Creato da socialismoesinistra il 28/06/2008
Rivista di approfondimento culturale e politico dell'Associazione SocialismoeSinistra
 

 

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NO AL POUJADISMO DELLA LEGA

Post n°239 pubblicato il 18 Luglio 2009 da socialismoesinistra

 

 

Hanno ragione gli artigiani di Treviso che rispediscono al mittente gli studi di settore con l’invito al fisco ad andare a prendere in mano fisicamente le aziende, chiavi dei capannoni comprese?

Hanno ragione gli artigiani di Treviso  a boicottare le banche e a minacciare di chiudere migliaia di conti correnti?

Hanno ragione gli artigiani di Treviso  a bocciare seccamente il contratto unico nazionale dell’artigianato che dovrebbe essere applicato a partire dal gennaio prossimo?

Fisco, banche e sindacati gli obiettivi della protesta organizzata dagli artigiani di Treviso, presenti in sala solo politici della Lega.

Sarebbe facile sia l’accusare tutti i padroncini veneti di evasione fiscale e contributiva sia il rincorrere queste categorie (vedi l’ultimo Franceschini) per acquisire voti e consensi.

Più corretto sarebbe, come cerchiamo di fare, di dare un giudizio ponderato su questo avvenimento.

Partiamo da una considerazione: il 50% degli italiani dichiara meno di 26.000€ lordi l’anno; i lavoratori dipendenti pagano tutto fino all’ultimo centesimo. La Corte dei Conti indica in 100 miliardi l’evasione fiscale e in 60 miliardi il costo della corruzione.

Sul fronte dell’evasione non possiamo essere teneri, anzi dobbiamo insistere affinché gli strumenti antievasivi inventati da Visco e cancellati da Tremonti siano reintegrati.

Se gli studi di settore sono sbagliati, si lotti con le proprie rappresentanze di categoria per farli modificare, ma attenzione. Nella mia esperienza di commercialista non ho mai trovato un’azienda corretta che non fosse “congrua e coerente”. Solo quelle aziende che al mio occhio esperto creavano qualche sospetto avevano problemi con gli studi di settore, che, a mio parere, sono ben fatti e mirati. Essi indicano delle anomalie rispetto ad un universo (statisticamente sono fuori da due sigma della gaussiana) e le anomalie il contribuente le può sempre giustificare. Se sono anomalie.

Per quel che riguarda le banche penso che gli artigiani di Treviso, ma non solo quelli di Treviso abbiano ragione: le banche non stanno facendo il loro mestiere, che non è quello di dare soldi a chi garantisce loro i maggiori profitti, ma di darli a chi può aiutare il Paese, naturalmente avendo una ragionevole certezza che quei soldi vengano restituiti. E qui inizia la mia critica agli artigiani di Treviso, ma non solo a loro, ma a tutta l’imprenditoria italiana. Le imprese italiane sono per la gran parte sottocapitalizzate e banca-dipendenti. Andrebbe portata avanti una forte politica per incentivare la capitalizzazione delle imprese. Il mezzo migliore (tra thin-capitalization e parziale indeducibilità degli interessi passivi) a mio parere è sempre la Dual Income Tax, ma mi rendo conto che non basta. Riscontro che l’emendamento previsto di detassare da IRES il rendimento (pari al 3%) dell’aumento del capitale deliberato e versato nel quinquennio 2009-2014 ripercorre l’idea della vischiana DIT, ma rimane a mio parere imperfetta per almeno due ragioni:

a)     non è sistematica, dura 5 anni e basta

b)     non contempla il reinvestimento degli utili (per cui assisteremo a società che distribuiscono il dividendo e poi con quello aumentano il capitale sociale)


 Tuttavia gli incentivi fiscali non bastano. Le imprese sono spesso sottocapitalizzate perché il socio con mentalità familistica non vuole estranei nella sua compagine sociale, preferisce dare fideiussioni alle banche per avere lo scoperto, preferisce mettere il prestito da soci piuttosto che aprire la compagine sociale. Un’azione che Confindustria, sindacato e partiti potrebbero fare è quella di promuovere una nuova cultura imprenditoriale che superi il familismo nostrano (a proposito sono da sottolineare i progressi della Fiat da quando ha attenuato il suo familismo).

Pensare poi ad un azionariato popolare di lavoratori e addetti è un sogno che ritorna allo spirito dei padri costituenti (vedansi articoli 40 e successivi della Costituzione) e passando tra i tentativi di Prodi, ci riconduce alle socialdemocrazie nordiche.

Sul contratto di lavoro poi, è forte la mia convinzione che il contratto di lavoro dev’essere un percorso di sviluppo economico e di partecipazione. Non da ora indico nei nuovi contratti che oltre ad una retribuzione fissa ne consideri una variabile in funzione della produttività, ma, ed è un MA grande come una casa, il lavoratore deve poter gestire la sua produttività, esserne responsabile e goderne i benefici. La Confindustria spesso vede questi contratti come un modo per assoggettare il lavoro dipendente a parametri estranei alla competenza del dipendente onde scaricare su di lui le inefficienze di mercato e dell’imprenditore stesso.

 

Renato Gatti

 
 
 
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L'Associazione SocialismoeSinistra fonda la propria azione politica sulla convinzione che la crisi delle economie dei paesi sviluppati abbia assunto i caratteri di una crisi di sistema, tale da incrinare la fiducia collettiva in un futuro caratterizzato dai livelli di garanzia sociale finora conosciuti, e cancellare l’egemonia delle idee-forza liberiste, neoconservatrici e tecnocratiche attorno a cui l’Occidente ha consolidato gli equilibri di potere responsabili dei processi economici, finanziari e sociali oggi entrati in crisi.
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