RACCONTI & OPINIONIPagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti |
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Messaggi del 09/05/2014
Post n°8844 pubblicato il 09 Maggio 2014 da cile54
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Post n°8843 pubblicato il 09 Maggio 2014 da cile54
Torna la Million Marijuana March Per dire che non stanno né con le narcomafie né con le multinazionali del tabacco e del farmaco, che sono contro i monopoli e la mercificazione, contro ogni proibizionismo, ma soprattutto per il diritto di coltivare la cannabis, per l’autogestione dei propri usi e la libertà di scelta e di cura, hanno coniato un nuovo termine che racchiude tutti questi concetti: «umanopolio». In altre parole, il monopolio degli umani sui beni comuni, patrimoni dell’umanità intera non cedibili ai mercati. È questo lo slogan della 14esima edizione italiana della Million Marijuana March, in programma sabato prossimo in centinaia di città del mondo (a Roma partenza da Piazzale dei Partigiani alle ore 16, fine del percorso a Piazza San Giovann con termine alle 23). L’evento è stato presentato ieri, nel corso di una conferenza stampa alla Camera dei deputati durante la quale è stata resa pubblica anche la Carta dei diritti delle persone che usano sostanze, realizzata dalle reti di operatori, dalle associazioni e da chiunque abbia a che fare con le droghe, le cui basi erano state gettate nella due giorni che si è tenuta a Genova lo scorso febbraio. «Si tratta di una sorta di carta costituente, con la quale i consumatori rivendicano il loro diritto di cittadinanza, a essere accettati per quello che sono, senza essere perseguitati e soprattutto nella prima parte prende spunto dalla Carta dei diritti umani delle Nazioni Unite», ha spiegato Alessandro «Mefisto» Buccolieri, tra gli storici organizzatori della Million Marijuana March. Una Carta, aggiunge, «entro la quale e non oltre dovrà muoversi chi vorrà legiferare in materia senza calare leggi dall’alto e contro il sentire delle persone interessate da questi provvedimenti». Superata la Fini-Giovanardi, una delle leggi più repressive al mondo, bocciata pochi mesi fa dalla Consulta, gli organizzatori italiani della Mmm (presenti ieri le associazioni Forum Droghe e Antigone, oltre al deputato di Sel, nonché storico attivista del centro sociale milanese Leoncavallo, Daniele Farina), ribadiscono le loro richieste che restano le stesse di sempre ma vengono oggi rilanciate in un clima politico mutato. Al primo posto c’è «la fine della persecuzione delle persone che utilizzano sostanze rese illecite dal proibizionismo, il diritto all’uso terapeutico immediato per i pazienti che necessitano della cannabis, a coltivare liberamente una pianta che è un pezzo del patrimonio botanico del pianeta e che appartiene all’umanità intera». Infine, «l’abolizione del Dap (il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio) che arroga a sè, espletandole con un furore ideologico e un accanimento degno della peggiore propaganda proibizionista, funzioni che dovrebbero essere molto più pragmaticamente di competenza dei Ministeri della salute, della giustizia e delle politiche sociali». Nei prossimi giorni, gli organizzatori dell’edizione italiana della marcia mondiale antiproibizionista hanno inoltre previsto una serie di workshop e seminari di approfondimento. Venerdì 9 maggio, al centro sociale Forte Prenestino, si analizzeranno gli scenari che si sono aperti in seguito alla cancellazione della legge Fini-Giovanardi sulle droghe. Tra gli ospiti anche Martin Barriuso, portavoce della Federación de Asociaciones Cannábicas, principale organizzazione iberica che si batte per il diritto all’autocoltivazione della cannabis. Alessandro De Pascale 08/05/2014 www.ilmanifesto.it |
Post n°8842 pubblicato il 09 Maggio 2014 da cile54
Ikea. La schizofrenia del giornalista padronale Dev'essere proprio dura, per un cronista, lavorare per il giornale di Confindustria. Sempre lì a non dare l'impressione che i padroni hanno sempre ragione (sono quelli che ti pagano, del resto), anche quando la realtà ti picchia infaccia con immagini e concetti semplici. L'ignoto cronista de IlSole24Ore, però, stavolta ha dovuto superare se stesso. Incaricato di stendere in pochissime righe quanto è accaduto all'Ikea di Piacenza, due giorni fa, è riuscito nella straordinaria impresa di dar ragione ai padroni e alla polizia che mena, ma anche a scrivere che la ragione "strutturale" - purtroppo - è prprio forte. Leggiamolo: "E' un'altra immagine che non fa onore all'Italia quella che si è consumata ieri a Piacenza, dove una multinazionale come Ikea è stata costretta a chiudere i magazzini che riforniscono tutto il paese (e parte dell'Europa) per le proteste violente di poche decine di facchini". Fin qui nessun problema di "coerenza". Ci si indigna perché un "multinazionale perbene" - casualmente fondata e amministrata per decenni da un collaborazionista dei nazisti - è stata costretta a interrompere la distribuzione dei mobili. Si potrebbe obiettare che i mobili non sono un bene irrinunciabile nell'arco di pochi giorni (li compri oggi o tra una settimana non cambia granché). E nemmeno serve ricordare che le "proteste violente" sono consistite nel sedersi per terra e prendersi un sacco di manganellate dalla polizia che stava in piedi (ci sono un sacco di video, tra cui questo). Del resto, persino il Tg3 "democratico" parlava di "scontri" mentre volavano le mazzate su facchini indifesi. Il cronista continua dando sinteticamente la versione dell'impresa (che non è Ikea, anche se quei facchini lavorano dentro Ikea e lì di fa solo "logistica" - ossia carico e scarico dei mobili da montare - senza alcuna "produzione"). "La cooperativa che ha in appalto la movimentazione merci del colosso svedese sostiene che i picchetti messi in scena dai 33 soci lavoratori, sospesi dopo aver parallizzato un intero reparto, sia solo un pretesto". Purtroppo non ci dice quale. Per quale motivo 33 "soci lavoratori" - definizione che nasconde quasi ovunque una condizione di subordinazione e precarietà totale - dovrebbe aver inscenato "pretestuosamente" una protesta da cui sapevano - era già accaduto - che avrebbero guadagnato soprattutto botte? Mistero... Qui il povero cronista perde però il filo e la fedeltà all'azienda madre (Confindustria): "Ma è una miccia che riaccende il fuoco latente da anni, perché le condizioni di lavoro nella logistica sono un nodo irrisolto che non può essere lasciato alla emrcè dei Cobas, che a intermittenza bloccano i cancelli di Granarolo, Amazo, Tnt, Ikea". C'è un "nodo irrisolto", che è costituito dalle condizioni di lavoro in questo settore. Ed è in mano "ai Cobas" (definizione che comprende - secondo i giornalisti - l'intera galassia dei sindacati di base). Mentre sarebbe meglio se il rappresentante dei lavoratori fosse un bel "sindacato responsabile"; o, come declinava Maurizio Sacconi, "complice". Purtroppo in questo paese i lavoratori possono ancora scegliere da che sindacato farsi rappresentare (tranquilli, padroni! ci stanno pensando Cgil-Cisl-Uil con l'"accordo sulla rappresentanza" del 10 gennaio). E allora? "Il fatto che solo il 25% dei contratti nella logistica sia a tempo indeterminato e che tre facchini su quattro siano stranieri la dice lunga sulla precarietà del settore". Scivola sulla buccia di banana dei numeri: un contratto su quattro è stabile, e un dipendente su quattro è italiano. Tre quarti dei contratti sono precari e anche i migranti sono il 75% dei dipendenti. Forse non tutti gli italiani sono "stabilizzati" e forse non tutti i migranti sono precari (i padroni, si sa, non son razzisti per convinzione; solo per calcolo...). Ma sta di fatto che i tre quarti della forza lavoro ha salari da fame, vive sotto ricatto e qualche volta prova a liberarsi (un po') scioperando. A quel punto si capisce - anche da parte padronale - che in questo settore lo sciopero fa ancora male al padrone; perché nell'epoca del just in time è solo nella logistica che la fermata del tempo incide direttamente anche sui profitti. specie in tempi di crisi... Ma chi sono i padroni della logistica a Piacenza? Qui il povero cronista di Confindustria si suicida dicendo la verità: "E sono passati pochi mesi da quando, proprio a Piacenza, le Fiamme Gialle hanno scoperto una maxievasione da 18 milioni di euro a danno di 700 addetti in subappalto, sfruttati e sottopagati". Che vitaccia dura ti sei scelto, caro I. Ve... Redazione 8/5/2014 www.contropiano.org |
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Nel Paese della bugia la verità è una malattia
(Gianni Rodari)
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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