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Mentre, governo e Federmeccanica, insieme a Cisl e Uil, vogliono distruggere il contratto nazionale

Post n°3896 pubblicato il 11 Ottobre 2010 da cile54

+ fatica, - libertà

 

La crisi ha mangiato posti di lavoro per tutti, specialmente nell’industria, ma come sempre le donne pagano il prezzo più alto. Metalmeccaniche e metalmeccanici scendono in piazza con la FIOM il 16 ottobre 2010. Senza lotta contro la disuguaglianza, il razzismo e le discriminazioni non c’è libertà delle donne

Oltre 104.000 donne sono scomparse dall’industria negli ultimi 24 mesi con un calo impressionante proprio tra i lavoratori con contratto a tempo indeterminato, dove rappresentano circa il 46% del calo dell’occupazione totale e oltre il 92% del calo industriale del Nord. Una crisi feroce, in cui le disparità tra i generi sono ancora più drammatiche.

Le donne sono più presenti nei settori marginali e obsoleti dell’industria, dove le crisi aziendali sono più drammatiche e senza soluzioni, così come nelle microimprese dove il padrone può licenziare senza giusta causa. Ciò avviene perché gli ammortizzatori sociali e lo Statuto dei lavoratori non sono ancora estesi alle aziende al di sotto dei 15 dipendenti, come la Fiom ha denunciato dall’inizio della crisi, chiedendone l’estensione e la generalizzazione.

Le donne sono le prime ad andar via quando le aziende aprono i processi di ristrutturazione, proponendo gli «esodi incentivati», magari accettando anche piccole somme, che gli uomini rifiutano. La fatica sta diventando insopportabile. Ritmi e carichi di lavoro crescono, turni di notte, lavoro al sabato e nei festivi, pressione sullo straordinario, il controllo e il regime di comando nei reparti produttivi diventa sempre più ossessivo.

La maternità e il lavoro di cura, considerate solo come un costo aziendale e un impedimento alla produttività, sono fatte vivere alle lavoratrici come colpa e frustrazione professionale.nManca qualsiasi intervento pubblico a sostegno del lavoro di cura, il peso del vivere quotidiano tra casa e lavoro viene scaricato sulle spalle delle donne, sulla loro fatica e ingegnosità, sulla capacità di tirare avanti. Questo sforzo quotidiano (calcolato in almeno due ore di lavoro in più al giorno) porta non solo fatica e stress, ma fa sì che le donne si ammalino di malattie professionali più degli uomini, perché le postazioni e i ritmi di lavoro non sono a misura del corpo delle donne, ma anche perché la doppia fatica le logora prima e più a fondo.

Il governo Berlusconi però ha aumentato l’età pensionabile delle donne nel pubblico e si propone di farlo anche per i settori privati, penalizzando le donne perché vivono più degli uomini e quindi costano troppo alla collettività. Federmeccanica, insieme a Fim e Uilm, vuole distruggere il contratto nazionale, contrattando le deroghe. Questa scelta sciagurata porterà a peggiorare le condizioni di lavoro e di salario ogni qualvolta i padroni ne faranno richiesta. Con le deroghe, le discriminazioni contro le donne diventeranno più diffuse e pesanti: Fim e Uilm potrebbero concordare più bassi salari per le donne «per favorirne l’assunzione », come potrebbero fare accordi che scambiano occupazione con tutele e diritti acquisiti, nonostante i princìpi di parità di trattamento che sono costati anni di lotte alle donne e che dovrebbero rappresentare una frontiera di civiltà non più valicabile.

Il ministro Sacconi e il governo Berlusconi vogliono cancellare i contratti nazionali e lo Statuto dei lavoratori, in particolar modo l’articolo 18, emanando una legge che introduce il contratto individuale e l’arbitrato al posto del ricorso ai giudice del lavoro. Senza contratti e senza diritti, il nostro paese diventerà una giungla sociale dove il padrone avrà sempre ragione, perché la forza è dalla sua parte e i lavoratori e le lavoratrici diventeranno solo merce, senza dignità.

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Giorgiana Masi

Roma, 12 maggio 1977

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