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Messaggi del 30/05/2014
Post n°8875 pubblicato il 30 Maggio 2014 da cile54
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Post n°8874 pubblicato il 30 Maggio 2014 da cile54
Dietrofront sulla Tav Torino-Lione. Non servirà per le merci, ce lo chiede l’Europa
Completo, segreto, silenzioso dietrofront. Oltre ad avere quasi dimezzato i finanziamenti alla Tav Torino-Lione, l’Unione Europea ha messo nero su bianco di non farci passare le merci e di utilizzare invece per queste lo storico traforo del Frejus. Ma proprio il trasporto delle merci doveva essere la pietra angolare della Tav. E’ stupefacente venire a conoscenza di informazioni ufficiali così importanti e che riguardano così da vicino la spesa pubblica italiana con oltre un anno di ritardo e solo perchè le ha rese disponibili on line qualche giorno fa la testata francese Reporterre. Eppure…
Antefatto. Il traforo ferroviario del Frejus fra Italia e Francia (per i francesi: traforo del Mont Cenis) risalirà pure ai tempi di Cavour, ma è stato ammodernato due anni fa ed è in grado di trasportare anche gli autocarri caricandoli a bordo dei vagoni ferroviari; è usato ben al di sotto delle sue potenzialità; il traffico merci fra Italia e Francia attraverso il Frejus è in netto calo dal 1997 circa, mentre sembrava in aumento all’inizio degli Anni 90, quando l’Unione Europea ha cominciato a parlare della necessità di costruire un nuovo corridoio ferroviario.
In questo scenario vanno collocate le rivelazioni di Reporterre, che ha messo on line un documento ufficiale firmato da Laurens Jan Brinkhorst, il coordinatore per conto della Commissione Europea del “progetto prioritario 6″, ovvero del costruendo corridoio ferroviario da Lione alla frontiera ucraina. Il corridoio doveva andare dall’Atlantico a Kiev, ma in Ucraina (con rispetto parlando) non sanno neanche cos’è un treno ad alta velocità; il Portogallo ha già detto da tempo di no ed ora silenziosamente anche la Spagna si è defilata. Il documento firmato da Brinkhorst è il rapporto annuale d’attività 2012-13 ed è datato ottobre 2013.
Vi risparmio l’educata esposizione di Brinkhorst sul pieno marasma ad Est di Trieste. Per quanto riguarda specificamente la Torino-Lione, il suo rapporto – redatto in francese – dice che nel gennaio 2013 si è svolta l’ultima riunione della “plateforme du corridor Lyon-Turin”. O per lo meno: si è svolta l’ultima riunione prima della redazione del rapporto annuale. La “plateforme” riunisce i soggetti italiani, francesi e dell’Ue coinvolti nella Tav; il summit
était centrée sur la ligne historique et le rôle qu’elle pouvait jouer comme axe ferroviaire principal entre la France et l’Italie. Les participants sont convenus de la nécessité de réactiver la ligne existante pour qu’elle devienne l’axe ferroviaire principal pour le transport des marchandises entre la France et l’Italie. Le point de vue partagé est l’impossibilité politique de proposer la construction d’une nouvelle ligne sans avoir entrepris tous les efforts possibles pour rétablir la ligne existante comme artère principale de transport après les travaux d’élargissement du tunnel ferroviaire Fréjus/Mont Cenis
Ovvero: la riunione si è occupata della linea ferroviaria storica (quella dei tempi di Cavour e da poco ammodernata) e del ruolo che essa potrebbe avere come asse principale fra Italia e Francia. I partecipanti hanno convenuto sulla necessità di riattivare la linea già esistente affinchè diventi l’asse principale del trasporto merci fra Italia e Francia. Il punto di vista condiviso è l’impossibilità politica di proporre la costruzione di una nuova linea senza intraprendere tutti gli sforzi possibili per ripristinare la linea esistente come la principale arteria di trasporto dopo i lavori di ampliamento del Fréjus-Mont Cenis.
Di questo importantissimo dietrofront emerso durante la riunione della “plateforme” finora non è saputo assolutamente nulla. Comunque la Francia ha già ufficialmente rimandato a dopo il 2030 (leggi: alle calende greche) il raccordo fra la rete ferroviaria nazionale e il tratto internazionale della Tav Torino-Lione: un tunnel sotto le Alpi di circa 60 chilometri il cui costo è stimato in 8,78 miliardi di euro, per il 58% a carico dell’Italia – così ha stabilito l’accordo con la Francia – anche se la galleria ricade solo per il 20% in territorio italiano.
L’Italia insiste che il tunnel è prioritario. Ma visto che ora l’Europa dice di non farci passare le merci, per quanti viaggiatori è prioritario andare da Torino a Lione risparmiando un’ora – solo un’ora – di tempo? E voi spendereste tutto quel denaro pubblico per accontentarli?
28 Maggio 2014 da http://blogeko.iljournal.it/ |
Post n°8873 pubblicato il 30 Maggio 2014 da cile54
La radiografia di un paese sull’orlo del baratro
Rapporto Istat 2014. Sei anni di crisi e di politiche dell’austerità hanno strangolato un paese dove più di 6 milioni di persone non lavorano, dove i giovani scappano per cercare fortuna all’estero, dove ci sono famiglie che non hanno di che sfamarsi, dove si fanno sempre meno figli e dove le disuguaglianze di reddito sono le più alte d’Europa. E non ci sono segnali che fanno pensare ad una inversione di tendenza.
Si dice che le politiche di austerità ammazzeranno il paese. Già fatto. Sembra un cadavere l’Italia radiografata dal rapporto Istat 2014, un paese incapace ridistribuire ricchezza, dove la disoccupazione è ai massimi storici con più di 6 milioni di persone senza lavoro, dove più che emigrare ormai si scappa — sia gli italiani che gli stranieri — dove i poveri aumentano e milioni di persone non hanno di che sfamarsi. Un paese sempre più vecchio dove non nascono bambini.
Detta con una considerazione che le comprende tutte, spiega l’Istat, “l’Italia è uno dei paesi europei con la maggiore diseguaglianza nella distribuzione dei redditi”. Il fallimento di qualsivoglia democrazia. I dati indicano anche “deboli segnali positivi”, ma è solo un mezzo punto di crescita che dopo anni di crisi conferma il declino di un paese strangolato da tutti i governi, passati e presenti.
Tra disoccupati cronici, e persone che secondo l’Istat sono inattive ma più vicine al mercato del lavoro, la somma è presto detta: sono 6,3 milioni le persone in cerca di una occupazione. Un record storico, dentro cui si individuano 1 milione e 427 mila “scoraggiati”, cioè persone che un lavoro non lo cercano più. I giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano e non studiano (i cosiddetti Neet) sono 2 milioni e 435 mila (576 mila in più rispetto al 2008). Ma se per giovani si intendono gli under 35, allora nei cinque anni di crisi gli occupati sono scesi di 1 milione e 803 mila unità; le differenze territoriali sono molto marcate (al nord il tasso di occupazione giovanile è pari al 50%, contro il 43,7% del centro e il 27,6 del sud).
L’altra categoria mortificata, i cinquantenni, è vittima di un paradosso: se da una parte gli over 50 che hanno un lavoro aumentano statisticamente (ma solo per effetto dell’inasprimento dei requisiti per andare in pensione) dall’altra sono oltre un milione quelli che non riescono più a rimediare una forma di reddito. Significa che nel 2013 almeno 2 milioni di famiglie non hanno al loro interno né un occupato né un pensionato, cui bisogna aggiungere 1 milione di famiglie composte da più persone mantenute unicamente da una pensione da lavoro: 3 milioni di famiglie in difficoltà.
Altro dato significativo: tra il 2008 e il 2013 le famiglie in cui l’unico occupato è donna sono aumentate di 591 mila unità (+34,5%), superando i 2,3 milioni. Se la passano appena poco meglio i cosiddetti “atipici”, quelli che non hanno il posto fisso: più della meta ha un contratto che dura meno di un anno e per molti (20%) la precarietà si è cronicizzata da cinque anni. Infine, “particolarmente grave”, sottolinea l’Istat, l’aumento dei genitori disoccupati: tra il 2008 e il 2013 si registra un aumento di 530 mila persone tra padri e madri che non riescono più a mantenere i figli.
Dato il quadro, la fuga è logica conseguenza. Nel 2012 hanno cercato “fortuna” all’estero oltre 26 mila giovani tra i 15 e i 34 anni (10 mila in più rispetto al 2008); negli ultimi 5 anni sono scappati in 100 mila. “Il numero di emigrati italiani — si legge — è pari a 68 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, ed è cresciuto del 35% rispetto al 2011”. Rimane invariato ma costante il dato della migrazione interna: 87 mila persone all’anno lasciano il sud per cercare lavoro nel nord. La crisi allontana anche gli immigrati dall’Italia: nel 2012 gli ingressi sono stati 321 mila (-27,7% rispetto al 2007), mentre aumenta il numero di chi lascia il paese (+17,9%).
Non si fanno figli. Nel 2013 sono nati 515 mila bambini, circa 64 mila in meno in cinque anni e 12 mila in meno rispetto al minimo storico delle nascite registrato nel 1995. Le donne italiane in età feconda fanno pochi figli, in media 1,29 per donna. Il calo delle nascite riguarda anche le donne straniere, pur rimanendo su livelli di fecondità più elevati (2,37). Infine, l’Italia si conferma uno dei paesi più vecchi al mondo. Si contano 151,4 persone over 65 ogni 100 giovani con meno di 15 anni (solo la Germania ha un valore più alto, mentre la media europea è di 116,6). La speranza di vita, nel 2012, è arrivata a 79,6 anni per gli uomini e a 84,4 per le donne. C’è da rallegrarsene, e nello stesso tempo di che essere molto preoccupati. Luca Fazio 29/5/2014 www.ilmanifesto.it |
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Giorgiana Masi
Roma, 12 maggio 1977
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