Esperimenti

Ho voluto fare una prova.

Preoccupata di dover gestire gli auguri di varie decine di semi sconosciuti in occasione del mio compleanno, ho sospeso preventivamente il mio account di facebook.

Mi sono arrivati in tutto 3 sms, di cui 2 da familiari e uno da un vecchio amico risalente all’epoca pre tecnologica.

Anche sul posto di lavoro ho taciuto la ricorrenza, così niente falsi sorrisi, abbracci forzati o vassoi di pasticcini dovuti.

Un senso di liberazione, di pace. Io stessa me ne sono quasi dimenticata.

Temevo che mi sarei sentita delusa, come un’isola disabitata.
In realtà è stato così, ma la sorpresa vera è stata il fatto di sentirmici bene, perfettamente a mio agio.

Questo mi ha fatto riflettere su come le piattaforme social diano una visione distorta sull’effettiva consistenza del ‘parco amicizie’.
Niente di più fasullo e illusorio.

Tra qualche giorno riattiverò il mio account, come se niente fosse successo.

E d’ora in poi farò sempre così.

Invidia

La mancata accettazione di noi stessi ci porta ad una cattiva convivenza con l’altro.
E fin qui nulla che non si sia già detto.

Mi trovo ad attraversare una fase nella quale questo disagio si è notevolmente aggravato.
L’esserne consapevole non mi aiuta affatto.
Cambiare? Mutare quelle cose che mi rendono arduo accettare alcuni lati di me e che mi portano a provare quel brutto sentimento del quale detesto anche pronunciare il nome, che ho sempre rifiutato e aborrito?

Magari! Però di quello si tratta. Invidia.
Questo mi fa vergognare, ancora di più, di come sono e di quello che sto provando.

Ed ecco salire il disagio, il desiderio di essere qualcos’altro, di essere altrove, di non sentire, di essere indifferente, di isolarmi ancor di più.

Ma i desideri, si sa, soprattutto di questo genere, sono destinati a restare insoddisfatti.

Nel post precedente ho parlato di ‘imbrogliare la vita’.

Dovrò impegnarmi ad imbrogliare me stessa e andare avanti a testa bassa.

Snoopy-Peanuts-invidia

Meditazione

Non ho mai ben capito cosa si intende per ‘meditazione’.
Riesaminare a fine giornata ciò che è successo, fare considerazioni, capire i perchè, riflettere sulle situazioni? O forse no.

In effetti no, non l’ho mai capito. Si dice che debba essere una cosa utile, ma se provo a farlo mi scopro a rimuginare e finisco col piangermi addosso.
Quindi utilità ‘zero’.

Ad esempio, spesso mi ritrovo a scandagliare la mia giornata “tipo”.
La prima parte riguarda il lavoro. Incontro tante facce, bocche che parlano e sorridono, qualche volta al mio indirizzo.
Stati d’animo, disappunti, molto nervosismo, rancore inespresso ma intuibile da una sguardo che sfugge, una fronte che si aggrotta.
Qualcuno si mostra amichevole, espansivo, cordiale. Ma il diavoletto seduto sulla spalla mi dice che quel sorriso nasconde un tornaconto …
“ti chiederà un favore molto personale entro la fine della mattinata”.

Infine saluti e “a domani”.

E poi passo alla seconda parte della giornata. Il più delle volte fatta di niente. Silenzio, rumori di sottofondo, voci in lontananza, un po’ di vento, le serie tv in streaming, il cane e il gatto di casa.

Niente, appunto.

La mia meditazione finisce qui.

Non mi fa sentire meglio, né mi fa dormire meglio.
O non mi fa dormire affatto.

E poi via, alla ricerca di un altro espediente per imbrogliare la vita.

 


 

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