Trattative lunghe, Europa inerte

Ave Socii

Si è da poco concluso un accordo che la maggioranza dei commentatori definisce “storico”. Con esso, per la prima volta, i Paesi membri dell’Unione Europea hanno deciso di creare un debito comune per finanziare misure senza precedenti con cui affrontare il dopo-coronavirus.

Raccontata così, sembra che tutto sia andato per il verso giusto. Che abbiano vinto tutti. Che abbia vinto l’Europa, soprattutto, alla faccia di sovranisti e nazionalisti vari. In realtà però, queste trattative hanno rivelato tutta la fragilità dell’Unione. Nonché la sua stretta dipendenza dalle decisioni prese dai singoli governi nazionali. Ciò che dovrebbe far riflettere, inoltre, è che ad opporsi più tenacemente a questo accordo sono stati alcuni Paesi governati proprio da forze cosiddette “europeiste”.

Chiunque abbia a cuore l’Italia e la sua ripresa, desidererebbe che le cose stessero davvero come le raccontano Cinque Stelle e Pd. Ma non si può mentire agli italiani. I soldi promessi non ci sono e non si sa come verranno raccolti. E, ciò che più conta, ogni singolo Stato dell’UE deve approvare quell’accordo.

Quanto raccontato da Cinque Stelle e Pd su queste trattative “storiche” rischia di trasformarsi nell’ennesima menzogna di un governo incapace di decidere. Non è vero che “hanno vinto tutti”, visto che molti Paesi iniziano già a lamentarsi dell’accordo. E forse non è neanche vero che “ha vinto l’Italia”, visto che le decisioni su come spendere quei soldi dovranno necessariamente essere vagliate dagli altri Paesi dell’UE.

I soldi promessi, fra l’altro, arriveranno solo fra un anno. Ammesso e non concesso che arriveranno. Tutto dipenderà dalla capacità del governo di presentare piani di sviluppo credibili secondo l’UE. Inoltre, se a livello aggregato gli aiuti a fondo perduto superano i prestiti, per l’Italia ciò non si verifica. Per noi, al contrario, la quota dei prestiti supera (e non di poco) quella del fondo perduto. Segno evidente della diffidenza che alcuni in Europa nutrono nei confronti del nostro Paese.

Come si può notare, i tempi della UE non sembrano certo idonei ad affrontare celermente un’emergenza come il coronavirus. Non lo sono stati sin dall’inizio, in realtà. La locuzione “solidarietà europea” è certamente portatrice di un bello e auspicabile messaggio di unità. Ma più e più volte l’Europa ha dimostrato di essere tutt’altro che solidale nei nostri confronti. Anche durante quest’ultima emergenza legata al virus. Il fatto stesso che si sia ricorso a trattative estenuanti per raggiungere quest’ultimo accordo, la dice lunga su quanto limitata sia questa presunta solidarietà europea. Solo il tempo ci dirà se questa solidarietà è davvero genuina, o è solo l’ennesimo espediente per mascherare i soliti egoismi di certi Stati.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Burocrazia, un muro che nemmeno il coronavirus è in grado di abbattere

Ave Socii

L’Italia è un Paese fantastico. Ha circa il 70% del patrimonio artistico-culturale del mondo ed è la culla della civiltà e delle arti occidentali. Per non parlare del “Made in Italy”. Proprio per questo alcuni Paesi, in Europa soprattutto, vorrebbero che l’Italia facesse la fine della Grecia: commissariata dalla Troika e acquistata a basso prezzo dalle banche estere, tedesche e francesi in primis. Pure la Cina, in realtà, vorrebbe intascare la propria quota parte. E noi italiani, che in questa fase abbiamo un potere contrattuale molto risicato, siamo costretti a indebitarci con le banche e con l’Unione Europea.

In questi giorni, la politica si interroga su quale sia lo strumento economico più adatto per affrontare il coronavirus. In un modo o nell’altro, per sopravvivere nel breve termine, saremo costretti a fare debito. Nuovo debito che andrà ad aggiungersi a quello già in essere. Che già è piuttosto alto, per l’Italia. Il timore è che, alla fine dei giochi, qualcuno in Europa solleverà il problema della sostenibilità del debito italiano. E allora giungerà implacabile il commissariamento da parte della Troika. Cosa accadrà dunque? Grecia docet!

Il coronavirus, questo esserino minuscolo e invisibile, sta mettendo a repentaglio le certezze finora acquisite dall’essere umano. Ma c’è una cosa, almeno qui in Italia, che il virus non è ancora riuscito minimamente a scalfire: la burocrazia. Nonostante tutti i proclami e le risorse stanziate, le lungaggini e le procedure continuano ad essere più forti del COVID-19. E’ ormai del tutto evidente che i burocrati vivono campando sui problemi della gente. Altrimenti, almeno in tempi di pandemia, si sarebbero fatti da parte e sarebbero “rimasti a casa” come tutti noi comuni mortali. Cos’altro ci vuole, per abbattere la burocrazia?

In altri Paesi del mondo, i governi hanno stanziato fondi trasformatisi in pochi giorni in denaro sonante per famiglie e imprese. Qui in Italia siamo rimasti ai proclami, mentre la gente letteralmente “inizia a morire di fame”. Le risorse necessarie, in realtà, ci sarebbero pure. E senza ricorrere a ulteriori finanziamenti europei o simili. Sono nascoste, appunto, tra le maglie della burocrazia, delle procedure, delle carte… Se si riducesse la burocrazia a monte e si facessero più controlli a valle, probabilmente si darebbe uno stimolo non indifferente all’economia nazionale. E si eviterebbero quei “lacci e lacciuoli” che troppo spesso ingessano l’Italia rendendola un Paese debole e poco competitivo in confronto ad altri Stati nel mondo.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Colonizzazione cinese in Europa, ai tempi del COVID-19

Ave Socii

Dopo esser stati considerati “appestati” dall’Europa e dal resto del mondo per giorni, noi italiani cominciamo ad essere “in buona compagnia”. Il coronavirus si è diffuso praticamente in ogni continente. Tanto che l’Oms ha decretato lo stato di pandemia.

La Cina, intanto, inizia a sperimentare i frutti delle sue misure draconiane. E addirittura invia negli altri Paesi personale medico e presidi sanitari. L’Italia, ovviamente, non può non approfittare degli aiuti del Celeste Impero. Le circostanze ci spingerebbero ad esclamare a gran voce “Grazie Cina!”… E i ringraziamenti sarebbero pure opportuni, ma questo non deve farci dimenticare i silenzi che il regime comunista cinese ha perpetrato per settimane. Se non avesse taciuto, probabilmente ora il coronavirus non si sarebbe diffuso in questa misura.

Qualcuno accusa la Cina di essere stata troppo imprudente… In tal caso, gli aiuti dati al resto del mondo sarebbero un modo per farsi perdonare. E il “Grazie Cina!” ci starebbe pure. Proviamo invece a ragionare in senso opposto… E se la Cina avesse previsto tutto? E se la Cina avesse diffuso intenzionalmente il virus, così da creare una pandemia tale da mettere in ginocchio l’economia mondiale? Certo a caro prezzo, perché la stessa economia cinese non ne è stata certo immune… Intanto però quell’economia si sta riprendendo, mentre il resto del mondo è nel bel mezzo dell’emergenza.

Se la Cina abbia agito in maniera imprudente o intenzionale, saranno le sue prossime mosse a chiarircelo. Intanto questa sua propensione verso l’Italia dovrebbe farci drizzare le antenne. Allo scoppio dell’epidemia del COVID-19 in Oriente, fummo noi i primi a chiudere i voli diretti dalla Cina. Perché ora i cinesi aiutano proprio noi per primi? Per semplice spirito di solidarietà? Perché proprio noi, che siamo stati i primi a “tagliare i ponti” con la Cina?

Ragionando in maniera un po’ più sistemica, dobbiamo ricordarci che ci troviamo nel bel mezzo di una guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti. La Cina ha affrontato un periodo duro dal punto di vista economico, per via dei dazi di Trump alle sue esportazioni. Questo ha necessariamente ridotto i commerci del mondo con il Paese del Sol Levante. In tal senso, gli aiuti al resto del mondo potrebbero essere uno strumento per “riallacciare” i rapporti (anche commerciali) con gli altri Stati.

A voler essere ancora più “duri”, l’atteggiamento proattivo della Cina potrebbe prefigurare una politica aggressiva in ambito commerciale. Verso quei Paesi, in particolare, maggiormente in difficoltà e magari con problemi economici strutturali. E l’Italia, purtroppo per noi, ne rappresenta un prototipo perfetto. Il coronavirus inevitabilmente spazzerà via moltissime imprese. Magari queste imprese rinasceranno, è vero, ma forse saranno di proprietà cinese e non più italiana.

Quella della Cina, a questo punto, potrebbe esser vista come una vera e propria colonizzazione ai danni dell’Europa. E dell’Italia in particolare. Mancanza di sovranità nazionale, mancanza di ideali comuni, mani legate in termini di politiche monetarie per i singoli Paesi… L’assetto dell’Unione Europea sembra fatto apposta per consentire alle potenze straniere di colonizzarci. Mantenere una politica monetaria a livello nazionale, invece, impedirebbe ad esempio allo spread di toccare livelli esorbitanti e alla Borsa di perdere quanto ha perso negli ultimi giorni.

Se tutto questo ragionamento fosse vero, la Cina sarebbe dunque solo all’inizio di un inesorabile processo di colonizzazione. E, con ogni probabilità, la nostra Italia sarebbe la prima nazione a soccombere a questa colonizzazione. Da Stato libero, ci troveremo ad essere la provincia di una dittatura. D’altronde non era questo il progetto dei Cinque Stelle, quello di trasformarci in colonia dell’impero cinese della cui bandiera, fra l’altro, portano pure le stelle?

Vostro affezionatissimo PennaNera

Rinvio, il minimo comune denominatore di tutti i governi

Ave Socii

I governi che abbiamo avuto, soprattutto negli ultimi tempi, paiono tutti fondati sul rinvio. Ogni volta che gli azionisti di maggioranza litigano, per tirare a campare si tende a rinviare i provvedimenti. Oppure li si approvano “salvo intese”, magari per trascorrere serenamente le festività. Il rinvio non è certo esclusiva peculiarità del governo attuale: anche il precedente governo lo ha adottato varie volte, in tema di Tav ad esempio. Tuttavia sembra che quello attuale lo stia adoperando in maniera reiterata e esagerata. Un sistema elettorale che promuovesse la governabilità, invece che le coalizioni tra forze politiche spesso in contrasto, renderebbe molto più marginale in ricorso al rinvio. Questo è il nostro modesto parere.

I molteplici rinvii operati dal governo attuale sono sotto gli occhi di tutti. Fra i più noti, il rinvio di quelle stesse tasse proposte e inserite dalle forze di maggioranza. Ci hanno detto che questo governo (sulla carta) è nato per evitare l’aumento dell’Iva. Ci hanno detto che le famose clausole di salvaguardia da 23 miliardi sono state disinnescate. Poi, però, ci hanno detto che nei prossimi anni dovremo sterilizzare clausole complessive pari… a 47 miliardi! Vabbè che l’Europa vuole certezze… Vabbè che questo governo è amico dell’Europa… Però 47 miliardi sono un po’ parecchi, no? E meno male, dicono, che il nostro debito è sostenibile! Forse l’Europa non si fida così tanto di noi, anche con un governo suddito. L’impressione è che, invece di sterilizzare, si sia nuovamente provveduto… a rinviare. Sì, un rinvio anche stavolta. Chissà, magari per “fare un favore” al prossimo governo (magari di centrodestra)…

Ma la pratica del rinvio riguarda anche discussioni su molti altri temi spinosi. Francamente, sembra che l’attuale governo sia costituito da separati in casa. Il governo precedente, perlomeno, attraverso la formula del “contratto” era riuscito a sopravvivere per molti mesi. E, per buona parte del primo anno, i suoi membri andavano d’accordo pressoché su tutto. Questo governo, invece, già dalla sua nascita ha iniziato a mostrare fibrillazioni interne. Forse avevamo ragione noi, quando l’estate scorsa sostenemmo che la “crisi a ridosso di ferragosto” avrebbe portato all’esplosione delle forze espressione dell’attuale maggioranza. Pur di posticipare la crisi, che inevitabilmente condurrebbe al trionfo del centrodestra (che l’Europa di certo non vuole), questo governo si affida al perpetuo rinvio. Ma rinviare continuamente ha un effetto stressante sulle forze di maggioranza, provate da continui tentativi (alcuni già riusciti, altri chissà) di scissioni interne.

Ancora. Sono usciti gli ultimi dati sull’immigrazione: quest’anno, sbarchi dimezzati rispetto all’anno precedente e oltre la metà degli arrivi concentrata negli ultimi quattro mesi. Da sottolineare che la fetta maggiore degli immigrati è occupata da tunisini, che non scappano da alcuna guerra. La tendenza è chiara, gli italiani sapranno giudicare da soli chi ha fatto bene e chi ha fatto male (o non ha fatto proprio). Anche qui, si tratta di rinviare o meno i problemi. Il governo precedente, infatti, ha tentato di risalire alla radice della questione, tentando di disincentivare le partenze dei migranti e l’arricchimento degli scafisti. L’attuale governo, invece, ha spostato il problema sulla redistribuzione “rinviando” (appunto) la patata bollente alla buona volontà dei Paesi europei. Magari per strappare un minimo di flessibilità in più sul debito. Gli italiani giudicheranno quale delle due politiche sia più sensata.

Staremo a vedere cosa ci portera di buono il nuovo anno. Per intanto, ci auguriamo almeno che non sia l’ennesimo anno di rinvii. Perché il Paese ha bisogno di risposte “adesso”.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Centrodestra unito. Destinazione governo

Ave Socii

Finalmente l’intesa sulla manovra economica è stata trovata. Le tasse su plastica e zucchero saranno rinviate… di qualche mese! E’ evidente, tutte le forze politiche sono in campagna elettorale. E specialmente le forze, al momento in evidente difficoltà, che sostengono l’attuale governo. L’unico modo che hanno per riacquisire qualche consenso è rimediare agli errori detti e fatti. E far passare questi rimedi per grandi risultati. Così, non è tanto un errore aver ideato nuove tasse, piuttosto è un gran risultato averle evitate o rinviate. Se dunque la sinistra confermerà alcune Regioni alle prossime elezioni, sapremo forse intuirne il perché. Chissà, potrebbe anche darsi che gli italiani si accontentino dell’uovo oggi… In ogni caso, sanno cosa li aspetterà domani…

Ora la manovra economica è attesa al vaglio delle Camere. Visti i tempi stretti, si prevede (come di consueto) il ricorso al voto di fiducia. E dire che quest’anno, a sentire i membri dell’attuale maggioranza, avrebbe dovuto essere l’anno della discussione e della centralità del Parlamento… In occasione della precedente manovra, il Pd minacciò addirittura di ricorrere alla Consulta per affermare la centralità del Parlamento. Un anno dopo finalmente capiamo, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che quello altro non era che l’ennesimo sgarbo nei confronti della Lega.

Se le cose non cambieranno presto, purtroppo sperimenteremo a breve gli effetti di un governo di sadici filo-europeisti e filo-cinesi. Un governo che, per strappare un briciolo in più di flessibilità sul debito, non esiterà a trasformarci nuovamente nel campo profughi d’Europa. Un governo che, per racimolare qualche soldo in più, non esiterà a svendere le nostre eccellenze a Paesi come la Cina. “Abbiamo firmato accordi commerciali con la Cina, la nuova via della seta”… “Abbiamo ottenuto un rinvio sul Mes”…  Anche qui ce li hanno presentati come “grandi risultati”, i Cinque Stelle prima e il Pd poi… Non vorremmo fossero invece segnali di umiliazione e prostrazione nei confronti di Europa e Cina. Le ingerenze verso l’Italia, da parte di entrambi, sono spesso tutt’altro che amichevoli. Lo abbiamo visto anche recentemente… E l’atteggiamento del nostro attuale governo si è spesso rivelato tutt’altro che inamovibile…

Noi, semplicemente, vogliamo un governo diverso. Un governo meno moralista e più legato alla realtà. Un governo che, per evasori e categorie simili, preveda anche misure diverse dal carcere, visto che se le carceri sono sovraffollate è difficile trovarvi posto per tutti i colpevoli. Un governo che eviti di mettere nuove tasse, quando la pressione fiscale è già abbastanza elevata. Un governo che non faccia il finto salutista, ossessionando la filiera delle bevande zuccherate ma al contempo strizzando l’occhio ai sostenitori della legalizzazione delle droghe. Un governo che, anzi, dica chiaramente che la droga fa male in ogni forma e agisca di conseguenza. Un governo che parli seriamente di ambiente, senza creare allarmismi, promuovendo l’economia circolare e non penalizzando l’economia esistente. Un governo che faccia costruire termovalorizzatori, invece di costringerci ad esportare i nostri rifiuti e a comprare energia dagli altri Paesi. Un governo che metta finalmente mano alle infrastrutture…

Allo stato attuale delle cose, un governo così può esser guidato solo e soltanto da una coalizione di centrodestra. Il centrodestra unito è attualmente l’unico vero argine al giogo delle potenze straniere, come l’Europa e la Cina. Un centrodestra che è e deve rimanere plurale, dotato di un’anima liberale e un’anima sovranista, in grado di rispondere di volta in volta alle esigenze contingenti. Perché il sovranismo non è sbagliato a priori, così come il liberalismo. Ciascuno di essi contiene in sé delle risposte che possono rivelarsi giuste in alcuni momenti, meno adatte in altri. Un centrodestra che sappia arginare la deriva ambientalista che ora imperversa in Italia e nel mondo, coniugando l’attenzione per l’ambiente alla tutela dell’occupazione. Un centrodestra che combatta l’immigrazione incontrollata e chi vi lucra sopra. Un centrodestra che sappia tutelare le nostre tradizioni, la nostra patria, la nostra identità.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Autonomie locali, una questione di efficienza

Ave Socii

Chi fa da sé, fa per tre. Ogni realtà tende per natura all’autoregolazione, pur continuando a mantenere relazioni con l’esterno. Non perché una realtà si autoregola è costretta a rimanere isolata dal resto del mondo. E’ la teoria dei sistemi, a nostro parere applicabile persino alla questione delle autonomie locali. Promuovendo le autonomie non si vuole dividere l’Italia. Forse a volerla dividere saranno dei cretini sedicenti “anarchici” che si divertono a bloccare la circolazione ferroviaria… Non certo chi è a favore delle autonomie. In certi casi, anzi, l’autonomia è in grado di velocizzare i processi e rendere le singole realtà ancora più unite tra loro.

Chi paventa lo spettro di eventuali divisioni dell’Italia, magari ha in mente le antiche battaglie della Lega per “l’indipendenza della Padania”… Alcuni potrebbero addirittura percepire una sorta di “rigurgito secessionista” nella richiesta di autonomia da parte di alcune Regioni, guarda caso amministrate proprio da governatori vicini alla Lega… Ma l’autonomia non è l’indipendenza: si possono dare più poteri alle amministrazioni locali, senza per questo andare contro la Costituzione e contro “l’unità e indivisibilità” della Repubblica. Non è questione di Lega o non Lega, è una questione di buon senso.

Probabilmente qualcuno è ossessionato dalla Lega e dal consenso di cui al momento gode. Tant’è che non perde occasione per additarla come “nemica degli interessi dell’Italia”… O perché vorrebbe dividerla con le autonomie, o piuttosto perché riceverebbe “presunti finanziamenti” da un Paese straniero… Fra l’altro lo stesso Paese, ricordiamolo, che un tempo finanziava quel medesimo partito (o, se preferiamo, il suo più diretto erede) che ora più di ogni altro grida allo scandalo… Lo stesso partito che attualmente annovera pure uno dei suoi esponenti tra i membri del governo francese… Ma in questo caso non c’è scandalo, vero? Nessun tradimento degli interessi dell’Italia…

Le autonomie regionali sono un aiuto allo sviluppo dell’Italia. Un incentivo all’efficienza. Finché la ricchezza prodotta da alcune Regioni finisce nel calderone generale, le Regioni meno produttive sono ben poco motivate a fare di meglio… Tanto alla fine qualcosa rimedieranno comunque! Se invece ognuna facesse per conto proprio, con le risorse a propria disposizione, forse crescerebbe la motivazione a produrre in maniera più efficiente. Più autonomia, meno assistenzialismo.

La ricchezza prodotta da una Regione dovrebbe rimanere in quella stessa Regione. In questo modo, ciascuna Regione sarebbe motivata a ridurre gli sprechi e utilizzare efficientemente le proprie risorse. Al limite, solo una minima parte di quella ricchezza potrebbe essere versata in un “fondo comune di solidarietà”. In caso di necessità, le Regioni “più bisognose” potrebbero sempre attingervi, senza tuttavia rischiare di dipendere totalmente dagli aiuti altrui. Obbligare le Regioni a “condividere” tutta la ricchezza prodotta, fra l’altro, disincentiverebbe l’efficienza abbassando il livello di servizi offerti alla cittadinanza.

A livello europeo, possiamo individuare una questione di autonomie anche sul tema degli immigrati. In teoria, tutti gli Stati dicono che accogliere è un dovere morale che spetta a tutti quanti. All’atto pratico, invece, sembra che siano sempre alcuni a fare più degli altri. Gli Stati europei hanno avuto (e continuano ad avere) molteplici opportunità per dimostrare che “accogliere è un dovere morale”… Peccato che, a ridosso di ogni nuovo sbarco, quel dovere rimanga valido solo per l’Italia e pochi altri Stati. Allora, se in pratica ogni Stato fa da solo, tanto vale inviare meno soldi in Europa e reclamare più soldi per noi. Se davvero le autonomie sono un problema, forse lo sono nel contesto europeo assai più che in quello italiano. La differenza tra Stato e Stato, in Europa, è assai più ampia che quella tra Regione e Regione, in Italia.

La politica fiscale, in Europa, è demandata ai singoli Stati. Anche questo può essere visto come un esempio di autonomia. Esistono delle regole comuni cui ognuno deve attenersi, ma poi ogni singolo Stato deve fare i conti con la propria economia. L’Unione Europea è un crogiolo di Paesi tra loro diversissimi, con bisogni e risorse differenti. Ci sono Paesi che avrebbero maggiore bisogno di manovre espansive, ma spesso l’unico modo per finanziarle è attraverso nuovo debito. E chi ha già un debito elevato si trova in gabbia. L’autonomia, in questo caso, andrebbe forse ridimensionata. I debiti dei singoli Stati dovrebbero essere accomunati, almeno parzialmente. Ogni Paese dovrebbe condividere una parte del proprio debito con il resto dell’Europa, così da armonizzare i sistemi economici dell’Unione e permettere anche agli Stati più deboli di crescere.

La gestione comune, vediamo, prevede che tutti quanti contribuiscano. Così tuttavia c’è il rischio che a rimetterci siano, in realtà, quelli che si impegnano di più. Allora tanto vale impegnarsi il meno possibile, no? Crediamo che pagare per le mancanze altrui non faccia piacere a nessuno… Specie se quelle mancanze possono essere evitate. Ma tali mancanze debbono essere trattate in riferimento ai loro contesti. In Europa esistono differenze strutturali tra Stato e Stato, molto più che in Italia tra Regione e Regione. Un “fondo di solidarietà europeo”, o in alternativa un “debito comune europeo”, è persino auspicabile per mitigare le disparità generate dalle autonomie fiscali. Nel contesto dell’economia italiana, dove la differenza tra le Regioni è contenuta se confrontata con le disparità tra i Paesi dell’Eurozona, eventuali “fondi comuni” hanno invece un’importanza relativamente ridotta.

In conclusione, se nei grandi contesti si dovrebbe favorire la condivisione, per le realtà più piccole bisognerebbe invece dare spazio all’efficienza. Le piccole realtà sono il terreno fertile per sperimentare le autonomie. Un po’ come la divisione del lavoro e la concorrenza sono il terreno fertile per far crescere la ricchezza del popoli. Promuovere le autonomie vorrebbe anche dire favorire l’economia circolare: produrre ridimensionando gli scarti. Reimmettendoli nel processo produttivo, si utilizzerebbero efficientemente le risorse proprie evitando il ricorso alle risorse degli altri. Consentendo a tutti di produrre utilizzando a pieno regime le risorse proprie, la produzione totale viene massimizzata. Un governo delle risorse centralizzato, d’altro canto, tende a favorire gli sprechi a livello locale e risulta assolutamente inefficiente. Se la Costituzione stessa consente le autonomie, nel contesto di una Repubblica unica e indivisibile, forse qualche buona ragione c’è.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Procure buoniste. L’abuso dei diritti umani

Ave Socii

Quanto sentenziato da certe procure rasenta il ridicolo, secondo noi. Far sbarcare i migranti, sequestrare la nave, indagare, terminare in quattro e quattr’otto le indagini e dissequestrarla il giorno dopo… E senza nemmeno far perdere troppo tempo ai trafficanti, emettono in breve le loro sentenze così le Ong sono libere di tornare a fare affari nel Mediterraneo. Sentenze emesse “in nome del popolo italiano”, per giunta… Quello stesso popolo che, in massa, ha espresso chiaramente una ben precisa volontà in tema di immigrazione. Volontà che evidentemente qualche giudice si mette sotto i tacchi, visto che tanto la magistratura è “indipendente” dalle decisioni del governo. E’ giusto che lo sia, o che almeno provi ad esserlo… Tuttavia crediamo che calpestare delle leggi, seppur sgradite, non rientri nell’alveo di quell’indipendenza che i magistrati possono recriminare come propria.

L’impressione è quella di una magistratura completamente scollegata dai bisogni del Paese. Molte procure sembrano schierarsi apertamente contro certe istanze del sistema. Pure se evidentemente queste esistono e reclamano all’interno del Paese. Alla faccia delle presunte “indipendenza e imparzialità della magistratura”. Abbiamo visto che pure fra i giudici scorrono le correnti. Correnti politicizzate, per di più. E concentrate prevalentemente a sinistra, guarda un po’. Altro che magistratura “al di sopra delle parti”! Se degli esponenti del Pd militano pure nella corrente “di destra” della magistratura, c’è evidentemente un problema. Non osiamo immaginare cosa possa esserci un tantino più a sinistra…

Per questo ribadiamo che, per garantire una certa imparzialità nei vari organi dell’ordinamento, la rappresentanza del potere giudiziario dovrebbe accogliere in egual numero esponenti di ogni corrente del sistema. E non, come pare sia stato finora, accoglierne solo alcune. Nello specifico, per intenderci, istanze ispirate “al fascio-buonismo”. Si tratta di istanze che partono indubbiamente avvantaggiate rispetto alle altre. Per i più disparati motivi, storici prevalentemente. Ci siamo appiattiti troppo sui diritti dell’individuo, a discapito degli Stati e della loro sovranità. Talvolta pure delle loro leggi. C’è chi vorrebbe far passare per “universali” quelle che in realtà sono solo “opinioni”. Opinioni, per di più, con una ben determinata valenza politica.

Schierarsi reiteratamente a favore dei “diritti umani”, soprattutto a favore di “certi diritti umani”, è una evidente presa di posizione politica. Alcune procure legittimano le Ong a ricattarci strumentalizzando i migranti con la scusa dello “stato di necessità”. Secondo noi, bisognerebbe investire nei Paesi poveri, invece di continuare a sfruttarli costringendo i popoli a migrare. Perfino qualche Pontefice ha posto l’attenzione non tanto sul diritto dei popoli a migrare, quanto piuttosto sul diritto dei popoli a rimanere nella loro terra. E se proprio si verificano delle migrazioni, bisognerebbe gestirle attraverso corridoi umanitari, mettendo a disposizione dei migranti aerei sicuri e non barconi o barchini. Noi crediamo sia più “umano” così… Voi no?

Alcuni Stati pretendono di darci lezioni di umanità… Che lezioni di umanità dovremmo prendere, da chi abbandona i migranti nei boschi al confine con l’Italia, oppure li seda prima di rispedirli indietro, oppure sfrutta quegli stessi Paesi dell’Africa da cui poi migliaia di persone sono costrette ad emigrare? Alcuni governi europei (magari pure socialisti) non esitavano addirittura a sparare ai migranti, per evitare che varcassero il confine… Di che razza di umanità stiamo parlando? In Africa non ci sono “porti sicuri”… Ma se ogni anno proprio quei porti accolgono milioni di turisti! No, il “porto sicuro più vicino” sta in Italia… Viaggiano per miglia e miglia fino a Lampedusa e nessuno si lamenta, ma se poi devono allungare fino a Malta non ce la fanno più e di colpo le condizioni peggiorano… Boh!

Se davvero la migrazione è un “fenomeno epocale” e un “diritto universale”, che sia gestita davvero da tutti i Paesi e non da uno solo. Altrimenti diventa uno dei tanti modi per costringere una singola Nazione ad accogliere, magari sotto qualche ricatto, facendole pure la morale quando non si mostra abbastanza accogliente, mentre tutte le altre Nazioni stanno a guardare. Ma in questo caso, se permettete, la migrazione sembra tutto fuorché un diritto universale. E tutti quei discorsi sull’umanità ci paiono piuttosto una colossale presa in giro. Anche se pronunciati dai pulpiti delle procure. Noi la vediamo così… Scusateci!

La procedura sul debito? Forse un modo per distrarci e farci avere meno voce sulle nomine di peso ai vertici europei. Vogliono isolarci, noi alziamo la testa e loro vogliono farcela pagare. Nella scorsa legislatura europea eravamo certamente ben rappresentati, forse avevamo anche più alleati rispetto ad ora… Ciononostante gli altri Paesi ci hanno aiutato ben poco coi migranti. Intanto proseguono i tentativi delle Ong (e dei loro fiancheggiatori) di farci sentire “dalla parte sbagliata”, dalla parte dei “cattivi”. Mentre loro sembrano avere dalla propria parte lo “Stato di diritto”, certe procure e pure la morale cristiana. Ormai si sentono invincibili e inattaccabili, benedetti sia dalla terra che dal cielo… Ma noi continuiamo a resistere, perché non per forza siamo noi quelli sbagliati. Fare di testa propria, ignorare la legge o addirittura disobbedirle andandole deliberatamente contro, è in realtà l’esatta negazione dello “Stato di diritto”.

Se si considera sbagliata una legge ci si candida, ci si fa eleggere in Parlamento e la si cambia. Così funziona in democrazia. Il fatto di essere cristiani non ci farà sentire in colpa per aver voluto l’applicazione della legge, anche se in apparente contrasto con qualche presunto concetto di umanità. Da cattolici credenti orgogliosi ribadiamo: a Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare. E orgogliosi aggiungiamo: se continuano le provocazioni, siano pure schierati i cannoni! Quel che accadrà dopo sarà frutto di ciò che decideranno di fare i capitani di quei barconi: arrendersi o continuare a provocare. In quest’ultimo caso, ogni responsabilità ricada su questi presunti filantropi! Perché, in fondo, sono loro che se le cercano. Detto questo, siamo cristiani e ne andiamo fieri. Cristiani sì, fessi no!

Vostro affezionatissimo PennaNera

Pregiudizio. Alcuni miti da sfatare

Ave Socii

Quante volte avete sentito dire che “per conoscere il diverso non bisogna avere pregiudizi”? Della serie: se hai pregiudizi sarai sempre un ignorante e non conoscerai mai davvero… Perciò apriamo le frontiere, abbattiamo i muri e superiamo i limiti! In realtà, la questione è un po’ più complessa di come viene semplicisticamente insegnata. Siamo esseri umani, pertanto sempre inclini all’errore. Per di più siamo quasi sempre influenzati dalle nostre esperienze passate, nelle scelte attuali e future. Cancellare i pregiudizi non è affar da poco, dunque. Ognuno di noi, chi più chi meno, corre il rischio di essere influenzato da qualche pregiudizio. La differenza, pertanto, non è tra chi ha pregiudizi e chi non li ha. La differenza, semmai, è tra chi ammette di averli e chi vuol far credere di non averli. Chi dice di non avere pregiudizi è un ipocrita. Speriamo perlomeno che non lo sia in mala fede.

Forse parlare di “pregiudizio” non è che l’arma migliore per scatenare sensi di colpa e di inadeguatezza in persone che hanno pensieri scomodi e “politicamente scorretti”, in modo da farle tacere. Un’arma utilizzata per affermare determinate idee e deprecare le idee di chi la pensa diversamente. Il senso di colpa che chi condanna il pregiudizio vorrebbe scatenare, nella nostra società occidentale, scaturisce il più delle volte dalla apparente discordanza fra norma giuridica e morale cristiana. Ma esse hanno campi di applicazione diversi, non dovrebbero essere confuse. Alcuni invece vorrebbero trasformare questo dualismo in un punto debole per la società occidentale. Avranno certamente i loro (loschi) interessi per fare una cosa del genere… Magari favorire determinate culture tradizionalmente ostili a quella occidentale… Culture che magari confondono il culto con la legge e ne fanno, al contrario di noi, un punto di forza… Intenda chi ha orecchie…

Il pregiudizio agisce sempre a doppio senso: c’è chi pre-giudica, ma c’è anche chi si sente pre-giudicato e vorrebbe far sentire agli altri il peso di questo pregiudizio. Per farli sentire in colpa facendosi vedere “vittime”, metterli in difficoltà e cercare di ottenere quanto desiderato. Magari trattamenti “più umani”, invocando un fantomatico “stato di necessità”, pure a costo di violare la legge. Prendete il caso dei rom… Costoro dovrebbero spostarsi periodicamente, in quanto “nomadi”… Tuttavia se hanno la possibilità di avere un alloggio stabile e confortevole, non fanno certo troppi complimenti… Magari occupano abusivamente le case altrui, oppure si allacciano abusivamente ai servizi, o entrambe le cose… Si circondano di donne incinte, così nessuno può cacciarli… Rubano e magari pretendono pure di essere compresi, perché “povere vittime” in “stato di necessità”! Contrastare le leggi con la “presunta umanità”: così fanno le “vittime”, appoggiate spesso da qualche “paladino dei diritti umani”.

Pregiudizio nell’immigrazione. Per fronteggiare il continuo calo di popolarità, ogni tanto i fascio-buonisti ricorrono ad immagini forti e tentano di “scuotere le coscienze”… Adesso tutti si turbano, per quella foto che ritrae padre e figlia morti annegati durante l’attraversamento del fiume… Chissà in quanti saranno morti in quel modo e per quanto tempo, purtroppo, senza che a nessuno sia mai passata per la mente l’idea di parlarne… Perché se ne parla solo in certi momenti? Perché certe immagini vengono esibite solo quando i fascio-buonisti sembrano trovarsi in difficoltà? Ah, questi ipocriti “paladini dell’umanità” a intermittenza! Si attaccano a tutto, pur di screditare l’avversario politico… Anche se i flussi totali sono crollati, dicono che la linea dura non paga perché tanto i migranti arrivano coi “barchini”… Tutti a dire che il problema è l’Italia che non accoglie, invece di dire che il problema vero sta in Africa…

Dovrebbero solo vergognarsi, certi politici millantatori di presunta umanità! Prima consentono che arrivino immigrati a frotte… Poi fanno gli scandalizzati e gridano al pregiudizio e al razzismo, perché il “decreto sicurezza” lascia per strada migliaia di “disperati”. Forse la responsabilità è pure di chi a suo tempo ha ingiustificatamente aperto le porte a tutti questi “disperati”, o no? Le tensioni in Libia ormai fungono quasi da pretesto… Improvvisamente l’Italia sembra essere diventata l’unico porto sicuro del mondo, anche con quel “selvaggio razzista disumano troglodita” di Salvini al Ministero dell’Interno. Trasformare l’Africa in una polveriera forse fa comodo a qualcuno, almeno i migranti saranno sempre giustificati a non mettervi più piede e andare altrove. Sennò non si spiegherebbero il silenzio e l’immobilismo dell’Onu… Con tutti gli “ambasciatori dei diritti umani” che annovera tra le sue fila, qualcuno potrebbe pure preoccuparsi di cosa succede in Libia! O no?

L’ultimo ricorso presentato “dai migranti” della nave olandese è stato respinto dalla Corte Europea… Vuol forse dire che anche i giudici hanno dei pregiudizi verso gli immigrati? L’assistenza va garantita, ma perché la nave deve per forza puntare in Italia, quando batte bandiera olandese e l’equipaggio è tedesco? L’Italia che c’entra? La nave forza più volte il blocco perché “i migranti sono allo stremo”… E c’è pure chi applaude, invece di invocarne l’affondamento. Siamo noi quelli disumani? Chi invece viola deliberatamente le leggi per ottenere un po’ di visibilità, mettendo a rischio la vita di decine di persone, è forse meno disumano? E se la prossima volta schierassimo i cannoni? Non lasciamoci intenerire da chi fa finta di stare dalla parte dei più deboli. L’immigrazione non è un diritto. L’accoglienza si fa in ben altro modo. Non confondiamo i principi evangelici con le prese per il c…

Finché in Italia c’erano altri governi andava tutto bene. Nessuno in Europa si preoccupava della questione migranti, tanto c’era l’Italia che pigliava su tutti… Finché accoglievamo porci e cani potevamo pure sperare in un minimo di flessibilità… Ora invece rischiamo perfino la procedura di infrazione per debito eccessivo. L’ipocrisia dell’Europa è stata svelata, è dunque evidente che questo governo vada di traverso a qualcuno. E non solo in Europa… Nel mondo c’è chi pensa che l’immigrazione sia un diritto… Quando forse non è altro che la risposta (spesso patologica) alle carenze di Paesi che non riescono a dare un futuro ai propri abitanti. Mettiamocelo in testa: il problema dell’immigrazione non sta da noi, sta da loro! Ed è “a casa loro” che va risolto, creando condizioni tali affinché queste persone non siano costrette ad emigrare e ad essere trattate come “disperati”.

Pregiudizio di chi si droga verso l’autorità e il resto della società. Chi si droga lo fa in aperto contrasto con l’autorità e con una società percepita come contraddittoria nei messaggi che manda. La società prima mi dice che sono libero, poi però mi giudica se mi comporto in certi modi… L’autorità non mi ama, è buona solo a bacchettarmi e a mettermi in difficoltà… Perciò l’autorità deve sentirsi in colpa e io, pure a costo di rischiare la vita, voglio farla sentire in colpa… Così ragiona chi si droga o, in generale, assume comportamenti rischiosi. L’autorità trova difficile sanzionare tali comportamenti, se di mezzo c’è una relazione che potrebbe naufragare. Perché una relazione che naufraga genera sensi di colpa. E l’autorità si trova in difficoltà, poiché sente tutto il peso del senso di colpa. Peso mitigato dalla sostanza, invece, per chi si droga o assume comportamenti simili.

Tutto il precedente ragionamento è sostenuto, guarda un po’, da un pregiudizio di fondo: il drogato crede che all’origine della sofferenza sia sempre l’autorità, mai la relazione. E se una relazione va male, la colpa è sempre dell’autorità e mai della “vittima”. E’ l’autorità, con le sue regole, che mette a repentaglio la relazione, non la vittima con i suoi comportamenti rischiosi. Perciò è l’autorità che deve piegarsi, eliminando le regole e liberalizzando questi comportamenti. Ma proviamo a cambiare prospettiva: dal lato dell’autorità, se essa è stata coerente nelle sue scelte e nell’applicazione delle regole, non c’è nulla che le possa essere rimproverato. Se l’autorità, nella relazione, ha dato tutto l’amore di cui era capace, ogni suo senso di colpa è ingiustificato. La sofferenza, in tal caso, non può che provenire dal capriccio di una relazione malata. Questa autorità, pertanto, non trova alcuna difficoltà a troncare una relazione del genere.

Ma quale autorità riesce a mostrarsi davvero credibile e coerente, alla luce di una società contraddittoria come la nostra? Quale genitore oggi avrebbe il coraggio di dire a un figlio drogato “io ho fatto tutto il possibile per te, se il tuo desiderio è morire va’ e ammazzati!”, senza sentirsi più o meno in colpa per questo? Molti in questa società dicono che è bene provare qualsiasi esperienza, ma che in caso di difficoltà bisogna intervenire in ogni modo per evitare il peggio… Messaggio che va a nozze con l’atteggiamento del drogato, il quale per definizione prova esperienze al limite così da scatenare sensi di colpa in chi non si mostra capace di aiutarlo fino in fondo. E molte volte l’autorità, per inseguire i capricci del drogato, tollera certi comportamenti financo a liberalizzarli.

La società deve tornare ad essere coerente, se vuol sperare di generare delle autorità credibili. Solo allora si potrà invertire la rotta, in tema di liberalizzazione e simili, relegando ai margini i comportamenti “da drogato”. Tutto il contrario di ciò che accade ora, poiché oggi al margine forse stanno proprio quelli che non si sono mai fatti una canna. Da diversi studi sta emergendo pure che il consumo di cannabis aumenta spaventosamente, proprio qui in Europa ad esempio… E che questo può comportare un aumento del rischio di dipendenza… Bella scoperta, meglio tardi che mai! Allora speriamo che vengano presi conseguenti provvedimenti nelle opportune sedi. Perché drogarsi non è un diritto.

Altri pregiudizi. Bello vedere che nel calcio c’è posto anche per le donne. E’ certamente un segnale di integrazione e di abbattimento di pregiudizi. Alcuni vorrebbero che uomini e donne fossero equamente retribuiti in ogni lavoro… Un sogno, ma davvero un giorno si realizzerà? Certamente lo speriamo tutti. Però ricordiamoci di questo: se le donne sono pagate meno degli uomini, non è perché la società ha dei pregiudizi verso di loro. Ma per una questione ben più pratica: ad un’azienda, a parità di altre condizioni, le donne costano più degli uomini. E questo per motivi tutt’altro che sociali. Che le donne siano predisposte ad attraversare una gravidanza non lo decide la società, ma la natura. Una donna che va in maternità rappresenta un costo per l’azienda. Non sempre una donna gravida è in grado di lavorare e “produrre” tanto quanto una donna non gravida. E’ la natura, non è pregiudizio…

Anche per questo siamo dell’idea che ognuno di noi, che sia uomo o donna, debba essere libero di svolgere lavori domestici, pure in via esclusiva rispetto ad altri lavori. E che il lavoro casalingo debba essere retribuito come un qualsiasi altro mestiere. Sarebbe un toccasana per tutti i nuclei familiari, soprattutto per i figli. Ma ad alcuni questo ricorda troppo la famiglia “tradizionale”, ovvero il “Medioevo”… Così si costringono le donne a stare a casa… Ecco, anche questo è un pregiudizio secondo noi. Chi ha detto che debba essere per forza la donna a stare a casa e badare ai figli e alle faccende domestiche? Anche un padre può farlo, se la madre lavora al di fuori dell’ambito domestico. Nessuno lo vieta.

Madre, padre e figli: questo secondo noi è il modello di famiglia che dovrebbe prevalere, rispetto a famiglie affidatarie e altri tipi di famiglia. Nella nostra cultura, ogni altro tipo di famiglia non può che prendere a modello la famiglia nucleare suddetta. Siamo noi che abbiamo un pregiudizio verso i “genitori” omosessuali e le famiglie “arcobaleno”, o piuttosto altri che hanno pregiudizi verso la famiglia “tradizionale”? Per poterli affidare, i figli bisogna prima farli. E’ la natura, non è pregiudizio…

Condannare il pregiudizio verso i diritti civili, le minoranze, il “diverso”… spesso non è che una trovata dei fascio-buonisti per disgregare la società democratica e indebolirne l’identità culturale. Come se tutto quel che è stato conquistato in passato sia da dare per scontato, oppure da accantonare per far posto al “nuovo”. Intanto l’identità culturale occidentale traballa pericolosamente: scossa dall’avanzata dei “diritti civili”, all’interno, e dall’avanzata di culture ostili e intolleranti, all’esterno. Accogliere tutti per creare un’accozzaglia sociale indistinta, senza radici certe e dunque più influenzabile e controllabile da certi centri di potere… Forse è questo l’obiettivo che alcuni intendono raggiungere, ben consapevoli che il pregiudizio non smetterà mai di esistere e di influenzarci.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Economia tra incoerenza temporale e costruzione di aspettative

Ave Socii

La probabile apertura di una procedura di infrazione verso il nostro Paese, da parte della Commissione Europea, accende i riflettori sul problema generale dei Paesi con elevato debito pubblico. Di per sé non sarebbe affatto un problema, anzi un alto debito pubblico può rivelarsi perfino una risorsa all’interno degli intricati giochi dell’economia. Purché comportamenti di questo tipo siano agiti con moderazione. Se nel tempo dimostro di assumere degli atteggiamenti incoerenti (ho contratto un debito, ma preferisco rinegoziare invece che mantenere la promessa di restituirlo), alla fine sarò percepito dagli altri come incoerente. In futuro, con ogni probabilità, troverò molti meno soggetti disposti a prestarmi qualcosa in caso di bisogno. Se invece il mio comportamento è coerente nel tempo (ho contratto un debito e mantengo la promessa di restituirlo), sarò percepito come affidabile. Le aspettative che gli altri avranno di me si manterranno stabili. Anche per il futuro.

Vi siete mai domandati quanto potere può esercitare chi contrae un grande debito? Prima chiede prestiti assicurando che li restituirà, poi non adempie. Tipica assunzione di un comportamento incoerente, accompagnata da aspettative instabili verso chi ha assunto un tale comportamento. Tuttavia il debitore ha ottenuto quanto sperava di ottenere, almeno nel breve termine. Finché il debitore è un singolo e le somme prestate sono modeste, si può rinegoziare abbastanza tranquillamente. Ma immaginate se il debitore è uno Stato e i prestiti si aggirano attorno a diverse migliaia di miliardi! La rinegoziazione può diventare assai problematica, i creditori potrebbero essere costretti ad una pesante riduzione del credito vantato verso lo Stato inadempiente. Più il debito è grande, più il credito è a rischio se lo Stato si rivela inadempiente. E spesso i creditori non sono in grado di anticipare se uno Stato si rivelerà inaffidabile o meno.

Per questo esistono delle apposite regole di “tutela del credito”, anche nei rapporti fra Stati. Regole che, in genere, tendono a disincentivare i comportamenti “opportunistici” dei debitori. Regole finalizzate alla riduzione della loro incoerenza, tese a rendere più credibili i “giocatori” e più stabili le aspettative nei loro confronti. Sono tali regole a trasformare potenziali risorse in problemi da evitare. Eppure questi problemi si manifestano lo stesso… L’economia non è una scienza dura come la fisica. Non si possono stabilire delle relazioni di mera causa-effetto tra le grandezze coinvolte. Talvolta alcuni soggetti sono in grado di manipolare alcune grandezze per modificarne delle altre, anche se apparentemente le prime dipendono dalle seconde. Tra loro, in realtà, la correlazione non è mai perfettamente lineare.

Determinate “manovre economiche” modificano le aspettative altrui. Spesso usando intenzionalmente l’incoerenza temporale: comportarsi in un certo modo ora, sapendo già che in futuro assumerò un comportamento diverso. In simili casi riesco di fatto a sfruttare un’asimmetria informativa, poiché l’altro ignora che io sto mentendo. Finché una tale asimmetria perdura, posso convincere l’altro che gli eventi evolveranno come dico io, quindi spingerlo a comportarsi come voglio io senza che lui lo sappia. In pratica, io ho in mente l’effetto che voglio raggiungere e faccio di tutto affinché abbia luogo la causa che scatenerà l’effetto da me voluto. Se quell’effetto si realizzerà, la mia credibilità si rafforzerà nonostante io abbia simulato. Se invece le mie manovre si riveleranno troppo deboli per realizzare l’effetto sperato, la mia simulazione diverrà manifesta e io perderò credibilità.

Talvolta assistiamo a strane partite di calcio, dove chi vince sembra vincere non in base alla propria bravura ma in base a contratti di ben altra natura. Alcune partite, specie a fine campionato, sembrano un tantino pilotate. Magari per far conquistare determinati posti in determinate competizioni che garantiscano elevati e sicuri flussi monetari. A questo punto è lecito chiedersi: sono le vittorie a generare i flussi finanziari positivi, o piuttosto i flussi finanziari positivi a generare le vittorie? Ovvero: è così strano far vincere una squadra in base alla consistenza dei flussi scommessi su di essa, dato che scommettere su una squadra è indice di fiducia degli scommettitori sulla stessa? Meglio continuare ad alimentarla, questa fiducia, piuttosto che bruciare ora questa opportunità rischiando di trovarsi senza nuovi flussi per chissà quanto tempo… O no?

Tornando all’economia in senso stretto… Ipotizziamo che il governo decida di aumentare i trasferimenti alle famiglie, per poi ricorrere ad un aumento delle tasse. Alla fine dei giochi, le famiglie potrebbero sentirsi un tantino prese in giro dall’incoerenza di uno Stato che con una mano dà e con l’altra riprende. Indipendentemente che lo Stato abbia deciso, intenzionalmente o meno, di ricorrere a questa strategia. Ma le informazioni non sono sempre così complete e controllabili intenzionalmente. Chi mi assicura, ad esempio, che gli altri giocatori non sappiano che io sto simulando? Se pure loro simulassero, potrebbero anticipare le mie mosse. Le famiglie, prevedendo che lo Stato alla fine richiederà qualcosa indietro, potrebbero decidere di mettere da parte quanto ricevuto tramite i trasferimenti, salvaguardandolo dal “pericolo” di nuove tasse.

Il mondo, vediamo, è molto più caotico e imprevedibile di come i modelli riescano a descriverlo. Dove regna il caos informativo, le migliori strategie sono quelle improntate sulla casualità. In generale, la politica degli investimenti accoglie un numero indefinito di investitori e finanziatori. Nessuno può conoscere tutto di tutti e prevederne ogni singola mossa o intenzione, è inimmaginabile. Quale può essere, allora, la strategia vincente? Affidarsi al caso. Assumere una linea non prevedibile, in modo da ottenere il massimo rivolgendosi al maggior numero possibile di mercati finanziari. Facendosi vedere troppo a favore di una parte, si potrebbero scontentare altre parti. In simili situazioni, come anche in altre, Trump avrebbe molto da insegnarci. Fare prima dichiarazioni infuocate, per poi giungere a più miti consigli, potrebbe renderci affidabili senza tuttavia farci passare per incoerenti… Nella costruzione delle aspettative, infatti, l’ultima mossa conta più della prima. Anche nel complesso gioco dell’economia.

Forse l’atteggiamento apparentemente incoerente del nostro governo, in tema di economia, non è così deprecabile come alcuni dicono. Che lo spread si alzi a causa di certe affermazioni potrebbe certo essere un problema… Ma lo spread è sensibile al breve termine, pur facendo sentire i suoi effetti anche e soprattutto nel medio-lungo termine. Anche in passato avevamo un differenziale alto, però nessuno ne parlava e tutti erano più tranquilli. Se alla fine il nostro governo riuscirà a trovare una sintesi con le posizioni europee, per noi sarà sicuramente una vittoria. Non solo perché risulteremo finalmente credibili dinanzi all’Europa e al mondo. Ma anche perché, dopo anni di prostrazione e “compiti a casa”, potremo comunque dire di aver finalmente alzato la testa.

Vostro affezionatissimo PennaNera