Il primo a credere in te

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Sam 24,3-21

Salmo: Sal 56 (57)

Vangelo: Mc 3,13-19

 

Il Signore chiama a sé dodici discepoli, ciascuno con la propria storia ed esperienza di vita. La domanda che Egli oggi ci fa è: quanta strada hai fatto per arrivare fino a qui? Non sappiamo tanto dei discepoli di Gesù, come delle persone che incontriamo, ma il Signore ci conosce, sa chi siamo e quanta strada abbiamo percorso.

Oggi sei invitato a riflettere sulla tua storia personale, Egli ti sta chiamando a sé, affinché tu possa riconoscere nella tua storia, la Sua. Gesù chiama ognuno di noi a stare con Lui, ciascuno nella propria forma di vita.

Essere chiamati vuol dire in prima analisi essere conosciuti e avere fiducia. Egli si fida di noi, di ciò che possiamo dare e lo fa a partire dalla consapevolezza di sapere chi siamo; ad ognuno affida lo stesso impegno: stare con Lui e andare a predicare con il potere di scacciare i demòni, ma ciascuno lo farà a suo modo, perché ogni persona è diversa e questo il Signore già lo sa.

Da quei dodici discendiamo anche noi, i nostri passi sono preceduti da coloro che hanno risposto ad una chiamata di fiducia. Se questo discorso ci sembra così lontano dal nostro modo di vivere, chiediamoci soltanto per un momento: e se ci fossi anch’io? Se anche io fossi chiamata/o a stare, ovvero a relazionarmi con una persona che ha fiducia di me, che mi conosce, e sa quali risorse posso donare? Non proveremmo anche noi a conoscerla?

Quei dodici che il Signore ha chiamato sicuramente avranno avuto delle difficoltà, dei caratteri forti, dei dubbi, ma fare esperienza di fiducia, rendersi conto nella propria storia, che c’è Qualcuno pronto a scommettere su di te, gli ha fatto rispondere: sì. Abbiamo bisogno di sapere che qualcuno crede in noi; il Signore desidera che crediamo in Lui, ma anzitutto che è Lui il primo a credere in te.

Oggi sai dove sei? Nel punto della tua storia dove il Signore ti invita a scoprire che è Lui a credere in te, perché la tua vita si realizzi in pienezza e tu possa dire: ha creduto in me anche quando non lo sapevo, e la mia vita è diventata una missione.

 

 

Una folla di salvati

 

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Prima lettura: 1Sam 18,6-9; 19,1-7

Salmo: Sal 55 (56)

Vangelo: Mc 3,7-12

 

Una grande folla raggiunge Gesù da ogni parte, non importa dove siamo, in qualsiasi punto è possibile raggiungere Gesù. Possiamo anche essere lontani, può essere la curiosità a spingerci ad andare, il bisogno di guarire, il Signore fa smuovere e inizia un viaggio che porterà all’incontro con lui.

In questo Vangelo si parla spesso della folla, e tendenzialmente si pensa a un numero di persone molto elevato, dove non è possibile percepirne i volti, ma questa folla non è anonima.

Nel testo, si parla di coloro che per sentito dire andavano da Gesù, altri invece volevano essere guariti e si gettavano su di Lui per toccarlo, si parla persino degli spiriti impuri che cadevano ai suoi piedi e gridavano. Ogni persona ha un ruolo ben definito davanti a Gesù, noi dobbiamo solo capire dove collocarci e la straordinaria novità, è che in qualsiasi posizione siamo, tutte le strade portano alla comunione con Dio. Chiunque è nella folla non sarà rimandato indietro, ma riceverà il dono di una relazione con Lui.

Il Signore desidera tu sappia che non sei solo un partecipante della folla, ma ha cuore la tua vita, tu sei a un punto preciso della tua storia dove Egli desidera incontrarti; si fa spazio su una barca, affinché la folla non lo potesse schiacciare e tu rischiassi di non vederlo.

Incomincia il tuo viaggio parti da dove sei, con il bagaglio delle tue fatiche e incomprensioni che accompagnano le tue giornate, con tutto il tuo desiderio di bene, di bello e vai da lui. Vedrai attorno tanta gente desiderosa di incontrarlo, persone titubanti e altre da conoscere e scoprire, ma la cosa che ci accomuna è proprio Gesù, grazie a Lui siamo una folla, si, ma una folla di salvati.

 

 

L’invito a metterci in mezzo

 

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Prima lettura: 1 Sam 17, 32-33. 37. 40-51

Salmo: Sal 143 (144)

Vangelo: Mc 3,1-6

 

Il Vangelo di oggi ci parla di persone che hanno il cuore duro, tanto da giudicare. Sembra un fatto attuale, chissà quante volte ci è capitato di sentirci giudicati, non capiti, oppure anche noi abbiamo giudicato, applicando i nostri schemi mentali agli altri, quasi come se fossero una legge.

In entrambi i casi l’invito di Gesù è di metterci in mezzo, per guardare dal centro la situazione che stiamo vivendo, possiamo essere la persona la cui mano è paralizzata, o coloro che la paralizzano, ma l’invito di Gesù è vedere da un’altra prospettiva.

Nel centro del mediastino troviamo il cuore, è da lì che dobbiamo osservare la nostra vita. L’ invito è mettersi in mezzo per trovare Gesù che rattristato, desidera che tu tenda la mano per guarire. Egli è il primo vuole insegnarci ad avere coraggio per andare oltre, Lui non ha paura di ciò che sta per accadergli, per te ha messo in gioco tutto se stesso.

Desidera tu abbia una vita da salvato, da guarito e a partire da quella prospettiva tu possa guardare il tuo quotidiano, le persone che incontri.

Sia che riconosciamo Gesù o no, sia che siamo giudicati o giudicanti, Egli sceglie di mettersi al centro con noi, non importa come sei arrivato li, ciò che conta, è che quando dal mezzo ritornerai dov’eri, sarai una persona nuova. Avrai fatto un’esperienza diversa, attraverso la quale sarai capace di tendere la mano a coloro che incontri, in te ci sarà una nuova vita che sarà capace di dare vita anche agli altri. Coraggio allora, mettiti nel mezzo, parti dal cuore.

 

 

La legge più grande di tutte le altre

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Prima lettura: 1Sam 16,1-13a

Salmo: Sal 88 (89)

Vangelo: Mc 2,23-28

 

C’è una legge più grande di tutte le altre, che il Signore desidera impariamo ed è la legge dell’amore.

Gesù nel Vangelo difende i suoi discepoli dalle accuse dei farisei, perché prendono le spighe in giorno di sabato e ci parla di Davide, che il Signore sceglie per diventare re, anche lui si legge nel testo, viola le regole e con i suoi compagni mangia il pane dell’offerta.

Cosa ci vuole insegnare il Signore? Egli desidera che la nostra unica regola sia la carità. Gesù illumina la legge, ne da un indirizzo nuovo: la carità. È da essa che scaturiscono le altre, e se così non fosse ci troveremo ad eseguirle solo con la testa e non con il cuore.

Non si tratta più solo di seguire alla lettera un comando, ma il COME. Il Signore ci chiede oggi come facciamo le nostre azioni? Cos’è che ci muove? Capendo chi è il Signore delle nostre azioni, potremmo orientarle al bene e percepire la legge di Dio, non come un ordine a cui corrisponde una punizione, ma qual’è realmente, una direzione per camminare; come per i discepoli che erano con Lui, che nel cammino imparano chi è il Signore che stavano seguendo.

Lasciamoci istruire il cuore e la mente, poniamo davanti a Lui le regole che spesso ci imponiamo e chiediamoci da dove vengono. Liberiamoci dalle catene del “dover fare” delle cose e cogliamo anche noi la spiga della semplicità, lasciamoci nutrire da colui che è il vero pane, il nutrimento delle nostre azioni, il custode della vera legge.

 

 

Invitati a nozze

 

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Prima lettura: 1Sam 15,16-23

Salmo: Sal 49 (50)

Vangelo: Mc 2,18-22

 

L’invito che oggi il Signore ci fa e di sentirci come degli invitati a nozze. Si paragona allo sposo affinché tu possa capire che il suo impegno è per tutta la vita, la tua. Non ti lascerà mai solo. Ai tuoi sacrifici, alle tue mancanze, ai tuoi vuoti è arrivata una risposta, ora è il tempo della pienezza, della festa. Il tempo in cui tu sei testimone di un amore più grande, che arriva persino al sacrificio.

Egli è colui che rinnova il tuo digiuno, non sentirai più quel vuoto delle tue colpe che ti fanno sentire mancante, perché Egli è venuto per te. Gesù vuole che tu sappia quanto la tua relazione con Lui è importante, gli stai a cuore, al punto da sollevarti dal peso dei tuoi errori e tu possa ricominciare.

Quante volte cerchiamo di rattoppare pezzi della nostra vita, cuciti uno sull’altro con delle cicatrici, Egli è venuto a rendere nuova la nostra vita.

È venuto affinché potessimo farcela e quando la vita ci darà delle difficoltà e sarà per noi come tornare a digiunare, non sarà più un vuoto come un tempo, ma sarà una scelta: la scelta di non riempire la nostra vita, il nostro vino in otri vecchi, ma otri nuovi. L’otre nuovo di chi ha una speranza, l’otre della memoria di chi ha conosciuto colui che ci ha a cuore, l’otre del coraggio che non si lascia buttare giù nella caduta, ma si rialza perché a terra ha trovato colui che gli ha dato la spinta per farlo.

Ovunque tu sei, in piedi o a terra, guarda attentamente c’è Qualcuno che desidera tu riesca, viva, ama e cammina.

 

 

Il vino buono

 

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Prima lettura: Is 62,1-5

Salmo: Sal 96 (95)

Seconda lettura: 1Cor 12,4-11

Vangelo: Gv 2,1-11

 

Non dev’essere stato facile trasportare delle anfore contenenti da ottanta e centoventi litri d’acqua, e soprattutto sapere che in quelle anfore c’era dell’acqua e non del vino. Quei servitori si fidano della parola di Maria, che gli dice: “qualsiasi cosa vi dica fatela”.

A volte anche noi abbiamo dei pesi da portare molto grandi, che ci sembrano senza una svolta, senza una fine. Abbiamo dei vuoti che ci appaiono incolmabili e non sappiamo come fare. Oggi il Vangelo ci vuole dire che nel momento giusto, quelle anfore riempite di acqua possono arrivare contenere del vino buono. L’invito è fidarci di una parola, non una parola qualsiasi, ma di qualcuno che l’ha fatto prima di noi: Maria.

Il grande segno che Gesù compie non è solo trasformare l’acqua in vino, ma renderlo vino buono. Cos’è che è davvero buono? Tendenzialmente quando una cosa è buona lo è per alcuni, la differenza è che Gesù quando fa una cosa buona, la fa per tutti, nessuno escluso.

“Questo fu l’inizio dei segni”, cominciamo qui il nostro cammino con Gesù partendo da questa consapevolezza, che quando sembra ci manchi qualcosa o abbiamo dei pesi difficili da portare, non dobbiamo scoraggiarci. Il Signore usa tutto, persino quell’anfora vuota riempita di sola acqua, la nostra situazione di vuoto, affinché questa mancanza diventi una pienezza, una pienezza buona, non solo riconoscibile da noi, ma da tutti.

Il Signore vuole per te una vita piena, buona, desidera che mentre stai portando il tuo peso, non pensi di essere solo, Gesù è con te a portare la tua anfora, è pesante, non piangere. Egli ha preparato per te del vino buono, Lui stesso è il tuo vino che non finirà mai, affinché tu possa gustare di un amore buono, che ama perdona e soprattutto è lì con te da sempre.

 

 

Il sapore del perdono

 

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Prima lettura: 1Sam 9,1-4.17-19.26a; 10,1a

Salmo: Sal 20 (21)

Vangelo: Mc 2,13-17

 

 

Il Vangelo di oggi ci invita a pensare ai nostri sbagli, ai nostri peccati, in tutte quelle situazioni che non ci siamo sentiti giusti, e le nostre azioni volte a una ricerca di felicità, si sono rivelate un errore, un boccone amaro.

Nel testo non vengono descritti i tipi di peccati, questo perché in fondo chi di noi non ha mai sbagliato? Chi non ha mai peccato?

La vera domanda che il Signore oggi ci fa, non è tanto se abbiamo peccato o no, ma se abbiamo riconosciuto che davvero il Signore è venuto per noi in quella condizione, se davvero abbiamo colto che Gesù non è venuto quando eravamo giusti, quando non avevamo sbagliato, è venuto proprio perché eravamo così, peccatori. Lo dice chiaramente: “non sono i sani che hanno bisogno del medico ma i malati”.

Gesù è venuto per guarire, per guarirci dalla malattia di credere, che per arrivare a lui bisogna essere giusti. Perché questo? Perché il Signore attraverso il nostro errore ci fa sperimentare un amore più grande, una vita rinata, ci fa sperimentare che non tutto è perduto, e a partire da quell’errore, da quella esperienza d’amore, possiamo percorrere una nuova via. Allora possiamo vederci tutti intorno a quel tavolo con Gesù, a quella mensa.

Egli pane vero si fa nutrimento, è venuto per me, per noi, si fa cibo per sostituirsi a quel boccone amaro che lascia il peccato, perché grazie a Lui potessimo ripartire da quel pane spezzato che ha in sé il sapore del perdono, del buono per tutta la nostra umanità.

 

 

Portati per essere rialzati

 

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Prima lettura: 1Sam 8,4-7.10-22a

Salmo: Sal 88 (89)

Vangelo: Mc 2,1-12

 

 

Ci sono quattro persone che portano il paralitico a Gesù, non si fanno fermare dal fatto che non possono entrare dalla porta, addirittura scoperchiano il tetto, una cosa alquanto insolita se si pensa. Usano tutte le loro forze per caricare il paralitico e scoperchiare un tetto, è una fede forte. Di loro poi non si sa più nulla, non c’è scritto che entrano in casa o forse non ne hanno bisogno, sanno già che il Signore lo aiuterà.

Nella casa entra solo il paralitico, da lì in poi ce la potrà fare da solo, incontrerà Gesù, lo guarirà e lui tornerà a camminare con le sue gambe. E quegli uomini che l’hanno portato, dove sono finiti? Il paralitico probabilmente non li dimenticherà mai e ogni volta che camminerà, si ricorderà di loro e li assocerà a Gesù.

Anche noi siamo chiamati a essere un mezzo, attraverso il quale Gesù può entrare nelle vite degli altri. Siamo chiamati a far memoria di quando eravamo “paralitici” e c’è stato un incontro, un volto, una persona, una parola che ha scoperchiato il tetto della nostra incredulità, della nostra fragilità.

Oggi siamo invitati a ricordare quei momenti, che sono stati una breccia attraverso il quale abbiamo potuto incontrare il Signore. E se ora tali parole ci sembrano lontane dalla nostra esperienza e non abbiamo il coraggio di lasciarci portare, questo episodio raccontato non è solo per pochi, ma è per tutti. È stato scritto affinché sia di memoria e fiducia, perché tu sappia che la tua vita, non è fatta per essere ferma nella condizione in cui ora sei, ma è una vita rialzata, sotto gli occhi di tutti.

 

 

Segni di guarigione

 

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Prima lettura: 1Sam 4,1b-11

Salmo: Sal 43 (44)

Vangelo: Mc 1,40-45

 

L’episodio del Vangelo di oggi, ci mette di nuovo davanti una mano che tende per sanare, per guarire, sembra proprio che Gesù ci stia tenendo per mano per farci scoprire il Suo volto, cosa fa per noi.

Oggi ci parla della lebbra, una malattia per la quale venivi messo in disparte, ai margini, ti allontanava da tutti, ed era una malattia che tutti potevano vedere. Quante volte ci portiamo i segni del nostro dolore, delle nostre fatiche, impossibili da nascondere e oggi sopraggiunge a noi una parola che dice: io voglio che tu sia purificato. Egli desidera che tu non solo sia guarito, ma che tu non abbia più segni. Quest’uomo supplica, è in ginocchio, non ce la fa più e si fida di Gesù, addirittura gli dice: “se vuoi, puoi” e Gesù dice: “Lo voglio”.

È bastato un attimo, non c’è voluto molto, quel lebbroso non ha più segni, c’è un segno più forte che Gesù gli lascia e lascia anche a noi: l’esperienza della guarigione. A te che hai sperimentato il Suo passaggio nella tua vita, non fermarti alla sofferenza che hai vissuto, alle cicatrici lasciate, ma fai spazio in te a quanto il Signore ti ha sanato, al ricordo di quel giorno, in quella situazione in cui hai sentito rivivere in te la vita.

E se ciò non è ancora capitato, proseguendo la lettura del testo, Egli ha qualcosa da dire anche a te. Vediamo che la conseguenza di questa guarigione porterà Gesù stesso fuori dalla città, si deve ritirare in luoghi deserti, perché il lebbroso non ha taciuto. Si mette nella tua stessa condizione, affinché tu possa sentirlo presente, nel tuo luogo fatto di deserti, viene a vivere nelle tue cicatrici, non sei solo in quella ferita che ti fa soffrire e non riesci a lasciare, il Signore è con te, è presente affinché da lì tu possa ripartire, non dalla guarigione, ma dalla tua stessa ferita.

 

 

Una mano tesa

 

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LITURGIA DELLA PAROLA   (clicca qui)

Prima lettura: 1Sam 3,1-10.19-20

Salmo: Sal 39 (40)

Vangelo: Mc 1,29-39

 

 

Pensiamo a tutte quelle volte in cui ci sentiamo a terra e avremmo bisogno di una mano tesa per aiutarci, avremmo bisogno di sentire il contatto umano, un aiuto, un conforto.

Gesù è venuto a fare proprio questo, lo vediamo nel brano del Vangelo di oggi, in cui si avvicina alla suocera di Pietro e la tira su prendendola per mano. “La febbre la lasciò” sembra quasi che Gesù rialzandola, prenda su di sé questa febbre. Egli è venuto a prendere su di sé tutti i nostri mali, le ferite, le febbri, tutto cio che ci paralizza, i nostri peccati, affinché noi potessimo ripartire come questa donna, che guarita cominciò a servire come Gesù, e in quel toccarle la mano è avvenuto uno scambio: Egli le ha donato non solo la guarigione, ma anche un po’ di sé.

Nel liberarti dal tuo male, Gesù non solo ti dona la capacità di rialzarti e ricominciare, ma ti lascia il segno di sé, affinché gli altri possano scorgere i segni della Sua Risurrezione, impressi su di te e nel tuo servire il Suo servire.

Egli non solo ti rialza, ti perdona, ma ti fa un dono grande: permette che tu attraverso questo scambio possa ricordarti di Lui, e quando ricadrai e ti sembrerà impossibile avere un’altra possibilità, sarà per prima la tua stessa mano a tendersi per rialzarti, perché in te c’è una vita da risorto più forte del tuo male. E ti ricorderai di Lui, della prima volta che ti ha teso la mano e crederai a colui che nella notte ha messo il sole dentro di te. Ora rialzati e non temere c’è una mano tesa verso di te.