Innamorati dell’Amore..

Essendo noi frutto di quel primo movimento del primo creatore, pur non smettendo mai di essere con lui la stessa e medesima cosa, tutti noi siamo innanzitutto, e prima di ogni altra realtà, Amore e Luce. Perché quelli sono stati i suoi primi sussulti.

Quell’Amore neanche per un attimo ha smesso di essere dentro di noi, e di segnare la nostra strada. Persino quando abbiamo scelto altrimenti.

E incluso chiunque abbia mai scelto, e scelga, altrimenti.

Così, indipendentemente da ciò a cui diamo priorità, ciò che potremmo preferire ad ogni istante, e ciò che metteremo in ogni nostra cadenza, visione e cipiglio, una parte più o meno piccola, o più o meno grande, sarà quella Luce e quell’Amore che mai ci hanno lasciati. Perché sono il filo conduttore di questa creazione. Perché sono ciò che ha segnato la via. Il primo scatto, il “negativo” della prima fotografia.

È grazie a quello che spesso siamo così innamorati dell’Amore che non riusciamo nemmeno a respirare. E che crolliamo ogni volta ne dovessimo cogliere un barlume in uno sguardo, gesto, gentilezza, rivelazione.

L’Amore è il primo modo di essere, e vivere l’Amore è il ricordo di quella prima movenza, e la pienezza di quel primo momento.

E farci prendere da quell’Amore è il tentativo, costante in tante espressioni, di ritornare là da dove siamo partiti, da dove tutto è cominciato.

Vivere l’Amore, vedere l’Amore, guardare l’Amore, non è un “compito” di chi ha scelto la Luce, degli esseri di Luce, degli operatori. È semplicemente il loro modo di ritornare a “casa”. Di ricongiungersi con il Creatore. Di riprendersi il Creatore.

Spesso, nei contatti con la Luce, si riceve come istruzione di fare una cosa o un’altra. Nella gran parte dei casi non si tratta di cose eclatanti, di cose che sembra possano cambiare il mondo, o qualcuno di coloro che ci vive.

Magari, ciò che viene “aggiunto” è solo nutrimento per la mente del ricercatore, che ha bisogno di “fare” qualcosa o qualcos’altro, per sentirsi più “a posto”, più “utile”. Perché, nella gran parte dei casi, si tratta solo di essere, o stare, in un posto o in un altro. O di “guardare”, esplorare, una cosa o un’altra.

Stare ad esempio in un’altura, e osservare una città. Magari una città problematica, con certe cose da risolvere.

Semplicemente guardare.

Guardare con gli occhi dell’Amore, vedere l’Amore, come lo è qualsiasi cosa che esprima l’Amore, è forse la medicina più bonificante, più taumaturgica, più magica, che possa esistere.

Quando, a volte, ad esseri che sono stati considerati grandi maestri, o ancora di più, dell’umanità, è stato chiesto cosa stessero facendo di così grande per chi aveva posto fiducia nel loro sostegno, o soccorso, si è ricevuto come risposta che, semplicemente, li “guardavano”, dimostrando così, di porre così tanta enfasi nel proprio solo “guardare”, i loro “seguaci” e quanto fosse caduto naturalmente nel loro raggio di percezione, da sembrare, a tratti, inverosimile.

Ma, forse, è questo il più grande “compito” – o, forse addirittura l’unico – ammesso che ne esista uno, ammesso che esista qualcosa del genere, degli operatori ed esseri di Luce. Guardare, genuinamente, autenticamente, con gli occhi dell’Amore.

E, in tal modo, [ri]vedere l’Amore. Namasté.

 

Un Saluto di Cuore, nel gioco Infinito di ciò che sempre È [Vita].

Marius L.