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Post n°215 pubblicato il 23 Gennaio 2017 da Vasilissaskunk
Tratto da "Storie buffe della piccola Vasilissa"
Scesi dal treno, camminavo lungo la banchina per trovarti ..avevo il cuore in gola ed ero attorcigliata intorno al mio stomaco ….. ti cercavo ..speravo di riconoscerti … mi comparisti appoggiato alle scale dell'ultimo sottopassaggio con il cappuccio in testa ...eri un po’ diverso ma non potevi che essere tu … ti guardai stupita … tu fraintendesti il mio sguardo e mi dicesti “ ecco lo sapevo ..non ti piaccio “ si sciolse tutta la mia paura e mi sembrasti così dolcemente buffo … ecco io da quel momento ti ho inciso indelebile nella carne ….
Le nostre esistenze si sono ignorate per trentacinque anni per poi tornare a concatenarsi …. Abbiamo persino deciso di rinascere nello stesso anno per rivivere insieme pochi attimi di eterno …. Quale il senso? _nonC'E'_shhhhhhhh
“ coinvolge cielo e terra e trabocca dal cuore …. Giovanni Lindo Ferretti ”
Ci si puo’ affidare alla “concretezza” di un sogno? L’altra notte si ripeteva oniricamente la scena ….solo che stavolta nessuno parlava, mi colmavi lo sguardo mentre chiedevo supplichevole al cuore di non fermarsi e di andarsene via dalla gola … ti abbracciavo forte e singhiozzavo colma di violenta sincera e incontenibile commozione, ti accarezzavo e mi sembravi cosi vero li tra le mie braccia .. tu non dicevi nulla e raccoglievi con il tuo corpo le nostre lacrime mentre sentivo il tuo respiro caldo sul collo
Ed era così bello potere avere una nuova possibilità ….. lasciare vagare il cuore fino alla stazione dell’ardore
“Ma se soltanto per un attimo potessi averti accanto, forse non ti direi niente ma ti guarderei soltanto. Francesco De Gregori”
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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.