Creato da betulla64 il 22/12/2005
Il coraggio non mi manca. E' la paura che mi frega. (Antonio Albanese)
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ma lo attraversa lo stradone provinciale dove giocavo da bambino.
Siccome - ripeto - sono ambizioso,
volevo girare per tutto il mondo e, giunto nei siti più lontani, voltarmi e dire in presenza di tutti:
"Non avete mai sentito nominare quei quattro tetti? Ebbene, io vengo di là".
(Cesare Pavese)
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Oroscopo
"La mia ferita emotiva più profonda è stata anche una fonte inesauribile di gioie". Non ti rivelerò perché questa frase è molto importante per me: è una questione troppo personale. Ma tu, Vergine, potresti fare un'affermazione simile? Potresti interpretare la tua vita in modo da vedere un'esperienza dolorosa come una fonte di intuizione, ispirazione e vitalità? Il 2009 sarà l'anno ideale per compiere questo cambio di percezione. E il periodo intorno al solstizio d'inverno è il momento perfetto per cominciare. (Rob Brezsny)
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Non lo sapevo. Ma appena me l'hanno detto ho pensato: la compro io.
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Messaggi di Ottobre 2007
Che mistero il tempo!
Non ci si può distrarre un attimo, ti volti e in un amen è passata la metà abbondante della tua vita. Non mi capacito di questa mia (solo mia?) incapacità di percepire il tempo che passa.
E ancor meno mi capacito se penso a quanto siano risultati eterni, invece, i quaranta minuti di cyclette che mi sono appena puppata.
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Il latte una volta munto veniva travasato in un ampio recipiente dove veniva lasciato a riposare finchè affiorava la panna, allora nonna la raccoglieva e la versava nella zangola, che da noi si chiama meno pomposamente "burriera", per poi farci il burro da vendere. Non tutto il latte veniva scremato e questo era il motivo per cui non mi scostavo un attimo dalla gonna di nonna. La magia più magia di tutte era quella di trasformare il latte in "tuma" e il procedimento era tanto semplice quanto ai miei occhi prodigioso. Nonna filtrava il latte con un telo di lino, per eliminare le impurità, poi prendeva una bottiglietta piccina con un tappo di sughero contenente un liquido trasparente che lei chiamava "caij". Il caij veniva versato nel latte e dopo un poco il latte faceva "tuma", allora nonna prendeva un coltello e tagliava la cagliata che tremolante e candida cominciava a sprigionare il suo profumo inconfondibile e invitante. Avrei voluto tuffarmici. Nonna prendeva un altro telo di lino e vi poneva la cagliata, chiudeva i capi a mo' di fagotto e lo appendeva al rubinetto del lavello a scolare. Non era una faccenda che si risolvesse in pochi minuti, così io me ne andavo in cortile a giocare in attesa che la magia si compisse.
Di solito poco prima di cena la tuma era pronta. Quando nonno e i figli maschi tornavano dal lavoro nonna metteva sul tavolo due piatti, uno rivoltato sull'altro a coprirne il contenuto. A lato stava immancabile il sale e la "mica" di pane. Lo zio più vecchio tagliava il pane mentre nonno scoperchiava il piatto. Dentro, la tuma fresca che si era adagiata dolcemente sul fondo del piatto assumandone la forma e conservando però ancora la trama del tessuto che l'aveva contenuta per ore a scolare. Sulla superficie candida piano piano affiorava la panna che, al primo affondo di coltello, lacrimava sul fondo del piatto a condire la sua origine. Nonna mi dava una fettina di pane con uno spicchio di tuma, aggiungeva una presa di sale e, senza dimenticare la benedizione, mi mandava a giocare.
Avevo quattro o cinque anni quando tutto ciò accadeva. Dopo, nonno vendette le mucche e la tuma divenne cosa rara. Non ebbi nemmeno l'accortezza di chiedere a nonna di scrivere la ricetta o di raccontarmi bene il procedimento, tanto ero presa dall'ansia di cancellare le mie origini contadine. Dopo, molto dopo, sarebbe rinato il mio orgoglio ed è da lì che son partita a incaponirmi nel voler replicare la tuma di nonna. Non ho il latte delle nostre mucche, mi devo accontentare di quello fresco della centrale, ma sono riuscita a trovare il "caij" in farmacia e rubando qua e là su internet alla fine ho ottenuto una pseudo-tuma che al gusto non è niente male e che è davvero alla portata di tutti.
Occorrente:
Una pentola in acciaio
Un termometro da cucina
Un colino
2 fascelle (io riciclo quelle che contengono la ricotta che compro al mercato, in alternativa fate come nonna, usate un telo pulito,avendolo preventivamente sciacquato da eventuali tracce di detersivi)
1 litro di latte fresco
5 gocce di caglio
la punta di un cucchiaino di sale
Mettete il latte in una pentola e portatelo a 40 gradi, spegnere e aggiungete il sale e il caglio mescolando bene.
Coprite la pentola con un coperchio e avvolgetela in un asciugamano di spugna. Lasciate riposare per 1 ora al riparo da correnti d'aria.
Passato questo tempo vedrete che il latte ha preso la consistenza di un budino. Questa è la cagliata. Tagliatela con un coltello, in cubetti di uno-due centimetri, rimettete sul fuoco e portate a 45 gradi, spegnete e con un colino a rete fitta scolate la cagliata e mettetela nelle fascelle premendo leggermente. Lasciate scolare il siero per qualche ora. Con questa quantità di latte si ottengono circa 300 grammi di tuma.
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Leggendo il post di al_pessimo_esempio ho ripensato a un episodio accaduto tanti anni fa. Strano come non mi sia mai passato per la testa di scriverne; è stato forse la cosa più esaltatnte della mia vita benchè sia durata, credo, poco più di due battiti di ciglia; certo è che mentre lo vivevo sembrava durare di più.
In quel periodo mi sottoponevo spesso a sedute di Reiki, affidandomi alle mani ricche di magia della mia sorella maggiore. Erano gli anni dell'incertezza, del "le proviamo tutte", dei fiori di Bach (che aiutarono molto), dei pendolini e delle pietruzze magiche. Ho il ricordo di me distesa sul tavolo nel "gourbì" di casa di mia sorella, ricordo le sue mani sui miei chakra e le sensazioni che provavo al contatto. Freddo freddo, caldo caldo, formicolìo e poi i colori. Quando le sue mani si posavano sul mio viso a coprirmi gli occhi, piano piano iniziava a formarsi dal nulla un caleidoscopio di colori. Il verde intenso, il rosso fiamma e poi il più bello, il viola che piano piano si impossessava dei me diventando materia solida daventi ai miei occhi chiusi. Un giorno avvenne che, nel massimo del rilassamento, il colore cominciò a prendere forma e vidi il mio volto impresso come in uno specchio, avvolto in un fumo denso e viola. Dopo quel giorno ebbero inizio gli episodi di "scrollamento" notturno. Quando andavo a dormire, arrivata a quello stadio che precede il sonno, quando il corpo si rilassa completamente, ecco che iniziavo a vibrare (o meglio, io percepivo le vibrazioni, perchè mio marito non ha mai sentito nulla) vibravo sempre più forte, sollevandomi quasi dal letto tanto che, spaventata a morte, dovevo accendere la luce e a volte alzarmi per scacciare il terrore che mi prendeva. Ne parlai un giorno con mia sorella e lei, senza nascondere una profonda invidia, mi disse che quello che sentivo era la preparazione ad un volo astrale. La mia espressione dovette essere alquanto interrogativa e non meno canzonatoria, perchè lei cominciò ad infervorarsi raccomandandomi "par carità fà nèhn cazzate!!!" di mettere da parte ogni paura, di rilassarmi a fondo e di lasciare che il mio corpo vibrante prendesse il volo. Devo essere sincera, non mi sentii rassicurata dalle sue spiegazioni e l'idea di "partire" per non sapevo dove, non immaginando le modalità e soprattutto il "come si torna" mi angosciava mica poco, ma, in fine, mi dissi che probabilmente sarebbe stato come i numeri al lotto: una volta svelati a qualcuno non escono più. Pia illusione.
Arrivò quella notte. Ero stesa in attesa del sonno, i pensieri persi in quel qualcosa che non è già più pensiero, quando cominciò a ballarmi tutto attorno. Fu il panico immediato, poi come un fulmine le parole di mia sorella: rilassati e di' al tuo corpo che può lasciarti andare. Vibravo sempre di più, ormai mi sentivo come una navicella spaziale sulla rampa di lancio e lasciai andare gli ormeggi. Ricordo il rumore come di uno spiffero e poi fui sopra al tetto e in un attimo attraversai volando tutto il paese addormentato sotto di me. Volai e non so dire se fossi felice. Di certo ero qualcosa che non ero mai stata e che avrei voluto continuare ad essere.
Tornai in camera e mi soffermai a guardare i nostri corpi nel letto. Credo di aver provato tenerezza. Poi con lo stesso suono di spiffero rientrai nel mio corpo che ancora vibrava, lasciai che si quietasse e accesi la luce. Mio marito si svegliò e mi vide seduta sul letto con il volto un poco stravolto. Raccontai tutto per filo e per segno, timorosa di non essere creduta. Lui sorridendo mi abbracciò e chissà quali pensieri attraversarono la sua mente. Quali che fossero si limitò a rassicurarmi, sussurrandomi che che credeva al mio racconto. La sensazione che ne trassi fu che anche lui mi invidiasse un poco.
Non so dire a cosa sia servito quel volo. Ero una persona stanca, noncurante di me e del mondo. Avevo appena scoperto una tiroide problematica e mi chiedevo come avrei potuto trovare il coraggio per affrontare anni di cure, io che temevo tutto. Forse quel volo, quella mia capacità di staccare i piedi da terra, di abbandonare i luoghi comuni per affrontare una cosa così irrazionale, forse fu il primo passo. Forse è quel qualcosa che mi scatta dentro quando sono disperata ma decido di non arrendermi più, perchè so che se voglio so volare.
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Uso sempre un foglio di giornale per riporre i resti quando pulisco le verdure. Ieri sera pelavo patate e mi casca l'occhio su una pubblicità: in primo piano un bellissimo filone di pane dall'aria fragrante, sotto la scritta "Talmente buono che non aumentiamo il prezzo! € 3,50 al Kg."
Non so come sia quel pane, l'aspetto certo è invitante. So per certo che il pane che faccio io non è niente male e mi costa, al chilo, non più di 80 centesimi. Cosa diavolo aggiungeranno loro che io non so, per renderlo tanto prezioso?
Buona giornata mondiale del pane.
Che sia bello o brutto, alto o basso, bianco o nero, prezioso o poverello. Che tutti al mondo abbiano pane.
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Non potevo non rubarlo... Grazie Alexis :)
Come eravamo:
Noi che le femmine ci obbligavano a giocare a "Regina reginella" e a "Campana".
Noi che facevamo "Palla Avvelenata".
Noi che giocavamo regolare a "Ruba Bandiera".
Noi che non mancava neanche "dire fare baciare lettera testamento".
Noi che ci sentivamo ricchi se avevamo "Parco Della Vittoria e Viale Dei Giardini".
Noi che chi lasciava la scia più lunga nella frenata con la bici era il più figo.
Noi che "se ti faccio fare un giro con la bici nuova non devi Cambiare le marce".
Noi che passavamo ore a cercare i buchi sulle camere d'aria mettendole in una bacinella.
Noi che il Ciao si accendeva pedalando.
Noi che suonavamo al campanello per chiedere se c'era l'amico in casa.
Noi che facevamo a gara a chi masticava più big babol contemporaneamente.
Noi che avevamo adottato gatti e cani randagi che non ci hanno mai attaccato nessuna malattia mortale anche se dopo averli accarezzati ci mettevamo le dita in bocca.
Noi che quando starnutivi, nessuno chiamava l'ambulanza.
Noi che i termometri li rompevamo, e le palline di mercurio giravano per tutta casa.
Noi che dopo la prima partita c'era la rivincita, e poi la bella, e poi la bella della bella...
Noi che se passavamo la palla al portiere coi piedi e lui la prendeva con le mani non era fallo.
Noi che giocavamo a "Indovina Chi?" anche se conoscevi tutti i personaggi a memoria.
Noi che giocavamo a Forza 4.
Noi che giocavamo a fiori frutta e città (e la città con la D era sempre Domodossola).
Noi che ci mancavano sempre quattro figurine per finire l'album Panini.
Noi che avevamo il "nascondiglio segreto" con il "passaggio segreto".
Noi che le cassette se le mangiava il mangianastri, e ci toccava riavvolgere il nastro con la penna.
Noi che in TV guardavamo solo i cartoni animati.
Noi che avevamo i cartoni animati belli!!
Noi che litigavamo su chi fosse più forte tra Goldrake e Mazinga (Goldrake, ovvio..)
Noi che guardavamo "La Casa NellaPrateria" anche se metteva tristezza.
Noi che abbiamo raccontato 1.500 volte la barzelletta del fantasma formaggino.
Noi che ci emozionavamo per un bacio su una guancia.
Noi che non avevamo il cellulare per andare a parlare in privato sul terrazzo.
Noi che i messaggini li scrivevamo su dei pezzetti di carta da passare al compagno.
Noi che si andava in cabina a telefonare col gettone.
Noi che c'era la Polaroid e aspettavi che si vedesse la foto.
Noi che non era Natale se alla tv non vedevamo la pubblicità della Coca Cola con l'albero.
Noi che le palline di Natale erano di vetro e si rompevano.
Noi che al nostro compleanno invitavamo tutti, ma proprio tutti, i nostri compagni di classe.
Noi che facevamo il gioco della bottiglia tutti seduti per terra.
Noi che alle feste stavamo sempre col manico di scopa in mano.
Noi che se guardavamo tutto il film delle 20:30 eravamo andati a dormire tardissimo.
Noi che guardavamo film dell'orrore anche se avevi paura.
Noi che giocavamo a calcio con le pigne.
Noi che le pigne ce le tiravamo pure.
Noi che suonavamo ai campanelli e poi scappavamo.
Noi che nelle foto delle gite facevamo le corna e eravamo sempre sorridenti.
Noi che il bagno si poteva fare solo dopo le 4.
Noi che a scuola andavamo con cartelle da 2 quintali.
Noi che quando a scuola c'era l'ora di ginnastica partivamo da casa In tuta.
Noi che a scuola ci andavamo da soli, e tornavamo da soli.
Noi che se a scuola la maestra ti dava un ceffone, la mamma te ne dava 2.
Noi che se a scuola la maestra ti metteva una nota sul diario, a casa era Il terrore.
Noi che le ricerche le facevamo in biblioteca, mica su Google.
Noi che internet non esisteva.
Noi che però sappiamo a memoria "Zoff Gentile Cabrini Oriali Collovati Scirea Conti Tardelli , Rossi Antognoni Graziani (allenatore Bearzot)".
Noi che "Disastro di Cernobyl" vuol dire che non potevamo bere il Latte alla mattina.
Noi che compravamo le uova sfuse, e la pizza alta un dito, con la carta del pane che si impregnava d'olio.
Noi che si poteva star fuori in bici il pomeriggio.
Noi che se andavi in strada non era così pericoloso.
Noi che però sapevamo che erano le 4 perchè stava per iniziare BIM BUM BAM.
Noi che sapevamo che ormai era pronta la cena perchè c'era Happy Days.
Noi che il primo novembre era "Tutti i santi", mica Halloween.
Che fortuna amici!
Che culo!
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La guerra in Iraq si è rivelata in quattro anni e mezzo "un incubo senza fine" e "un catastrofico fallimento". A dirlo è il generale di corpo d'armata Ricardo Sanchez, ex comandante delle forze Usa in Iraq e alto responsabile del Pentagono.
[...] Il generale ha inoltre definito gli attuali leader politici americani "incompetenti", "corrotti" e "negligenti nel compiere il loro dovere", aggiungendo che sarebbero stati portati davanti a una corte marziale se avessero agito così da militari.
(Repubblica 13 ottobre 2007)
Signore, da qui si domina la valle
e a cento e a mille ne vedo
di cristi discesi sul selciato
all'ombra d'alberi stizziti
al cospetto d'un cielo gravido ed ambrato
Signore, da qui ne vedo a cento e a mille
di quelli che lei chiama mobili birilli
sono braccia, sono mani, sono occhi chiari e scuri
sono capelli imbrigliati fra le crepe dei muri
Signore, da qui si sentono le voci
si leggono i contorni delle luci
e ancora della notte i pochi fuochi accesi
e ancora della notte i fiochi fiocchi appesi
sui rami della fede e della speranza
sui rami di chi crede nell'oltranza
sui rami della finita infinita storia
sui rami della madre memoria
Signore da qui si domina la valle
e a cento e a mille piegati sui ginocchi
affranti su grandi lenzuoli bianchi
amici, fratelli, sorelle, amanti
Signore, cosa passa nella sua mente?
Lo sguardo perduto nell'orizzonte
I pensieri altrove, i capelli al vento
gli occhi lo specchio dello sgomento
Signore, da qui si domina la valle
e a cento e a mille ne vedo bruciare di sete
sciogliersi al sole come comete
lanciarsi nel vuoto dello sconforto
Signore, da qui si sentono le voci
le grida invincibili della vita
fermi quest'odio, questa partita,
questa maledetta follia infinita.
Pippo Pollina
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Non sono guarita e nemmeno penso che guarirò mai, ma le cose che ho imparato esserci fuori dalla mia cucina, sono più forti della paura. Ci sono troppe cose ancora da scoprire e non mi mancano nè la curiosità nè la compagnia.
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Volevo tenere per te,
la luna del pomeriggio.
Volevo tenerla per te,
perchè sola com'è solo il coraggio.
Volevo tenere per te,
la luce di quando fa giorno
e volevo che fosse per te
anche l'attesa che diventa ritorno...
E volevo tenere per te
la piu' vera di tutte le rose,
volevo tenerla per te,
come tutte le cose...
come tutte le cose.
Volevo tenere per te,
una sola di tante stagioni,
ma volevo che fosse per te
per te sola e tutti gli altri di fuori.
E volevo che fosse per te
anche l'ultimo fiato sospeso.
Volevo tenerlo per te,
questo fuoco che è acceso...
questo fuoco che è acceso.
(Gian Maria Testa)
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E ancora, per ricordare i 40 anni dalla morte di Ernesto Guevara, eccoti un bel servizio sulla politica estera e commerciale di Raùl Castro. Mi aspetto, in primavera, un servizio su monsignor Marcinkus per commemorare il Santosubbito Carol Wojtyla. Taccio sul servizio girato fuori dalle scuole romane, concernente la campagna elettorale del partito democratico. "I candidati fuori dal liceo Parini* spiegano ai sedicenni il meccanismo del voto...."
"I candidati" era Ettore Scola, ma non ce l'hanno detto.
* Ho scritto una cazzata, il Liceo Parini è a Milano. Verri veri sorri :)
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Mi sono svegliata sentendo il richiamo del torrente.
Le piogge dei giorni scorsi, prima di trasformarsi in neve, hanno regalato nuova voce al flusso che gorgheggia tra le pietre e io non ho resistito; mi sono preparata con calma, senza guardare l'ora, senza farmi pressioni e ho goduto del mio esser sola a gestire il tempo e lo spazio.
Le scarpe troppo nuove, ancora non sono in sintonia con i pensieri, ma si faranno.
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Radiobet
Pensieri e parole in un click
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E se non c'è più religione
andremo a casa un'ora prima...
(Alessandro Bergonzoni)
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Grazie a Quotidianamente H.
...Il capitano arrivò, lesse il biglietto, squadrò l'uomo da capo a piedi, e gli rivolse la domanda che il re aveva dimenticato di fare, Sapete navigare, avete la patente nautica, al che l'uomo rispose, Imparerò dal mare....
(Josè Saramago, Racconto dell'Isola sconosciuta)
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Caminante, son tus huellas el camino y nada mas; caminante non hay camino; se hace el camino al andar.
(Antonio Machado)
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cun tucte le tue creature..."
"El bosque precede al ombre
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