Il bene dell’Amore..-

 

La luna splende nel mio corpo; ma i miei

ciechi occhi non possono vederla.

La luna è in me e pure il sole.

L’impercosso timpano dell’Eternità vibra

sonoro dentro di me; ma i miei orecchi

sordi non possono udirlo.

Fino a quando l’uomo contenderà

per l’Io e per il Mio, vano sarà il suo lavoro:

quando l’amore dell’Io e del Mio, si estinguerà, allora l’opera di Dio sarà fatta.

[da “I Cento Canti di Kabir”]

__________

 

Noi siamo Dio. Tutto è Dio. E Dio è presente nella creatura più grande, così come nella più piccola, di questo universo.

Tutto è un illusione. Quindi, anche Dio, o il nostro concetto di esso, non sfugge a questa verità. Sicuramente però, non è un illusione il fondamento di quest’ultima, la Sorgente, ciò che è prima e ciò che sarà dopo, qualsiasi apparenza dovesse mai venire in essere.

L’amore è a base di tutto, qualsiasi sia la sua modalità di estrinsecazione nella presunta realtà, e stato di sperimentazione nelle varie essenze.

Se l’amore incondizionato ha qualcosa di ideale per questo spazio, anche le forme in qualche modo terrene di esso sono augurabili.

Se tutto si svolge senza alcuna eventualità di procurare ferite ad alcun altro, allora l’obiettivo per certi versi raggiunto.

L’armonia è sempre, e per molti versi, la misura di tutto. Se le cose procedono in maniera adeguata, armoniosa, e i vari esseri coinvolti si sentono in pace innanzitutto, allora la strada può comunque essere corretta, indipendentemente dai pregiudizi o dalle convinzioni personali e della consapevolezza sociale.

È per certi versi strano, e tuttavia molto comune nei collettivi della matrice, che si rifiuti l’amore, o varie forme di esso.

E, ci si chiede, perché lo si respinge, rimanda, ricusa, disapprova?

Non che l’obiettivo sia quello di corrispondere ad ogni possibile aspettativa, la maggior parte delle quali non sono poi esattamente nostre, o delle entità implicate, ma impresse e trasfuse dal sistema.

Tuttavia tutti meritano, credo lo si possa affermare decisamente – di esseri amati, e in ognuno è presente qualcosa che comunque potrebbe spingere tanti a considerarlo oggetto di attenzione.

Per questo, quando si proclama l’amore verso una creatura o un’altra, raramente si mente, perché sicuramente quell’essere dispone di ciò che, al di là delle preferenze e dei gusti, delle opzioni, karmiche, familiari e diffuse, e di molto altro, è in grado di suscitare un amore sincero da parte di coloro che sanno leggere e andare oltre le apparenze imposte dai meccanismi artificiosi e alterati di una realtà contraffatta.

Questo, come si diceva, non significa necessariamente corrispondere ad ogni speranza o desiderio più o meno lecito.

Significa solo che l’amore preserva in ogni modo tantissimi aspetti e dettagli, ciascuno dei quali meritevole di essere esplorato oltre che sentitamente onorato, spettando alla fine alla generosità di ogni essere garantirne l’estensione.

Perché se l’infida matrice remunera ingannevolmente chi fugge, chi meno si espone, e chi rimane estraneo ad ogni emozione e sentimento, passione ed empatia, secondo la formula di sempre prendere e mai dare, la spiritualità in qualche modo più vera tenderà, in questo spazio, a prediligere invece l’abbraccio, la magnificenza e la prodigalità, l’apertura e la disponibilità verso chicchessia, assieme alla libertà più assoluta e pura, e l’arditezza, il coraggio e la profusione.

Ciò che alla fine intimamente avvolge e coinvolge nell’infinitezza dell’essere primario…-Namasté! Marius L.-

La libertà come respiro di vita…-

 

O servo, dove mi cerchi?

Guarda! Io sono vicino a te!

No sono nel tempio né nella moschea….

Non sono nei riti, né nelle cerimonie; non sono nello yoga, nella rinuncia.

Se tu sei un cercatore mi vedrai immediatamente: Mi incontrerai in un attimo.

Kabir dice: ”O santo! Iddio è il respiro di ogni respiro.”

[da “I Cento Canti di Kabir”]

 

Indipendentemente da come siamo stati generati, il seme della libertà era, fin dall’inizio, perfettamente e intimamente connaturato con l’essenza che accompagnava il primo impulso.

Noi nasciamo liberi, l’universo nasce libero, tutti gli esseri nascono liberi con, proprio al limite, un’unica minima istruzione: rendere conosciuto lo sconosciuto, al fine di permettere al creatore di conoscere sempre più parti di se stesso, ovvero le indefinite, o infinite, modalità esistenziali di ogni materiale manifestato.

Se con l’infinita libertà che nessuno ha in ogni caso la capacità o l’autorità di garantirci, non esistendo in alcun senso una eventualità di tal genere, ci siamo limitati, o addirittura imprigionati, questa è una cosa che dobbiamo discutere e ragionare esclusivamente con noi stessi, intendendo – o comprendendo – con quest’ultima locuzione l’intero corpus multidimensionale della nostra espressione.

Se la vita è piena di eroi, perché ogni male è sempre accompagnato dall’equivalente bene, il nostro eroismo è soprattutto conoscere noi stessi, o ricordarci chi siamo, o eravamo, al principio.

Nessuno può salvarci, perché, come accennato, nessuno ne avrebbe il potere, a meno che non glielo riconosciamo – cosa che ci porterebbe all’assunto di partenza. E la reunion di cui spesso si parla nelle comunità degli esseri che hanno scelto l’amore, ha a che vedere più con il cuore, con il desiderio di ritrovarsi, con la propria famiglia, con i propri amici galattici, i compagni di avventura di sempre, che qualche tempo fa ci hanno spronato per queste sperimentazioni.

Se questa parte di spazio è piena di insidie e trabocchetti, la nostra partecipazione al gioco ha a che vedere proprio con la destrezza e l’arditezza. Mentre, quando sganciati da tutti i tentacoli dai quali ci siamo fatti avvinghiare, l’essenza primaria, che risuona sulle note della liberà assoluta, quella che nessuno potrà mai strapparci, non potrà non ritornare di nuovo come nostro respiro di vita. -Namasté! Marius L.-

Amare l’Amore..-

 

È vano chiedere ad un santo la casta a cui appartiene;

Poiché il sacerdote, il guerriero, il mercante, e tutte le trentasei diverse caste, cercano egualmente Dio.

Folle cosa è dunque il chiedere quale possa essere la casta di un santo …

….

Indiani e Musulmani hanno egualmente raggiunto quel Fine dove non sussistono segni di distinzione.

[da “I Cento Canti di Kabir”]

 

Noi siamo la Forza, e siamo ugualmente il potere assoluto. Perché discendiamo dalla suprema Energia, e dall’Unica Sovranità.

Si dice che la Luce non cerca il potere. E, in effetti, non ne ha bisogno.

A cosa dovrebbe servire quello infatti, in un mondo intriso, inondato, e guidato dall’amore?

Eppure, nella dualità, dove sono in gioco varie dicotomie, dove una prevale spesso a discapito dell’altra, la forza conserva inevitabilmente una sua funzione.

Da una parte, chi è debole cerca di asservire, dall’altra, chi ama, permette – ma il termine non è in alcun senso corretto – di vivere, sperimentare, comprendere qualsiasi cosa.

Così potrebbe apparire superfluo domandarsi dove sta alla fine il reale potere, e dove possa trovare dimora l’effettiva Forza.

Perché da una parte vi è la vita, con tutta la sua bellezza e le sue infinite varietà e sfaccettature. Dall’altra annichilimento e distruzione.

E potrebbe sembrare altresì eccessivo chiedere di scegliere.

Perché, come si fa a scegliere la morte al posto della vita, e la detrazione a fronte della celebrazione?

Eppure molti non sanno che scelgono continuamente le prime a danno delle seconde.

Come è possibile?

La vita però è tale solo se la si celebra. E la si può vedere solo negli occhi dell’autentica purezza. E nel cuore di coloro che non feriscono, né chiedono, né si umiliano, né blandiscono, né adulano, per parafrasare Bhag Baba.

Se ami non puoi ferire, e vorresti solo perderti nell’infinita profondità dell’amato/a, che è sostanzialmente lo stesso amore. Perché chi ama alla fine ama nient’altro che l’amore.

Che è il Principio e la Vita primigenia. Namasté! Marius L.-