Inginocchiarsi per un delinquente: la resa della civiltà

Ave Socii

Spesso i gesti simbolici valgono più di mille parole. In questi giorni, tutto il mondo è attraversato da proteste e manifestazioni contro il razzismo. E, soprattutto, il mondo sembra unirsi in un unico gesto: quello di inginocchiarsi nel ricordo di un uomo inerme, ucciso per mano di un poliziotto. Che l’evento sia accaduto negli Stati Uniti, patria dei diritti e delle libertà, fa certamente riflettere. Che quell’uomo sia un nero rende ancora più simbolico il gesto di inginocchiarsi (non certo per la stupidità dei “razzisti”, semmai per la propaganda degli “antirazzisti”). Ma che quell’uomo abbia molteplici precedenti penali, se permettete, fa riflettere ancor di più.

Un tempo ci si inginocchiava dinanzi a Dio, a un sovrano, a un signore… Ben poche erano le categorie di soggetti dinanzi ai quali era chiesto di inginocchiarsi. E, soprattutto, erano categorie di soggetti rappresentanti un qualche potere, terreno o ultraterreno che fosse. Poteri espressione di un ordine sociale verso cui i popoli erano chiamati a rispodere, dunque a tendere. Beh, oggi ci rendiamo conto (ma forse non è una novità) che valori sociali e poteri tradizionali sono stati sovvertiti. Se un tempo ci si inginocchiava dinanzi alla legge e all’ordine, oggi ci si inginocchia dinanzi all’eversione.

Che il Presidente Trump abbia arginato, nonostante COVID-19, la crescita della disoccupazione negli Stati Uniti passa in secondo piano, dinanzi a maree umane inginocchiate nel ricordo di un pluripregiudicato afroamericano. E poco importa se, durante queste manifestazioni, si verificano assembramenti, scontri e tafferugli: sono manifestazioni “per i diritti”, quindi provengono dai “buoni” della società. Poco importa se il mondo è dilaniato dal coronavirus e dalla crisi economica: l’importante è inginocchiarsi per un delinquente. Poco importa se in Italia la crisi morde più che in altri Paesi: l’importante è inginocchiarsi per un delinquente.

Soprattutto nelle società progredite, è diffusa l’idea che ogni persona abbia diritto a sempre nuove possibilità. Stranamente, l’idea che arrivati a un certo punto dare nuove possibilità sia inutile sembra stridere col concetto di “libertà” che tanto ci piace sbandierare. E allora, nell’immaginazione, diventa tutto possibile. Come in un romanzo moralista, il nemico deve diventare per forza amico. Non esistono più differenze e culture diverse, tutti si amano senza alcun pregiudizio. Buono e cattivo si confondono, con buona pace della giustizia, delle fondamenta del diritto e della stessa civiltà.

Mai come oggi il buonismo è l’oppio dei popoli. Ma dopo lo sballo, bisogna fare i conti con la realtà. Se gli immigrati commettono, in proporzione, più reati dei cittadini autoctoni, forse un problema di culture e di radici esiste. Forse chi è forzosamente trapiantato in altre culture ha maggiori probabilità di “reagire male”, dinanzi alla cultura che dovrebbe accoglierlo. Pur di non farci un bel bagno di realtà e ammettere che la totale integrazione è solo un bel sogno, preferiamo farci di buonismo e sognare un mondo senza differenze e divisioni. Oggi l’oppio che offusca il mondo si chiama “mettersi in ginocchio”. Attendiamo solo che il suo effetto finisca…

Vostro affezionatissimo PennaNera

Magistrati intercettati, democrazia mutilata

Ave Socii

“Salvini ha ragione, ma va attaccato”… Da queste poche parole, intercettate dal telefono di un magistrato, si comprende che la magistratura (o almeno, una parte di essa) non è poi così staccata dalla politica (o almeno, dalla parte sinistra di essa). E che il potere giudiziario non è poi così indipendente dagli altri poteri e viceversa. Evidentemente c’è qualcosa nel sistema che non funziona. E non da oggi, in realtà. Infatti è da più di venti anni, in Italia, che una certa parte di magistrati è solita muovere attacchi soprattutto verso il ramo destro del Parlamento.

Attaccare le politiche migratorie di Salvini e della Lega è, da diverso tempo ormai, lo sport preferito della sinistra. Prima, del Pd e dei partiti più a sinistra; ora, addirittura, pure dei Cinque Stelle (che sui migranti, almeno fino alla nascita dell’attuale governo, sembravano schierarsi con la Lega). Tuttavia il tema risulta alquanto spinoso. Chi si schiera dalla parte degli immigrati risulta piuttosto impopolare in questi tempi. Se però a schierarsi apertamente fossero dei magistrati, finora considerati “buoni, onesti e al di sopra delle parti”, allora qualche speranza di “acquisire popolarità” potrebbe pure sorgere.

Questo discorso può valere, tuttavia, solo finché i magistrati sono considerati “buoni onesti e imparziali”. Dalle recenti intercettazioni, invece, viene fuori uno spaccato della magistratura tutt’altro che positivo. Molti magistrati, dichiaratamente “di sinistra”, hanno apertamente sostenuto le idee del Pd non “secondo giustizia”, ma “secondo appartenenza politica”. Che vi fosse pericolo di una “deriva giustizialista”, di un “golpe giudiziario”, è affermazione tanto forte quanto probabile. E il fatto che nelle intercettazioni compaiano esclusivamente magistrati di idee sinistrorse e personaggi di sinistra, non fa che corroborare tale tesi.

Ultimamente, poiché sostiene idee piuttosto fuori dal mondo, la sinistra intercetta un elettorato alquanto magro. Acquisire popolarità entrerebbe di diritto fra i suoi interessi. E a quanto pare, pur di acquisire popolarità, non si badava nemmeno alla separazione dei poteri, calpestando deliberatamente i dettami della Costituzione. Non riuscendo a sconfiggere l’avversario nelle urne, la sinistra ha pensato bene di schierare dalla propria parte un manipolo di magistrati compiacenti. Sperando così di riuscire nel suo intento di governare l’Italia, stravolgendo ogni principio democratico. Questa è la cruda realtà. Realtà radicata in Italia già da diversi decenni, purtroppo. Speriamo che queste ultime vicende convincano tutte le forze politiche (specialmente quelle “con le mani in pasta”) del bisogno urgente di una seria riforma del sistema. A cominciare proprio dalla giustizia.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Coronavirus anche in Italia. Cosa possiamo fare?

Ave Socii

Alla fine è arrivato… Il coronavirus, questo sconosciuto (almeno fino ad ora). Ci sembrava tanto lontano, poiché proveniente dalla Cina. Sembrava tutto sotto controllo. I pazienti ricoverati in Italia migliorano di giorno in giorno. Persino in Cina i casi di contagio sembrano diminuire. Ebbene, proprio quando l’emergenza sembrava a un punto di svolta… ecco che scoppia un focolaio di coronavirus in Nord Italia.

Ovviamente ora il problema non può non ricadere nel campo della politica. I controlli sono stati davvero adeguati? Era davvero tutto sotto controllo? Si poteva fare di più? Non mancano botte e risposte… Salvini accusa il governo di essere stato troppo morbido e invoca la chiusura delle frontiere. I simpatizzanti del Pd accusano Salvini di speculare su queste vicende. Alcuni di loro aggiungono, fra l’altro, che il contagio da coronavirus ha avuto origine in Regioni governate dalla Lega. Quasi che sia colpa della Lega aver portato il virus in Italia.

Il problema delle frontiere sicuramente c’è. Gli Stati che hanno adottato una politica “protezionista” ad oggi fanno registrare pochi casi o addirittura nessuno. Che chi arriva dalla Cina debba essere controllato è fuor di dubbio. Eppure finora i protocolli sono stati tutt’altro che chiari. Speriamo, almeno ora, che ci si renda conto dell’importanza di chiudere (o quantomeno controllare) i confini nazionali.

Promuovere l’immigrazione incontrollata, ovviamente, non aiuta in questo senso. L’aver discusso della modifica ai decreti sicurezza voluti da Salvini, non fa certo onore al governo che attualmente regge le sorti dell’Italia. Peggio che mai averne discusso proprio ora, in piena emergenza coronavirus. Speriamo vivamente che tutte le forze politiche, al di là dei convincimenti ideologici, convengano sul fatto che aprire le frontiere ora sarebbe un suicidio.

La chiusura delle frontiere non è mossa da un problema di razzismo, come vorrebbe far intendere una certa parte politica. E’ mossa, molto più semplicemente, da ragioni di buon senso. Non si cerca di chiudere le porte ai cinesi, ma ad un virus. Un virus il cui mancato controllo può comportare dei seri rischi per l’Italia e non solo. In Europa sembrava che il picco dei contagi si registrasse tra Francia e Germania. Ora, invece, pare che il baricentro si sia spostato un po’ più a sud.

Ma i rischi non vengono solo da Oriente. Nessuno fornisce dati sui contagi in Africa. Probabilmente perché nessuno è in grado di fornirli. Come poter essere sicuri che i migranti che soccorriamo, accogliamo e (forse) distribuiamo in Europa siano in salute e privi di malattie? Speriamo che anche il governo italiano, almeno in questa situazione emergenziale, abbandoni la propria ideologia fondata sul motto “porte aperte a tutti”.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Natalità e immigrazione incontrollata

Ave Socii

Gli ultimi allarmanti dati confermano una tendenza che purtroppo sembra lungi dall’essere invertita. Nel nostro Paese le nascite diminuiscono sempre di più. La nostra popolazione diventa sempre più anziana. Il ricambio generazionale è ridotto ai minimi termini.

Ovviamente si tratta di un problema dalle ricadute economiche notevoli. In termini di lavoro e pensioni, ad esempio. Ma in questa sede, in particolare, vorremmo concentrare la nostra attenzione sull’aspetto sociale e demografico della questione. Le politiche a favore della natalità dovrebbero essere priorità di qualsiasi governo, in un Paese che invecchia di anno in anno. Eppure chiunque sia andato al governo pare essersi dimenticato di questo che è uno dei problemi più gravi che ci attanagliano.

Al massimo, qualche politico ha pensato di aumentare il livello di natalità ricorrendo ai flussi migratori. Siccome i vuoti vanno riempiti, allora pare ovvio e pacifico che venga operato un vero e proprio “travaso” di popolazione da dove c’è troppa a dove c’è troppo poca. C’è tuttavia un piccolo aspetto che andrebbe tenuto in considerazione: la cultura. La cultura è l’insieme di tutte le qualità che ci accomunano, ma anche delle qualità che ci contraddistinguono rispetto agli altri. Se pensassimo che tutta la popolazione umana debba appartenere ad un’unica cultura, probabilmente decreteremmo la fine di ogni cultura.

Secondo alcuni, il suddetto ragionamento porterebbe ad una sorta di apologia del razzismo. Non è assolutamente così. Il razzismo è la conseguenza dell’estremizzazione delle differenze, declinate per di più all’interno di un atteggiamento bellicoso e intollerante. La cultura occidentale ha ancora i suoi problemi di razzismo, ma mai così dilaganti quanto quelli che ebbe tempo addietro. Ogni cultura, infatti, sviluppa nel tempo gli anticorpi che le consentono di evitare gli estremismi. Ad oggi, esistono sicuramente diverse altre culture ben più estremiste, razziste e intolleranti della nostra. Perciò finiamola di dire che la colpa di tutto è sempre nostra!

Ciò premesso, è fondamentale che una cultura stabilisca le proprie differenze rispetto alle altre culture. E che tramandi queste differenze per preservare la propria identità nel tempo. Ebbene, la promozione dell’immigrazione incontrollata va proprio contro questo principio. Oggi purtroppo, seguendo le sirene del politicamente corretto e del buonismo, siamo incitati ad accogliere chiunque senza se e senza ma. E accogliere qualcuno spesso proveniente da culture diverse dalla nostra, spesso inconciliabili con questa. Altrimenti siamo sovranisti, che tradotto vuol dire “brutti, cattivi, trogloditi, fascisti”. Che ne è, dunque, della nostra identità?

E’ allora davvero opportuno pensare che la soluzione ultima al decremento di natalità sia l’accoglienza di persone che facciano figli al posto nostro, nonostante la provenienza da culture diversissime? Oppure sarebbe meglio incentivare le nostre famiglie, ossia quelle italiane, al concepimento e alla cura dei figli? E incentivare, in particolare, quelle famiglie in grado di generare: ossia le coppie uomo-donna. Perché la generazione di un figlio non può che passare per l’incontro fra un uomo e una donna. Nonostante la pronuncia di un Parlamento a favore di coppie di ogni tipo, la Natura non può essere cambiata con una legge.

In conclusione, solo incentivando le famiglie “tradizionali” si può sperare di promuovere la natalità in Italia. Sarebbe questo il primo vero provvedimento di un Paese che volesse esercitare la propria sovranità. Ognuno viva la propria vita accanto a chi vuole: uomo, donna o persone di qualunque altro genere. La generazione dei figli è un’altra storia. Solo le coppie uomo-donna riescono a dare qualcosa (o meglio, qualcuno) alla società. Ogni altra coppia, invece, sa ricevere e basta.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Frontiere colabrodo e rischio di contagio globale

Ave Socii

Da quanto tempo sentiamo dire dai fascio-buonisti che bisogna accogliere tutti i disperati della Terra? Che le frontiere vanno abbattute? Che non bisogna avere paura dell’altro? Che chi la pensa diversamente dai buonisti vuole solo alimentare lo scontro fra poveri, la divisione, l’odio? Ebbene, oggi ci troviamo a dover fronteggiare un nemico comune, che non fa differenze tra ricchi e poveri, tra benestanti e disperati, tra buonisti e non. Un nemico che le autorità cinesi hanno celato per settimane, forse per evitare che gli affari nel periodo natalizio si contraessero troppo. Un nemico che ora, per l’inerzia più o meno intenzionale della Cina, rischia di divenire una vera e propria pandemia mondiale.

Oramai il danno è fatto. Adesso non c’è più da interrogarsi su chi per primo ha avuto colpa di indolenza. Siamo giunti al punto che ogni Stato inizi a pensare con la propria testa. Interroghiamoci su quali conseguenze può avere un virus contagioso in Stati o interi continenti in cui la salute è tutt’altro che garantita. In Africa, ad esempio. Il continente africano intrattiene rapporti commerciali strettissimi con la Cina. E’ inevitabile che un virus possa proliferare in quei luoghi dove non esiste un’attenzione per l’igiene così sviluppata come la intendiamo noi. Per di più, in aree del genere non è neanche facile rilevare il numero effettivo di contagi.

L’Europa, a questo punto, dovrebbe garantire maggiori controlli lungo le proprie frontiere. Ne va della sicurezza dei cittadini europei. Pensare ora di aprire le porte ai migranti dell’Est e dell’Africa sarebbe un suicidio. Non per i migranti dell’Est e dell’Africa, ma per il concreto rischio di contagio. Chi entra irregolarmente in Europa spesso non è neanche controllato. Come facciamo a sapere se lungo il suo peregrinare ha contratto o meno delle malattie? Già è difficile riscontrare delle malattie attraverso i migliori controlli, soprattutto nelle prime fasi del contagio. Figuriamoci se i controlli non vengono proprio effettuati. Forse nemmeno le frontiere serviranno a molto, in una società globalizzata come la nostra. Nel dubbio, tuttavia, crediamo che in situazioni simili sia meglio averle che non.

Tra comunicati ambigui, da parte dell’Oms, e frontiere colabrodo, da parte dell’Europa, la situazione appare quanto mai incerta. A livello europeo, ma anche italiano, la politica dovrebbe rendersi finalmente conto a quali conseguenze può portare la promozione dell’immigrazione incontrollata. Speriamo, almeno ora, che anche il governo italiano cominci a riscoprire l’utilità delle frontiere. Che chi è contrario all’immigrazione incontrollata non lo è per mera ideologia, ma per utilità pratica e sicurezza. Che spesso ha molta più ideologia in corpo chi vuole l’accoglienza a tutti i costi, sempre e comunque. Che il problema dell’immigrazione non sta nei Paesi che non vogliono accogliere, ma nei Paesi da cui i migranti partono. E che è lì che bisognerebbe garantire più servizi, più istruzione, più lavoro, più salute.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Regioni che si legano, Regioni che si inscatolano

Ave Socii

Che le elezioni regionali appena conclusesi fossero test solamente regionali, nessuno lo credeva davvero. Qualcuno, alla vigilia di questi appuntamenti elettorali, si affrettava a dire che non ci sarebbe stato alcun impatto a livello nazionale. Il giorno dopo, invece, scopriamo che il Presidente del Consiglio si sente più ancorato alla sua poltrona… Che lo spread è sceso… Che “in Italia” c’è di nuovo un bipolarismo… Alla faccia dei test regionali e territoriali!

Regioni governate bene, evidentemente, non hanno bisogno di cambiare. Regioni governate male pretendono invece che qualcosa cambi. Questo apprendiamo, il giorno dopo le elezioni: dopo decenni, anche una storica roccaforte rossa ha rischiato di cadere. Mai il centrodestra era stato così competitivo in roccaforti del genere. Merito, senza dubbio, della Lega e di Salvini. Così come è merito del buon governo del governatore uscente (e forse pure della mobilitazione delle sardine) l’aver resistito alla “deriva populista delle destre”. Pur confermandosi primo partito, il Pd è tuttavia tallonato dalla Lega anche nelle roccaforti più rosse.

Ma la vera notizia è la caduta verticale dei Cinque Stelle. Forse è proprio grazie a loro che delle roccaforti rosse possono ancora definirsi “rosse”. La sfiducia nel M5S, unita alla pratica del “voto utile”, ha sicuramente rafforzato l’argine antisalviniano. Ci sono Regioni che celano un significato molto più ampio del territorio che rappresentano. Un significato nazionale. Salvini lo ha sottolineato e ora ne raccoglie i frutti, nel bene come nel male. E chi fa finta di relegare certe competizioni ad ambiti esclusivamente regionali, ora non può far finta di non raccoglierne i frutti, nel bene come nel male.

Evidentemente, il Pd si sentirà legittimato a proseguire l’attuale esperienza di governo. D’altra parte, i Cinque Stelle si sentiranno sempre più schiacciati e indeboliti. Una situazione simile a quella registrata il giorno dopo le elezioni europee. La forza di governo minoritaria in Parlamento (che allora era la Lega) fu in grado di esercitare pressione nei confronti della forza di maggioranza “virtuale” (rappresentata, allora come oggi, dai pentastellati). Sappiamo come andò a finire allora… Andrà a finire in quel modo anche stavolta?

Le elezioni regionali non avranno impatto a livello nazionale… Macché! Prevediamo che presto il Pd prenderà in mano le redini di questo governo, così come ha saputo mantenere le redini delle roccaforti rosse. Forse ci saranno mutamenti in tema di prescrizione. Forse ce ne saranno anche in tema di immigrazione, di decreti sicurezza, di ius soli, di ius culturae. Ci sono navi cariche di migranti in attesa di porti sicuri. Nessuno ne ha parlato in campagna elettorale, soprattutto a sinistra. Nemmeno la “nuova sinistra” rappresentata dalle sardine. Forse per paura di ripercussioni a livello elettorale. Chissà se adesso, dopo l’esito del voto, i porti della penisola si spalancheranno a orde di migranti. Se davvero sarà così, speriamo almeno che ad accoglierli siano proprio quelle Regioni che hanno la perseveranza di definirsi “rosse”. Chiamasi “coerenza”.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Venti di guerra ad inizio anni Venti

Ave Socii

Il decennio appena iniziato si è aperto sotto i peggiori auspici. Il Medio Oriente è in subbuglio, il mondo islamico in fermento, l’Occidente in confusione. L’ultima azione militare di Trump ha letteralmente spaccato l’opinione pubblica. Perfino negli Stati Uniti qualcuno è convinto che si sia gettata una dinamite in una polveriera. Soffiano venti di guerra minacciosi. Guerra in ambito non solo militare, ma anche economico. E’ incominciata la corsa ai beni rifugio e il petrolio ricomincia a salire velocemente di prezzo. I segnali di insicurezza sono più che evidenti.

In tutto questo, Italia ed Europa sono costrette a tentennare. A barcamenarsi da una parte e dall’altra. A dire che l’unico modo per risolvere le questioni è la diplomazia. A non assumere una posizione chiara e definita. Forse non per colpa loro. Questioni tanto delicate non si possono liquidare con semplici atteggiamenti di assenso o dissenso. La politica estera è complessa, costruita su molteplici rapporti di interdipendenza. Italia ed Europa non possono assumere posizioni nette, perché dipendono da altri Paesi. Nel settore energetico, ad esempio. Gli Stati Uniti possono permettersi di assumere le posizioni che vogliono: tanto dispongono a sufficienza di qualsiasi tipo di risorsa di cui necessitano. Noi no. Siamo certamente contenti che Trump abbia eliminato dei pericolosi terroristi islamici. Ben vengano ulteriori misure di questo genere. Ora però domandiamoci: quanto sarà feroce la vendetta islamica verso l’Occidente?

Esistono dei periodi storici in cui conviene essere aperti al resto del mondo. Esistono altri periodi storici in cui conviene, invece, difendere la propria sovranità. Crediamo che ora il sovranismo sia preferibile all’apertura incondizionata e all’abbattimento dei muri. Il modello di società aperta, nonostante qualche momento di tensione, ha funzionato piuttosto bene finora. Ma da un po’ di tempo a questa parte hanno iniziato a soffiare venti impetuosi, dinanzi ai quali non eravamo preparati. Due fra tutti: l’immigrazione di massa e il terrorismo islamico. Una volta per tutte, è necessario ribadire con forza che l’apertura non è sempre il bene assoluto e la chiusura non è sempre il male assoluto. Se l’identità nazionale è minacciata, è opportuno trovare soluzioni che la preservino dagli attacchi provenienti da certe culture aggressive.

Il mondo non può esistere senza le identità nazionali. Non può esistere un’unica “identità nazionale umana”. La cultura non è solo ciò che accomuna gli uomini, ma pure ciò che li differenzia. Per natura gli uomini aiutano i loro amici, ma combattono i loro nemici. Negare che esistano culture fra loro nemiche vuol dire fare il gioco delle culture più aggressive. E costringere le altre a soccombere. Noi non ci stiamo. Noi crediamo che una qualsiasi cultura abbia il sacrosanto diritto di difendersi, ogniqualvolta contro di essa spirino venti impetuosi in grado di minacciarne l’esistenza.

Ma difendersi non vuol dire solo annientare i nemici più pericolosi o chiudere i porti agli immigrati irregolari. Esiste un ambito che talvolta passa sotto traccia, ma che spesso sta alla base di molte condotte umane: quello economico. Il comportamento economico si fonda, in soldoni, sui bisogni degli uomini. Se gli uomini non avessero bisogni, non esisterebbero comportamenti economici. Più soggetti bisognosi generano rapporti economici, che nel lungo termine divengono vere e proprie interdipendenze. Ma l’interdipendenza dovrebbe fondarsi su un sostanziale equilibrio fra i bisogni dei soggetti. Al sopraggiungere di determinate circostanze, può subentrare uno sbilanciamento che inevitabilmente favorisce un soggetto a scapito dell’altro.

Come dicevamo, a livello energetico noi dipendiamo in larga misura da diversi Paesi. Alcuni di questi sono proprio in territorio islamico. Se la vendetta di questi Paesi dovesse colpire l’Europa e l’Italia, probabilmente il settore energetico ne sarebbe pesantemente influenzato. Forse è soprattutto per questo che non possiamo assumere una posizione chiara: per non rischiare di rimanere “a secco”. Ai petrolieri fa comodo così. Perché, tuttavia, dobbiamo essere condannati a dipendere da Paesi tanto instabili? Non sarebbe meglio promuovere una sorta di autarchia energetica, magari impiegando termovalorizzatori ed energia nucleare? Il messaggio sta lentamente incominciando a passare, per esempio attraverso l’economia circolare. Purtroppo ancora attendiamo che si realizzi in concreto.

Forse promuovere la sovranità e l’autarchia è solo uno slogan vuoto. Forse sono davvero troppi gli interessi che si andrebbero a smuovere e colpire. Forse nessuno vuole rinunciare a questi interessi. Forse dobbiamo subire passivamente i venti scatenati da altri, per timore di affrontarli. Noi vogliamo credere che non sia così. E vogliamo credere che un giorno l’Italia sarà in grado di risollevare la testa e competere orgogliosamente per la vetta del mondo.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Rinvio, il minimo comune denominatore di tutti i governi

Ave Socii

I governi che abbiamo avuto, soprattutto negli ultimi tempi, paiono tutti fondati sul rinvio. Ogni volta che gli azionisti di maggioranza litigano, per tirare a campare si tende a rinviare i provvedimenti. Oppure li si approvano “salvo intese”, magari per trascorrere serenamente le festività. Il rinvio non è certo esclusiva peculiarità del governo attuale: anche il precedente governo lo ha adottato varie volte, in tema di Tav ad esempio. Tuttavia sembra che quello attuale lo stia adoperando in maniera reiterata e esagerata. Un sistema elettorale che promuovesse la governabilità, invece che le coalizioni tra forze politiche spesso in contrasto, renderebbe molto più marginale in ricorso al rinvio. Questo è il nostro modesto parere.

I molteplici rinvii operati dal governo attuale sono sotto gli occhi di tutti. Fra i più noti, il rinvio di quelle stesse tasse proposte e inserite dalle forze di maggioranza. Ci hanno detto che questo governo (sulla carta) è nato per evitare l’aumento dell’Iva. Ci hanno detto che le famose clausole di salvaguardia da 23 miliardi sono state disinnescate. Poi, però, ci hanno detto che nei prossimi anni dovremo sterilizzare clausole complessive pari… a 47 miliardi! Vabbè che l’Europa vuole certezze… Vabbè che questo governo è amico dell’Europa… Però 47 miliardi sono un po’ parecchi, no? E meno male, dicono, che il nostro debito è sostenibile! Forse l’Europa non si fida così tanto di noi, anche con un governo suddito. L’impressione è che, invece di sterilizzare, si sia nuovamente provveduto… a rinviare. Sì, un rinvio anche stavolta. Chissà, magari per “fare un favore” al prossimo governo (magari di centrodestra)…

Ma la pratica del rinvio riguarda anche discussioni su molti altri temi spinosi. Francamente, sembra che l’attuale governo sia costituito da separati in casa. Il governo precedente, perlomeno, attraverso la formula del “contratto” era riuscito a sopravvivere per molti mesi. E, per buona parte del primo anno, i suoi membri andavano d’accordo pressoché su tutto. Questo governo, invece, già dalla sua nascita ha iniziato a mostrare fibrillazioni interne. Forse avevamo ragione noi, quando l’estate scorsa sostenemmo che la “crisi a ridosso di ferragosto” avrebbe portato all’esplosione delle forze espressione dell’attuale maggioranza. Pur di posticipare la crisi, che inevitabilmente condurrebbe al trionfo del centrodestra (che l’Europa di certo non vuole), questo governo si affida al perpetuo rinvio. Ma rinviare continuamente ha un effetto stressante sulle forze di maggioranza, provate da continui tentativi (alcuni già riusciti, altri chissà) di scissioni interne.

Ancora. Sono usciti gli ultimi dati sull’immigrazione: quest’anno, sbarchi dimezzati rispetto all’anno precedente e oltre la metà degli arrivi concentrata negli ultimi quattro mesi. Da sottolineare che la fetta maggiore degli immigrati è occupata da tunisini, che non scappano da alcuna guerra. La tendenza è chiara, gli italiani sapranno giudicare da soli chi ha fatto bene e chi ha fatto male (o non ha fatto proprio). Anche qui, si tratta di rinviare o meno i problemi. Il governo precedente, infatti, ha tentato di risalire alla radice della questione, tentando di disincentivare le partenze dei migranti e l’arricchimento degli scafisti. L’attuale governo, invece, ha spostato il problema sulla redistribuzione “rinviando” (appunto) la patata bollente alla buona volontà dei Paesi europei. Magari per strappare un minimo di flessibilità in più sul debito. Gli italiani giudicheranno quale delle due politiche sia più sensata.

Staremo a vedere cosa ci portera di buono il nuovo anno. Per intanto, ci auguriamo almeno che non sia l’ennesimo anno di rinvii. Perché il Paese ha bisogno di risposte “adesso”.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Populismo di sinistra in salsa di sardine

Ave Socii

La cura del linguaggio in politica, l’utilizzo o meno dei social network da parte dei Ministri… Con tutto il rispetto, forse non sono i problemi principali con cui la maggioranza degli italiani si sveglia la mattina. Forse chi non vive nei quartieri alti non può capire la profondità del “politicamente corretto” e di tematiche affini. A rinvigorire l’attenzione per queste tematiche di vitale importanza è ora il “movimento delle sardine”, movimento (ormai abbiamo imparato a conoscerlo) apertamente schierato a sinistra e a cui molti partiti (quelli attualmente più in difficoltà, diciamocela tutta) strizzano l’occhio. L’obiettivo ultimo è quello di combattere contro il populismo (di destra, aggiungiamo noi).

Eppure anche le sardine, a modo loro, sono espressione di un certo populismo. Ebbene sì, quasi nessuno osa dirlo ma anche a sinistra è in voga una certa specie di populismo. Un populismo per i benestanti, per i salottieri, per chi può trascorrere il proprio tempo ad interrogarsi sul sesso degli angeli. Un populismo dei “vaghi principi”, talvolta considerati superiori perfino alla legge. Contrarietà al razzismo, accoglienza, umanità, integrazione, diritti civili… Certamente chi ha la pancia piena ha maggiori possibilità di badare a questi principi. Principi sostanzialmente vuoti, che ognuno di noi in realtà può riempire a piacimento.

Perché esiste la legge? Proprio perché il popolo disponga di un riferimento comune e il più possibile insindacabile a cui appellarsi, al riparo dalle opinioni di certa retorica. Qual è, d’altro canto, l’intento di certa retorica? Porsi al di sopra della legge, cavalcando battaglie su principi tutta apparenza e niente sostanza, principi formalmente di buon senso ma praticamente irrealizzabili. Come si può pretendere che i popoli abbattano tutte le barriere, quando le barriere e le diversità sono esse stesse condizioni essenziali per l’esistenza e l’identità di un popolo? Eppure l’accoglienza è un principio “bello”, lo dice pure il Vangelo… Far leva sulla religione è un altro modo per dar forza a questi vaghi principi e, se necessario, metterli in contrasto con la legge.

Istaurare la dittatura dell’opinione, a dispetto della legge vigente. Ecco l’obiettivo ultimo delle sardine. Ed ecco probabilmente l’obiettivo ultimo della sinistra tutta, che indistintamente ha applaudito e plaude a questo e ad altri “movimenti spontanei”. Perché le sardine si riuniscono in un edificio occupato abusivamente? Dicono per una questione di soldi (per inciso, se l’edificio è occupato abusivamente siamo tutti noi a pagare per le loro riunioni abusive), ma sicuramente anche per una questione politica. L’obiettivo è sfidare la legge. Sfidare l’ordine pubblico. Sfidare lo Stato. Sfidare tutti noi per spodestare i principi fondativi della Nazione ed incoronare i “loro” diritti. Diritti che spesso e volentieri non debbono valere “per tutti”, ma solo “per gli amici”. Perché la libertà di espressione vale per loro e i loro amici, mentre gli avversari debbono essere censurati?

Come se non bastasse, abbiamo conosciuto pure le sardine nere e le sardine islamiche. Di questi tempi va di moda parlare di integrazione. Ben venga l’integrazione, ma che sia fatta nel rispetto della legge. Ecco, a questi “movimenti spontanei” l’espressione “nel rispetto della legge” va proprio di traverso. Se c’è qualcuno che ha la pelle nera, magari pure immigrato irregolare, sono proprio questi movimenti a strumentalizzarlo e a riconoscerlo come “diverso”: questo non è forse populismo? Se c’è qualcuno di un’altra religione, magari pure legata ad ambienti vicini al terrorismo, deve per forza mostrarsi da un palco e farsi riconoscere per la religione che professa: questo non è forse populismo? Invece no, gli unici populisti sono i “sovranisti”. Di destra, per di più.

Ma c’è una differenza fondamentale, fra populismo di destra e populismo di sinistra. Il primo vuole istaurare il primato della legge e della certezza del diritto, il secondo il primato dei “vaghi principi” e dell’opinione. Per fortuna agli italiani è ancora concesso di scegliere. Se il populismo ha davvero qualche significato, sarà il popolo stesso a decidere quale.

Vostro affezionatissimo PennaNera

Ideali scomodi. Il coraggio dell’impopolarità

Ave Socii

Lo strumento della politica dovrebbe servire per portare avanti degli ideali e trasformarli in realtà. E’ questo il bello della politica: combattere per degli ideali in cui si crede. Continuare a combattere per essi, anche se sono ideali passati ormai di moda. Oppure ideali che cozzano contro posizioni attualmente di moda. Battersi per degli ideali, in democrazia, espone al rischio di trovarsi contro le mode del tempo, contro le tendenze, contro il popolo. E purtroppo è proprio questo che, molto spesso, impedisce ai politici di lottare liberamente per gli ideali in cui credono davvero.

In realtà, un po’ tutte le forze politiche tendono a comportarsi come il popolo vorrebbe si comportassero. Il populismo, checché se ne dica, alberga a sinistra così come a destra. Mettere nuove tasse è certamente impopolare, specie in uno Stato dove la pressione fiscale è già alta. Se tuttavia una forza politica ha il coraggio di proporre simili misure, dovrebbe poi avere anche il coraggio di sostenerle fino in fondo. Ciò che in sostanza questo governo negli ultimi giorni non ha fatto, rinviando tasse proposte e avallate proprio da alcune forze di maggioranza. Pur di mostrarsi compatto e “favorevole al popolo” ha deciso di non decidere, spacciando questa “non decisione” per un “miracolo”. Pensando magari che gli italiani avrebbero ringraziato elettoralmente, quasi avessero l’anello al naso. Dalle tasse rinviate alle sardine, se le stanno inventando tutte pur di riacquistare consensi. Se alle prossime elezioni regionali non dovessero farcela neanche così…

L’essere popolari, come detto, è un vincolo che caratterizza e influenza tutti i partiti, soprattutto i più grandi. Accanto ad argomenti popolari, invece, ogni partito dovrebbe pure sostenere posizioni e ideali che vadano al di là del proprio tornaconto elettorale. C’è chi propone lo ius culturae per i minorenni nati in Italia da persone immigrate, benissimo… C’è chi propone di superare il concetto di “modica quantità” e trattare con durezza ogni tipo di detenzione di stupefacente, benissimo… Si abbia, però, anche il coraggio di portare avanti queste battaglie. Con serietà, determinazione e coerenza. Perché la coerenza paga. E se non paga adesso, perché momentaneamente vanno di moda altri ideali, magari pagherà in un futuro neanche troppo lontano. Perché le bandiere che il popolo segue possono cambiare. La sfida è farsi trovare pronti. E farcisi trovare, per quanto possibile, da una posizione che nel tempo si è mantenuta coerente.

Secondo noi, esistono molte battaglie politiche per cui varrebbe la pena combattere, in questo preciso momento storico. Andare in mezzo ai giovani e spiegare che la cannabis fa male. Legalizzare la prostituzione, invece che le droghe. Colpire i consumatori, oltre che i trafficanti di stupefacenti. Almeno discutere di pena di morte per i criminali, così come si discute di aborto e eutanasia per gli innocenti. Consentire l’organizzazione di ronde per sopperire alla carenza di pubbliche forze dell’ordine, oltre che regolamentare la legittima difesa nella proprietà. In casi eccezionali, per salvaguardare la sicurezza pubblica, provvedere a limitare alcuni diritti.  Affermare che l’integrazione è sì buona e bella, ma impraticabile perché ogni immigrato ha i suoi valori, spesso incompatibili con quelli del Paese che lo ospita. Sostenere che alcune famiglie, nell’accudimento dei figli, sono più adatte di altre. Schierarsi contro la deriva ambientalista, sostenendo che avvantaggia i petrolieri piuttosto che l’ambiente…

Quante battaglie si potrebbero sostenere, se non si badasse esclusivamente al consenso del popolo! Ma schierarsi apertamente contro certi ideali significherebbe, per alcuni partiti, crollo sicuro nei sondaggi. Visto che ultimamente si tengono elezioni a distanza molto ravvicinata, certe battaglie non vengono intraprese. Ce li vedete, voi, i politici ad andare in mezzo ai giovani, spiegando loro che la cannabis fa male? Gli riderebbero addosso, in fondo “è solo una cannetta, tutta roba naturale”… O a dire che, a determinate condizioni, certi diritti vanno limitati? Darebbero loro dei “barbari”… O a sostenere che certi nuclei familiari, pur legittimati da un Parlamento, sono una spanna al di sotto della “famiglia tradizionale” nella cura dei figli? Politici del genere sarebbero etichettati come “retrogradi e sfigati”… O a mettersi contro l'”onda verde”, contro chi riempie le piazze manifestando a favore dell’ambiente? Tali politici verrebbero messi al rogo, pure a costo di inquinare l’atmosfera…

Ci auguriamo che alcuni abbiano il coraggio di assumere queste (ed altre) posizioni scomode. E di assumerle in maniera continuativa, senza timore per una situazione di impopolarità temporanea o prolungata nel tempo. E di continuare a navigare nella stessa direzione, pure quando il popolo volta le spalle e il vento cambia. Perché un giorno il vento tornerà a soffiare in questa direzione. Perché un giorno il popolo volgerà di nuovo lo sguardo verso questa parte. Perché quel giorno chi è rimasto coerente raccoglierà i frutti della propria coerenza.

Vostro affezionatissimo PennaNera