Creato da christie_malry il 25/07/2013

Empire Of slack

Un poeta non è nulla se non l'ombra di sè stesso

 

 

II

Post n°209 pubblicato il 10 Gennaio 2017 da christie_malry








Il grano dal lòglio

Arrivarono nel loro rifugio mentre fuori cominciava il cattivo tempo.
Non si spogliarono con solerzia, giusto con un'indolenza drogata
per capire meglio la dinamica dei loro corpi. Phil era massiccio ma
non grasso. Sfiorava l'1.80 per 75 kg. di muscoli e ossa. Non aveva
mai toccato un attrezzo da palestra da quando aveva 15 anni, ma la
sua pratica riflessiva di camminare lungamente per le vie di Berlino
lo aveva irrobustito e mantenuto in una forma agile. Marta lo aveva
preso per l'incavo del collo e gli aveva lisciato le spalle bianchicce,
poi lo aveva baciato sull'ombelico mentre sentiva l'erezione farglisi
incontro senza violenza ma con un effluvio gradevole. Era ciò che
lei amava: il profumo vero del pene, naturale. Non sopraffatto da
essenze improbabili e nemmeno alterato dagli odori della scarsa
cura. Amava il membro di Phil, che non era un rupofobo ma (per
qualche strana ragione) riusciva a mantenere l'uccello odoroso di
buono. Senza sforzo, senza artifici. Faceva parte del suo carattere
fisico. Grattò con i denti la cappella gommosa e poi la ingoiò senza
particolari indugi. Aveva solo voglia di fare l'amore. Quando gli fu
sopra e cominciò ad andare avanti e indietro comprese la vera
passione, indugiò nella complicità colta e selvatica. Lui la teneva
per i fianchi e la lasciava scorrere mentre la stanza si ricopriva di
un'afa naturale che stillava dai loro non più giovanissimi corpi lunghe
gocce bollenti e grida trattenute. Con le labbra sigillate consacrarono
un rapporto apparentemente strano ma pregnante, e quando ebbero
finito non si spostarono ognuno nel suo angolino, ma nemmeno si
avvitarono come due piccoli lego. Stettero poco distanti tenendosi
per mano e osservarono scendere i primi fiocchi di neve attraverso
le tende bianche parzialmente tirate. Respiravano affannosamente
e ognuno custodiva pensieri che non riusciva a comunicare all'altro.
Poiché questo siamo: corpi che si fondano ma non riescono a restare
uniti, meditazioni che si sfiorano ma non sono in grado di avere lo
stesso ceppo. Il miracolo lo fa la scopata, ma è come buchi su un'altra
dimensione, immediatamente richiusi. "Lawrence tradisce tua sorella."
Fece lui, apparentemente dimesso ma drizzando la schiena dal
materasso. "Quel maiale" Rispose lei "Costanza non merita questo."
"Lawrence sta digradando. Prende pastiglie sempre più forti. Prima
era il lorazepam, adesso il diazepam." "Non capisco un cazzo." "Sono
ansiolitici. Sempre a salire in potenza. Gli parlerò." "Erano una coppia
più felice di noi quando abbiamo cominciato. Tuo fratello sembrava
scendere dal Paradiso con l'alloro in mano." "Forse troppo belli per
essere veri. Da quando Costanza fa la modella il lavoro di Lawrence
alla Volkswagen s'è andato rimpicciolendo." "Non era executive?"
"Lo è ancora, ma sta diventando troppo piccolo per il suo lavoro."
"Regressione." "Già. forse ansia compulsiva. Cerca vie di uscita, ma
si sta scavando una grotta troppo profonda." "Mia sorella non merita
questo e tu lo sai. L'aspetto tragica è quanto lei sia ancora innamorata
di lui. Si ammezzerebbe se sapesse che la tradisce." Phil si levò dal
letto e, nudo, andò verso il bagno: "Se i pensieri fossero nudi ci
ammazzeremmo tutti." "Eh! Che vuoi dire con questo? Fermati! Stop!"







(Continua)









 
 
 

I

Post n°208 pubblicato il 09 Gennaio 2017 da christie_malry








Il grano dal lòglio

Phil smorzò la sigaretta mentre Marta arrivava con le braccia
attaccate al corpo e le mani ciondoloni. Non era bella in senso
canonico, capelli neri oltre il collo, pelle bianchissima, qualche
tatuaggio (soprattutto scritte ieratiche) e occhi scuri. "Ciao" Disse
e lo baciò con qualche grammo di trasporto. "Lavorato?" "Stamattina."
Phil fece crocchiare le dita e tornò a baciarla sul collo. Voleva il suo
odore, per il momento non gli necessitava il suo corpo. "Stress?" "Beh,
è il mio lavoro." Rispose lei. "Andiamo a berci qualcosa." Due cioccolate
calde?" "Sì, ok per me va bene." Si presero per mano e percorsero tutta
la kurfurstenstrasse sino all'Einstein. Entrati, si sedettero e ordinarono
quello che avevano da ordinare. "C'è un gelo da morire." Fece Lei
accavallando stancamente le gambe troppo esposte al freddo. Phil
era bizzarramente pensieroso e cominciò a pensarla al lavoro senza
provare la minima sensazione, né bella né brutta. Lo lasciava anodino
il fatto che lei lavorasse nel porno, le emozioni non affioravano, la foia
si spegneva come un fiammifero. Era lui a vederla alla sera, quando si
spogliava e sembrava una bambina, magrissima e col culetto piccolo
da starci in una mano. Solo allora pensava a come si guadagnasse la
vita, e non la giudicava. "Domani ricomincia a nevicare." Fece lei e lui
fissò la vita di Berlino attraverso la grande vetrata con la scritta in ocra.
"Già. è gennaio." "Alla fine Burton è morto." Lui spalancò gli occhi e prese
a fissarla, incredulo: "Così veloce?" "Una forma relativamente rara. ti mangia
in fretta. alla fine pesava 40 chili. "Burton." Mormorò lui a bassa voce. Era
 uno dei colleghi della sua ragazza che più gli erano andati a genio quando
lo aveva conosciuto: Un texano che leggeva Reich e si snebbiava con i video
giochi. Gli dispiacque. "Anche John Ormond è fuori dai giochi, vero?" Marta
si passava indice su medio lasciandoli scorrere: "Lo hanno beccato in tempo.
tirerà in lungo per più vita. Nel cast hanno preso un rumeno, Mircea
Stancu." "Stanco." "Come?" Phil era mezzo italiano e sorrise: "Nella mia
lingua significa affaticato, Mude..." "Più che altro è stronzo, lo sanno che
non faccio rapporti anali. è una specie di bestione dai capelli a spazzola.
parla cinque-sei lingue, tutte male. Lavorava in un cantiere. Un tipo molto
noioso, rimpiango Burton." Fecero una pausa cercandosi le dita e contandosi
le minuscole rughe. "Col giornale come va?" Phil lavorava per il Drache. Un
mensile d'arte con fondi governativi. "Bene. C'è uno staff competente. Ho
pubblicato qualcosa su Michele Rosati, un tizio che lavora sulla metallurgia.
Ne ricava fiori che pianta in humus vero. Effetto straniante ma bello." Hai
da fare nel pomeriggio?" "Io no, e tu?" "No, niente." "Allora andiamo a casa.
ho voglia di toccarti." Phil rise e si riaccese. Condivise l'espressione
alla paperino della sua compagna e si alzarono dal loro tavolo.







(Continua)

















 
 
 

I Moore XXXV

Post n°207 pubblicato il 24 Ottobre 2016 da christie_malry

 








Furono immediatamente sopra di lei e la finirono con una pugnalata al
cuore. Mentre Mildred cadeva sopra al suo uomo i miei piedi erano incollati
al suolo e non riuscì a reagire nemmeno quando le teste delle vittime
vennero spiccate dal busto con una professionalità e una rapidità che
mi diedero il voltastomaco. Riuscì solo a biascicare: "Ormai erano finiti."
Il tipo grasso dopo avere concluso il suo lavoro mi si avvicinò e guardandomi
fisso negli occhi disse: "Tanto meglio per loro. Gli abbiamo abbreviato
l'agonia." "Cane mangia cane." Gli risposi e mi allontanai finalmente
verso l'alto per radunare i pensieri. Riuscì ancora a sentire il trippone
bofonchiare: "Sei Gleason, vero? Scendi alla stamberga che hanno
intenzione di dedicarti una strada del paese. Dico sul serio: hai contribuito
a fare piazza pulita di questo posto di mostri. Penso non sarai mai
abbastanza ringraziato dalla vecchia e da Floyd." "Floyd ignorava tutto
questo prima che si muovesse la Shilton" Risposi "Si è svegliato tardi per
prendere la sua fetta di torta. Mi trattava come un visionario, poi ha odorato
l'aria e ha scoperto che gli conveniva fare il giustiziere. Tanto cosa importa:
passato un padrone ne arriva un altro." "Fai come credi, guardiacaccia,
noi portiamo a valle quello che più interessa alla vecchia. Ne ricaveremo
un buon gruzzolo." Non mi fermai oltre e sparì alla loro vista oltre una cresta.
Stavo solo aspettando il momento di tornare a casa Moore e registrare i
risultati di ciò che avevo lasciato in sospeso. Stappai la bottiglietta del
misterioso liquido e ne ingollai una robusta sorsata. Pensai che mi avrebbe
fornito il necessario coraggio per vedere quello che mi attendeva, ma non
avevo in mente quello che mi stava succedendo. La strada nel bosco
divenne un deserto e mi parve di vedere dall'alto la stamberga in preda
alle fiamme mentre uomini rinsecchiti girovagavano confusamente in
preda a visioni come le mie. In quelli che mi parvero pochi minuti giunsi
nel cortile. Una colonna a piramide di teste vi stava nel mezzo e all'apice
risiedevano i tre crani della famiglia Moore, Alcuni cacciatori di taglie
parlavano con delle rose selvatiche ma stavano ben attenti di non
lasciarsi ingoiare dalle fiamme che stavano distruggendo il macchinario
per l'analisi del meteorite. Mercier si trascinava per terra mentre Philip
Stone sembrava incantato dalla pira funebre che s'innalzava dalla bicocca.
Claudine Shilton ciondolava avanti e indietro sulla sua sedia a dondolo
mentre lo sceriffo Floyd teneva una farfalla tigrata sul dito ed era intento
a osservarne le sfumature sgargianti con occhio liquido. "Gleason" Mi
fece la vecchia "Hanno tutti preso il volo. Non vedi come volano i miei
uomini? Io l'ascoltavo poco mentre un serpente corallo, uscito dalla
boscaglia si ingigantiva fino a diventare un drago multicolore. Tutti
i killers si erano dissetati al pozzo e adesso erano dispersi ovunque,
chi mangiando foglie d'albero, chi avvicinando e allontanando due piccoli
sassi. Mi parve alfine che il meteorite stesso fosse scomparso mentre
mi innalzavo per chilometri nel cielo e vedevo tutto il paesaggio. Come
m'aveva predetto la vecchia anch'Io stavo volando in mezzo ai suoi
sicari prezzolati, e al posto di quella cosa venuta dallo spazio v'era un
immenso giardino, ripieno di colori vivaci: ranuncoli, paulonie, carici,
salsole, giunchi, tamerici e orchidee. Tanto durò la visione che mi riebbi
a notte inoltrata. Brillavano solo i tizzoni di casa Moore, incendiata da
Michael Mercier, ma nel cortile la desolazione era completa. Non v'era
più nessuno, né cadaveri, né macerie. Mi rovistai nelle tasche e trovai
un biglietto vergato frettolosamente. Recitava :"Mi unisco alla carovana
della vecchia. Dopo l'esperienza passata è sua intenzione ritirarsi in
romitaggio con i suoi squadroni. I morti sono stati tutti sepolti con sopra
un po' di calce viva. Ti auguro il meglio dal momento che ora il meteorite,
per qualche strano miracolo, ritornerà innocuo. Bevici sopra dalla tua
bottiglia magica ogni tanto, affinché non ritorni a farci brutti scherzi. Con
amicizia, Michael."








(Fine)









 
 
 

I Moore XXXIV

Post n°206 pubblicato il 19 Ottobre 2016 da christie_malry







Anche il povero Philip Stone, fra i lazzi degli assassini, pretese di
rinfrescarsi la gola e trangugiò avidamente l'acqua mista alla sostanza
dalla strana apertura che aveva al posto della bocca. Io diedi voce a
Mercier e mi sollevai in piedi: "Questi uomini fra poco non saranno più
in grado di uccidere nessuno ma resta una cosa da fare." Lui annuì
seriamente e mi strinse la mano: "Sai quella cosa che ti avevo detto
prima sul fatto che mi avevi aperto un buco in pancia e sturato il
cervello? Beh, era assolutamente vera." "So che farai quello che mi
aspetto da te...Io intanto vado a pigliare John Baptist Moore e sua
moglie." Mi caricai l'artiglieria in spalle e mi avviai senza voltarmi
indietro. Presi il greto del vecchio torrente in secca e mi avviai a
risalirlo con passo rapido ed elastico. Mi ci volle comunque un po'
di tempo per arrivare al meteorite e lungo il tragitto rinvenni carcasse
di membri itineranti della banda Moore nonché i cinque uomini del
KLAN appesi ad altrettanti alberi per il collo. Arrivai in vista della
mostruosa e incombente presenza: pareva in bilico sulla valle e
custodiva il suo segreto come un cospiratore ferino intento a scrutare
l'arrivo di intrusi. Fui accolto da un colpo di fucile che mi scheggiò il
cappello. Di certo la vecchia Mildred poiché John Baptist Moore doveva
sparare molto meglio. Ma ormai era cieco, riflettei, e il suo momento era
arrivato. "Andiamo" Gridai "Non perdiamo altro tempo. Non è celandovi
in quell'orrore che avrete salva la pelle. Ci sono arrivato Io, vi arriveranno
anche i cacciatori di taglie, e molto presto. Adesso vi stanno cercando
oltre il crinale ma è tempo perso e se ne accorgeranno presto. Datemi
le armi e arrendetevi. Proprio Io che volevate arrostire posso mettere
una buona parola per non farvi finire nella camera a gas a San Quintino.
Mi senti John? convinci tua moglie. Potrai cavartela con qualche anno
di penitenziario." Un altra fucilata spezzò un ramo alla mia sinistra.
"Dimentichi cosa sto diventando, Gleason. Meglio morire con un po'
d'orgoglio." Eruttò la voce dell'uomo mentre, caricato il fucile a canne
mozze e il vecchio catenaccio remington, mi spostavo di albero in
albero per inquadrarli. Ci vollero venti minuti buoni ma alla fine gli
fui alle spalle senza troppe difficoltà. Anche Mildred Moore stava
probabilmente perdendo la vista. Sollevai il cane e loro si girarono
con gli sguardi appannati e ricolmi di terrore. "Non voglio ammazzarvi"
Balbettai, ma uno sparo alle mie spalle era già partito. Fui rintronato
dall'esplosione (doveva essere un fucile a ripetizione modello 91)
e caddi in ginocchio. Quando il fumo si diradò Mildred Moore era
china sul marito senza vita e strepitava come una prefica disperata.
Due uomini mi passarono rapidamente, uno a destra, uno a sinistra,
uno recava in mano una lunga colonna di scalpi ancora freschi,
l'altro portava un berretto di lontra ed era largo quanto un barile
di acciughe.







(Continua)









 
 
 

I Moore XXXIII

Post n°205 pubblicato il 15 Ottobre 2016 da christie_malry








Mi alzai approfittando del fatto che Claudine Shilton, da buona vecchia
si era appisolata un attimo e i suoi sgherri erano troppo impegnati a
rimirare le apparecchiature tecniche che avevano appena sortito dalla
stamberga per seguire i miei movimenti. Solo Mercier mi tallonava con
lo sguardo, intuendo benissimo le mie intenzioni ma non dicendo nulla.
Giunsi sul bordo del pozzo, svitai il tappo della misteriosa bottiglietta e
rovesciai metà del suo contenuto nell'acqua, infilando poi il contenitore
in una tasca interna della giacca. Tornai poi vicino al chimico ferito
portandomi l'indice alle labbra "Ottima mossa" Fece lui "Proprio quello
che mi aspettavo da te." Nel frattempo gli echi degli spari si facevano
sempre più fiochi, segnalando che la mattanza stava giungendo alla
sua conclusione. Già alcuni killers affluivano nel cortile dei Moore
battendosi sulle spalle e recando con sé macabri souvenir della caccia.
Taluni avevano affettato quegli esseri fino a essere stracolmi di collane
di strane orecchie, teste parzialmente umane, mani con sei dita e piedi
deformi. Mi veniva da vomitare ma mi feci forza e abbozzai un pallido
sorriso mentre lo sceriffo Floyd poneva ai piedi di Claudine Shilton la
testa di Raphael Moore, suo nipote. La vecchia si ridestò e fissando
le vuote orbite di Raphael sogghignò sinistramente e mormorò: "Nipote
benedetto, non hai voluto seguire i consigli che ti davo ed eccoti qui,
senza più vita, scheggia dell'universo con il resto del corpo perso
chissà dove." "E John Baptist Moore?" Elevai la voce per farmi sentire.
Floyd si girò nella mia direzione e parlò con voce dimessa: "Solo
questione di tempo. Lui e sua moglie non sono stati ancora segnalati.
Ma è solo questione di tempo. Starà scappando oltre il crinale."
Claudine Shilton si riscosse dall'ammirazione per il teschio di suo
nipote: "Non facciamo scherzi, Floyd. Pretendo che non sia proprio
John a cavarsela. E nemmeno quella strega di sua moglie. Mi hanno
rovinato un appezzamento formidabile e pretendevano di diventare
milionari alle mie spalle. Fortuna che Otis mi ha riferito tutto. Il postino
stava in piedi a fianco della vecchia e sembrava astemio malgrado
fosse quasi sempre ubriaco; evidentemente il dipanarsi della vicenda
stava avendo un brutto effetto anche su di lui. Fu quello il momento in
cui alcuni cacciatori di uomini si appropinquarono al pozzo e dissero
che era ora di rinfrescarsi. Issarono il secchio e se lo passarono assetati
l'uno all'altro. Io li fissavo febbrilmente. Anche Floyd e la vecchia
vollero bere, poi passarono il secchio a Otis. Michael Mercier mi
dava di gomito mentre Io tastavo incontrollabile la bottiglia che
riposava nella tasca interna della mia giacca.






(Continua)









 
 
 

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