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Post n°138 pubblicato il 05 Ottobre 2016 da Vasilissaskunk
salmastrO odore portato in qua dalla brezza marina si insinua pungente nelle narici, mentre questa strana città mi rapisce tutti gli altri sensi .gli.occhi si spalancano di meraviglia e girandolano all insù oltre ai panni stesi, a cercare il CIELO oppure a delineare geometrie tra costruzioni antiche e cementificazioni più recenti che avranno la mia età...odo musica di artisti di strada e lingue diverse si intrecciano in pulsante vigoroso vitale frastuono...le mie mani lo accompagnano al passo cotanto fervore...come in una sorta di trance..se chiudo un attimo gli occhi..spariscono macchine cavalcavia e motorini irrequieti, rimangono case alte a degradar dalla collina e stretti caruggi con l'odore acre di decomposizione umane eppure pulsanti di vita...torna il sapore, antico splendore della città portuale..di chi ci ha preceduto e il mare e Nello stesso ha vissuto.....stop ..rrrrrrEsetttt...sguardo alla banchina oltre lo sozzume sponsorizzato dal benessere umano...frotte di muggini famelici ..incuranti..sotto un altro mondo..ricordi di avventure subacquee..silenzi rotti dal gorgoglio dEL respiro e bolle a salire in superficie mare blu e profondo quello ligure di cui ho sempre avuto timore e riguardo..un mondo a parte la sotto ..eppure per entrarvi ..beh bisognava esser cauti e attenti..ricordo bene quando la risacca mi spiaggio' sulla battigia e i 20 e passa chili DI ATTREZZATURA mi schiacciavano impietosi a terra...così, capii chi fosse la risacca...ti prende ti trascina ti ribalta ma non ti fa avanzare...con sforzo disumano allora, mi rialzai e nel blu dell immenso ignoto più coraggiosa che mai fluttuante mi inoltrai |
ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.