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Il coraggio non mi manca. E' la paura che mi frega. (Antonio Albanese)

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"La mia ferita emotiva più profonda è stata anche una fonte inesauribile di gioie". Non ti rivelerò perché questa frase è molto importante per me: è una questione troppo personale. Ma tu, Vergine, potresti fare un'affermazione simile? Potresti interpretare la tua vita in modo da vedere un'esperienza dolorosa come una fonte di intuizione, ispirazione e vitalità? Il 2009 sarà l'anno ideale per compiere questo cambio di percezione. E il periodo intorno al solstizio d'inverno è il momento perfetto per cominciare. (Rob Brezsny)

 
 

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Sulla via che mi porta al lavoro c'è una casa abbandonata che, mi hanno detto da qualche giorno, è abitata dai fantasmi.
Non lo sapevo. Ma appena me l'hanno detto ho pensato: la compro io.
 

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Post N° 498

Post n°498 pubblicato il 17 Ottobre 2007 da betulla64
 




Leggendo il post di al_pessimo_esempio ho ripensato a un episodio accaduto tanti anni fa. Strano come non mi sia mai passato per la testa di scriverne; è stato forse la cosa più esaltatnte della mia vita benchè sia durata, credo, poco più di due battiti di ciglia; certo è che mentre lo vivevo sembrava durare di più.

In quel periodo mi sottoponevo spesso a sedute di Reiki, affidandomi alle mani ricche di magia della mia sorella maggiore. Erano gli anni dell'incertezza, del "le proviamo tutte", dei fiori di Bach (che aiutarono molto), dei pendolini e delle pietruzze magiche. Ho il ricordo di me distesa sul tavolo nel "gourbì" di casa di mia sorella, ricordo le sue mani sui miei chakra e le sensazioni che provavo al contatto. Freddo freddo, caldo caldo, formicolìo e poi i colori. Quando le sue mani si posavano sul mio viso a coprirmi gli occhi, piano piano iniziava a formarsi dal nulla un caleidoscopio di colori. Il verde intenso, il rosso fiamma e poi il più bello, il viola che piano piano si impossessava dei me diventando materia solida daventi ai miei occhi chiusi. Un giorno avvenne che, nel massimo del rilassamento, il colore cominciò a prendere forma e vidi il mio volto impresso come in uno specchio, avvolto in un fumo denso e viola. Dopo quel giorno ebbero inizio gli episodi di "scrollamento" notturno. Quando andavo a dormire, arrivata a quello stadio che precede il sonno, quando il corpo si rilassa completamente, ecco che iniziavo a vibrare (o meglio, io percepivo le vibrazioni, perchè mio marito non ha mai sentito nulla) vibravo sempre più forte, sollevandomi quasi dal letto tanto che, spaventata a morte, dovevo accendere la luce e a volte alzarmi per scacciare il terrore che mi prendeva. Ne parlai un giorno con mia sorella e lei, senza nascondere una profonda invidia, mi disse che quello che sentivo era la preparazione ad un volo astrale. La mia espressione dovette essere alquanto interrogativa e non meno canzonatoria, perchè lei cominciò ad infervorarsi raccomandandomi "par carità fà nèhn cazzate!!!" di mettere da parte ogni paura, di rilassarmi a fondo e di lasciare che il mio corpo vibrante prendesse il volo. Devo essere sincera, non mi sentii rassicurata dalle sue spiegazioni e l'idea di "partire" per non sapevo dove, non immaginando le modalità e soprattutto il "come si torna" mi angosciava mica poco, ma, in fine, mi dissi che probabilmente sarebbe stato come i numeri al lotto: una volta svelati a qualcuno non escono più. Pia illusione.
Arrivò quella notte. Ero stesa in attesa del sonno, i pensieri persi in quel qualcosa che non è già più pensiero, quando cominciò a ballarmi tutto attorno. Fu il panico immediato, poi come un fulmine le parole di mia sorella: rilassati e di' al tuo corpo che può lasciarti andare. Vibravo sempre di più, ormai mi sentivo come una navicella spaziale sulla rampa di lancio e lasciai andare gli ormeggi. Ricordo il rumore come di uno spiffero e poi fui sopra al tetto e in un attimo attraversai volando tutto il paese addormentato sotto di me. Volai e non so dire se fossi felice. Di certo ero qualcosa che non ero mai stata e che avrei voluto continuare ad essere.
Tornai in camera e mi soffermai a guardare i nostri corpi nel letto. Credo di aver provato tenerezza. Poi con lo stesso suono di spiffero rientrai nel mio corpo che ancora vibrava, lasciai che si quietasse e accesi la luce. Mio marito si svegliò e mi vide seduta sul letto con il volto un poco stravolto. Raccontai tutto per filo e per segno, timorosa di non essere creduta. Lui sorridendo mi abbracciò e chissà quali pensieri attraversarono la sua mente. Quali che fossero si limitò a rassicurarmi, sussurrandomi che che credeva al mio racconto. La sensazione che ne trassi fu che anche lui mi invidiasse un poco.
Non so dire a cosa sia servito quel volo. Ero una persona stanca, noncurante di me e del mondo. Avevo appena scoperto una tiroide problematica e mi chiedevo come avrei potuto trovare il coraggio per affrontare anni di cure, io che temevo tutto. Forse quel volo, quella mia capacità di staccare i piedi da terra, di abbandonare i luoghi comuni per affrontare una cosa così irrazionale, forse fu il primo passo. Forse è quel qualcosa che mi scatta dentro quando sono disperata ma decido di non arrendermi più, perchè so che se voglio so volare.

 
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"Grande importante malattia quella di Basedow!... tutti gli organismi si distribuiscono su una linea, ad un capo della quale sta la malattia di Basedow che implica il generosissimo, folle consumo della forza vitale, il battito di un cuore stremato, e all'altro stanno gli organismi immiseriti per avarizia organica..."

da "La coscienza di Zeno"
 
 

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