RACCONTI & OPINIONIPagine di Lavoro, Salute, Politica, Cultura, Relazioni sociali - a cura di franco cilenti |
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Messaggi del 02/05/2014
Post n°8831 pubblicato il 02 Maggio 2014 da cile54
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Post n°8830 pubblicato il 02 Maggio 2014 da cile54
È morto il poliziotto della lotta alle ecomafie. Ucciso dai veleni Eccola qui. Due anni di lavoro, di intercettazioni, di analisi. Tutto finito in un cassetto». Roberto Mancini la sua informativa di 239 pagine sui traffici di rifiuti la conservava con una cura quasi maniacale. Nella scrivania del suo ufficio al commissariato San Lorenzo di Roma il volume aveva un posto d’onore, nel cassetto sempre a portata di mano. La sua vita, in fondo, era lì, in quell’indagine che i suoi superiori e la magistratura hanno per un decennio evitato di leggere. Sapeva anche che in quelle pagine c’era la sua fine, l’origine del tumore al sangue che lo ha ucciso ieri mattina, dopo un trapianto tentato come ultima speranza di sopravvivenza. Scorie, veleni, scarti delle industrie del nord che per decenni sono finite interrate nelle terre del casertano e del basso Lazio, tra le case dei contadini e gli orti di quella che una volta chiamavano Campania felix. Un fiume di rifiuti che sembra non finire mai. Era preciso come un chirurgo il vice commissario Roberto Mancini: per due anni ha ascoltato le parole di Cipriano Chianese, l’avvocato-imprenditore di Parete (in provincia di Caserta), annotando i nomi delle società, rileggendo la documentazione intercettata, incrociando con cura i dati. Dieci anni prima che il nome Gomorra diventasse un libro di successo, aveva raccontato — da poliziotto all’antica — il mondo dei trafficanti. «Qualcuno mi derideva — raccontava — alcuni colleghi mi facevano trovare i modellini di camion della monnezza sulla scrivania». Eppure quella sua indagine avrebbe potuto fermare quello che per i magistrati napoletani è oggi un disastro ambientale, in grado di contaminare forse migliaia di ettari di terre. Quell’inchiesta è costata la vita a Roberto Mancini. Il contatto con i rifiuti sversati nelle terre campane gli ha provocato un linfoma Hodgkin, risultato fatale. Nel 1997 — una volta conclusa l’indagine su Cipriano Chianese — era stato nominato consulente della commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, guidata da Massimo Scalia. Fino al 2001 aveva continuato a seguire le tracce dei veleni, visitando siti e aree contaminate. Qualche mese dopo scopre la malattia. Il riconoscimento che ha avuto dallo Stato — dopo anni di battaglie — è stato di appena 5.000 euro. Nulla è arrivato invece dalla Camera dei deputati, che pure lo aveva visto lavorare come consulente in un ruolo ad alto rischio per quattro anni. Lo scorso anno aveva avviato una difficile causa con l’amministrazione di Montecitorio, che si è rifiutata di riconoscere una qualsiasi forma di risarcimento. Solo nei giorni scorsi l’ufficio di presidenza della Camera aveva messo in discussione la questione, su pressione di una raccolta firme di change.org. Mancini alla fine è morto, senza ricevere una risposta positiva. Ora la presidente Laura Boldrini assicura «che la Camera saprà essere vicina come è giusto alla sua famiglia». Andrea Palladino 01/05/2014 www.ilmanifesto.it |
Post n°8829 pubblicato il 02 Maggio 2014 da cile54
Troppa spesa sanitaria? Insostenibile è la vostra politica Ø “Taglieggiamo i soliti, tanto abboccano e ci votano pure” Ø Da chi lavora in sanità sei avvisi Ø Quanto ci costa la corruzione in sanità? Ø Speciale infermieri: il tortuoso tragitto dall’università al lavoro Ø Malasanità impunita: abortire tra gli obiettori Ø Aborto: impediamo che Annamaria venga uccisa due volte Ø L’ultimo regalo di Cota: ospedale Gradenigo al profitto Ø Sentenza giusta al processo contro la Clinica degli orrori Ø Strage ThyssenKrupp. Sentenza cassazione: giustizia al ribasso? Ø Newsletter formativa sulla sicurezza lavoro Ø Maggiore sicurezza per il lavoro d’ufficio Ø Sicurezza e salute nel lavoro in psichiatria Ø Lavoro, meritocrazia aziendale e sindacale Ø A rischio il lavoro al Sovracup della aslTo1 Ø Mediatori interculturali, tanti ma disconosciuti Ø il 25 maggio In Piemonte vota per degni servizi sociali e ritorno del lavoro. Ø il 25 maggio vota a sinistra per ridare all’Italia e a tutti i popoli d’Europa gli strumenti per scelte politiche umane ---- e altre notizie, articoli e commenti nelle 36 pagine |
Post n°8828 pubblicato il 02 Maggio 2014 da cile54
Quanti sono i nostri giovani che soffrono di ludopatia La ludopatia è l'ossessione compulsiva e irrefrenabile per il gioco d'azzardo, un'azione ripetuta in maniera incessante seguendo uno schema mentale indotto, una necessità subliminale. Un fenomeno molto frequente nella popolazione adulta che negli ultimi tempi è entrata a far parte delle abitudini di adolescenti e addirittura bambini. Lo afferma uno studio dell'Osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza, che ha puntato l'attenzione sul fatto che a volte i più piccoli hanno campo libero anche in considerazione della inconsapevolezza dei loro genitori, che spesso ignorano il significato del vocabolo in questione. Secondo questo studio, i ragazzi sono attratti dal gioco d'azzardo arrivando a scommettere la loro "paghetta settimanale" per seguire questo pericoloso "vizio", concentrandosi non esclusivamente su lotterie e slot machine, ma anche su scommesse, poker e fantacalcio. Le statistiche, riportate anche da varie altre testate nazionali, sono allarmanti, si parla di quasi un milione di adolescenti italiani tra i dieci e i diciassette anni che praticano gioco patologico puntando soldi, e sarebbero affetti da ludopatia anche i bambini, addirittura quattrocentomila tra i sette e i dieci anni scommetterebbero la paghetta data loro dai genitori su lotterie, bingo e scommesse sportive. Alcuni si comportano in questo modo per provare l'emozione del gioco, altri per divertimento, altri ancora per guadagnare soldi necessari ai loro acquisti. La maggior parte dei genitori ammette che il gioco patologico può riguardare i minori e ne è preoccupato, ma nonostante questo sembra essere all'oscuro delle abitudini dei propri figli. Secondo l'indagine se circa il 70% scoprisse che i figli giocano, riterrebbe necessario fare qualcosa, anche se a fronte della consapevolezza del rischio, non sembra siano consapevoli che il fenomeno possa riguardare anche i propri di figli. L'atteggiamento dei genitori a volte è contraddittorio, percepiscono che il gioco d'azzardo potrebbe essere un pericolo, però sembra quasi che sia qualcosa che non li riguardi da vicino. Siamo davanti a una realtà, che come scritto nel titolo, potremmo definire allo stesso tempo preoccupante e inquietante, perché un bambino che si gioca la paghetta, si prepara quasi inevitabilmente il terreno per diventare un adulto che butterà lo stipendio in giochi e scommesse. 30/4/2014 http://www.globalist.it Alessandra Concas cagliari.globalist.it |
L'informazione dipendente, dai fatti
Nel Paese della bugia la verità è una malattia
(Gianni Rodari)
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www.osservatoriorepressione.info
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
omicidio di Stato
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