e di società deve essere ripensato, l’organizzazione delle nostre città radicalmente rivista e tutte le attività antropiche riconsiderate, il problema dello smaltimento dei rifiuti rappresenta, a nostro avviso, davvero l’emblema di un mondo ed una società malata ed un perfetto esempio in cui   invece di risolvere il problema si corre il rischio di crearne uno ancora più grande e la cura diventa peggiore del male! Paradossale appare infatti  la strada che in tutta Italia viene imboccata per lo smaltimento dei rifiuti privilegiandone l’incenerimento piuttosto che una seria politica di riduzione riuso, recupero, riciclo, compostaggio dell’organico, ecc. In tutto il nostro paese, con una quota/pro capite di oltre 500 Kg/anno,con  punte di oltre 1000 kg in alcune realtà, ben  lontani  quindi dalla quota di 300 kg/anno di rifiuti pro capite raccomandata dalla Comunità Europea, nessuna seria politica della loro riduzione viene fatta, anzi si prevede un aumento generalizzato di rifiuti per giustificare l’ ampliamento e la costruzione di sempre nuovi inceneritori. Tali impianti sono “furbescamente” spacciati per “termovalorizzatori”, dico “furbescamente” perché l’incenerimento viene in maniera truffaldina contrabbandato per fonte rinnovabile di energia, usufruisce illegittimamente di incentivi (CIP6): nel 2005 ad es. sono finiti per questo scopo esattamente 3.998.6 Euro (circa il 70%),  mentre per le “vere” rinnovabili solo 1.709.5 Euro con un chiaro conflitto d’interessi, perché la stessa multiutlity, che provvede all’incenerimento, gestisce anche la raccolta differenziata e ovviamente riceve tanti più soldi quanti più rifiuti brucia. Possiamo ingannare i cittadini, la Comunità Europea, al limite noi stessi, ma la Natura non si fa ingannare: secondo recenti dati di Greenpeace un kilowattora ottenuto da termovaloriz-zazione dei rifiuti è quello gravato dalla maggior emissione di CO2: ben 940 gr. contro i 904 che si producono da combustione di carbon fossile! Non dimentichiamo che l’Italia ha aderito al protocollo di Kyoto ed invece di diminuire le proprie emissioni del 6.5% entro il 2010 come concordato, le ha aumentate dal 1990 al 2004 dell’11.6%! Ed anche questo graverà non poco sulle nostre finanze, come le multe per i procedimenti d’ infrazione aperti contro il nostro paese dalla Comunità Europea.
Si tratta pertanto di una battaglia fondamentale, di grande valore anche simbolico: il rifiuto è solo l’ultimo anello di una catena malata, creato da un mondo “usa e getta”in cui costa meno ricomprare l’oggetto nuovo piuttosto che ripararlo, e così finiamo per produrre sempre più cose che hanno una vita sempre più breve e che dobbiamo distruggere sempre più in fretta perché non sappiamo più dove metterle. Dobbiamo invertire con decisione questa tendenza che porta a sprecare e distruggere anzi tempo energia e  materia ed imparare dalla Natura in cui tutti i processi sono ciclici e non lineari e non esistono rifiuti.. Anche l’Emilia Romagna ha scelto l’incenerimento come politica pivilegiata  per lo smaltimento dei rifiuti, nonostante
la Pianura Padana sia una delle aree più inquinate del pianeta e la situazione epidemiologica del nostro territorio non sia certo tranquillizzante. A questo proposito, ricordando che le donne sono le “sentinelle dell’ ambiente”, non del tutto casuale può apparire il fatto che l’incidenza di cancro nel sesso femminile che si registra nella nostra regione è la più alta di tutta Italia. Parma ha il “record” con  441 donne su 100 mila che  si ammalano di cancro ogni anno, rispetto ad una media in Italia di 390 casi  ogni 100.000, a seguire Ferrara con 434.8 casi, la Romagna con 425, Modena con 411. In Emilia Romagna, con gli  incrementi previsti di impianti di incenerimento, da circa 480 mila ton/anno di rifiuti attualmente combusti, si arriverà a bruciarne oltre 1 milione di ton/anno.. Gli inceneritori, in base all’ art.216 del testo unico delle Leggi Sanitarie (G.U. n 220 del 20/09/1994), sono classificati come industrie insalubri di classe prima: la legge italiana tuttavia  impone solo pochissimi controlli – soltanto per alcuni inquinanti e solo per poche ore all’anno – la massima parte dei quali vengono forniti con autocertificazione dai gestori degli impianti stessi, fatti sempre – guarda caso - nei momenti di miglior funzionamento dell’impianto e senza tener in genere mai conto dei periodi di accensione, spegnimento, malfunzionamento in cui si verificano i maggiori sforamenti. Inoltre, secondo quanto espresso nell’art.21  del D.lgs 228 del 18  maggio 2001, le zone agricole caratterizzate per qualità e tipicità dei prodotti non sono idonee ad ospitare inceneritori: in  Francia ed in Belgio molti inceneritori sono stati chiusi e  sono stati abbattuti migliaia di capi di bestiame, perché il latte era inquinato da diossine e suoi cogeneri. Non dimentichiamo che per le sostanze di effetto cancerogeno certo per l’uomo non esistono limiti soglia, nel senso che qualsiasi quantità di queste sostanze rappresenta un  rischio per la salute: una tabella
pubblicata dagli Annali dell’Istituto Superiore di Sanità del 2004 riporta la cancerogenicità di alcune delle sostanze emesse dagli inceneritori: fra queste a livello I secondo la IARC (International Agency Research Cancer) – ovvero cancerogeni certi per l’uomo - troviamo: arsenico, berillio, cadmio, cromo, nichel, benzene, e ovviamente la diossina TCDD e proprio su quest’ ultima  ultimi vale la
pena fare alcune ulteriori  considerazioni. Gli inceneritori sono in Europa al secondo posto, dopo acciaierie come produttori di  diossine secondo i dati del 2004,  ed al primo posto viceversa in Giappone che ha scelto l’ incenerimento come metodo principale dello smaltimento dei rifiuti. In Europa la quantità di
diossine emesse da inceneritori rappresenta circa un quarto del totale (24%). La stima dell’esposizione di fondo (TCDD e similari) nei paesi dell’ Unione Europea è compresa fra 1,2-3.0 pg/WHO TEQ/kg pro capite, tali limiti sono già ampiamente superati in diverse realtà: qualsivoglia ulteriore esposizione porterebbe facilmente a superare ciò che la stessa Unione Europea raccomanda! Si tratta di sostanze, le diossine in particolare ed i suoi cogeneri lipofile, che possono persistere
nell’ambiente dai 7 ai 12 anni, assunte per oltre il 90% tramite la catena alimentare. L’azione di queste sostanze si esplica a livello ormonale in quanto mimano l’azione degli ormoni in particolare femminili (estrogeni) e vanno  ad interferire con complesse e molteplici funzioni del nostro organismo. A tale riguardo sono da correlare a questo tipo di inquinamento ambientale  l’aumento di incidenza del diabete, i disturbi alla tiroide, l’infertilità e tutti i tumori ormonocorrelati, come quello della mammella e della prostata, disturbi della sfera
riproduttiva, aumento di abortività spontanea, malformazioni, disturbi a carico del sistema immunitario, aumento di linfomi e sarcomi.. È da ricordare in proposito un recente  studio della Regione Veneto che ha confermato quanto già era stato evidenziato in Francia e a Mantova, ossia come queste sostanze,  siano legate ad un incremento statisticamente significativo di  tumori relativamente rari, come i sarcomi, considerati tumori “spia” o “sentinella” di un inquinamento da diossine. Lo studio condotto in provincia de Venezia  ha evidenziato che il  rischio è direttamente correlato alla durata e quantità di esposizione con un Rischio Relativo, risultato in un “cluster” fino a 20 volte l’atteso! In questo studio risulta inoltre chiaramente enunciato che gli inceneritori più pericolosi sono quelli per rifiuti urbani, seguiti da quelli per rifiuti ospedalieri ed infine da quelli per rifiuti industriali. Complessivamente comunque la maggior parte degli studi epidemiologici condotti  su popolazioni residenti in prossimità di inceneritori od in lavoratori addetti, (pur con tutti i limiti che questi studi presentano!) ha dimostrato una associazione statisticamente significativa col cancro, in particolare per: neoplasie infantili, linfomi Non Hodgkin, tumori al polmone, sarcomi. Del tutto recentemente inoltre autori giapponesi (Miyake Y ed al Eur J Epidemiol 2005 ;20(12)
:1023-9) hanno evidenziato, su una popolazione di 450.807 bambini, che sintomi quali ansimare, mal di testa, mal di stomaco e stanchezza erano associati in modo statisticamente significativo con la vicinanza della scuola frequentata ad impianti di incenerimento per rifiuti.
L’associazione Medici per l’Ambiente già un anno fa, in un suo documento affermava senza mezzi termini  che incenerire i rifiuti è una pratica inutile, costosa e soprattutto molto pericolosa per la salute. Allora, perché non cambiare rotta? Perché non eliminare i rischi assolutamente evitabili di un massivo incenerimento di rifiuti con una seria politica di smaltimento che preveda innanzi tutto una loro riduzione fino ad una seria raccolta differenziata in tutto il nostro paese? Si rammenta che quest’ultima, quando praticata col giusto metodo (ad es. “porta a porta”) ha dimostrato di raggiungere l’80% in pochi mesi, con una ottima “materia seconda” ricercata dalle filiere produttive! Perché non vedere
in questo gravoso ed ineludibile  problema l’occasione per imboccare quella strada “virtuosa” che partendo dai rifiuti deve toccare ogni aspetto della nostra vita individuale e collettiva e che sola  può forse salvarci da una imminente catastrofe globale? Perché non riscoprire il valore di un vecchio detto: “Prevenire è meglio che curare”? Pensiamo che davvero la medicina debba solo cercare di porre rimedio a patologie per la massima parte provocate da scelte politiche irrazionali, dettate soltanto da un cieco interesse economico immediato, o che, come
l’articolo 5 del nostro codice deontologico recita, debba adoperarsi affinchè anche l’ambiente ove l’uomo vive e lavora goda di buona salute?
Non è forse compito del Medico pensare anche alla vita che verrà e richiamare l’attenzione sull’uso  delle risorse della terra allo scopo di garantire alle generazioni future pari possibilità di vita?
Oggi più che mai riaffermare con forza il diritto all’ambiente e alla salute significa riaffermare il  diritto  alla vita -  ed il diritto ad una vita piena e sana per tutti - è, a nostro avviso, la missione ultima del nostro essere medici.

 
 
 
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Giorgiana Masi

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