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Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

 

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La quiete dopo la tempesta

Post n°108 pubblicato il 03 Gennaio 2007 da odio_via_col_vento

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Abbiamo quasi traghettato le feste. Le più dure, le più difficili se ne sono andate:
il Natale, sempre gravido di malinconia per tutti i Natali che se ne sono andati e non torneranno;
il San Silvestro dei bilanci;
il Capodanno, quando avere aspettative diventa un obbligo.

Adesso resta, sola e spesso negletta, l'Epifania: anzi, la Befana.
Che poi qui da noi si colora del solito understatement un po' cinico, con cui smontare qualcosa che ha in sé i germi del grandioso (la manifestazione del divino, nientepopodimeno!) per farla diventare una festa un po' goliardica, un po' gaglioffa, in cui riversare sarcasmo a fiumi sulle malcapitate esponenti del gentil sesso di famiglia.
Ma anche delle briciole di rustica tenerezza riservate ai bambini, anche loro canzonati con un pezzo di carbone (dolce però) e un po' tiranneggiati e tenuti su punte di spilli d'ansia in attesa di una strega burbera.
Ed è poi una festa antica: l'avevano anche abolita, figurarsi. Ma adesso è di nuovo qui, indomabile, olimpica, retaggio bellissimo di un tempo che non c'è più. Come le colonne d'Ercole ci difende dall'avvenire che, al di là, si precipita addosso a noi con la forza e la tracotanza del nuovo e dell'indomabile.

Io amo questo momento dell'anno: sembra quasi che il dio benevolo del calendario ci riservi una caletta di bonaccia tra il dilagare delle smanie festive e l'incombente onda anomala del nuovo inizio.
Finite le frenesie del consumismo, smontate le mense imbandite, stracolme come in attesa di un anno di carestia, assopiti e ripiegati in un cassetto, in naftalina, i buonismi di una volta all'anno e le retoriche familiaristiche (di chi la famiglia se la ricorda, appunto, una volta all'anno), gli addobbi delle strade penzolano un po' avvizziti, un po' polverosi di nebbia, accesi la sera quasi per consunzione.

Si dovrebbe vivere il fremito delle novità, l'alacrità delle buone intenzioni riversate a fiumi dagli argini fragili di quelle notti passate. E invece il calendario, benigno, ci riserva ancora una pausa: ricaricate le batterie, ritemprate le membra, riposate stanchi guerrieri in vista delle future battaglie!

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Stiamo qui, allungati pigramente, leggendo, annusando il calduccio mattutino dei letti, godendo colazioni di panettone razziato nei centri commerciali (ora deserti) a 1 euro l'uno.
Qualche libro di scuola si annuncia, riluttante, emerge dallo zaino nascosto frettolosamente in fondo ad un armadio la sera della vigilia ("svelti, c'è troppo disordine, arrivano gli ospiti").
Il telefono si deve essere stancato anche lui dopo l'incessante processione degli auguri indispensabili: e benedetto sia anche quel silenzio.

Cominciano gli inevitabili funerali di stagione: il gran freddo, come il gran caldo, fa cadere a manciate gli ultimi amici dei genitori ormai già morti, il vecchio vicino di casa di chissà quante case addietro; di qualcuno nemmeno lo sai in tempo, lo leggi un pomeriggio sul giornale di giorni fa.

C'è però spazio per i ricordi: non più annegati nel rimpiano e nel dolore pungente che si prova durante le feste: adesso è quasi un viaggio di scoperta. Ti ricordi? e parte la catena delle memorie, si aprono cassetti, saltano fuori vecchie foto, cartoline, si telefona a qualche vecchio cugino tanto per chiedere un nome, un luogo, una data.

Si cerca un nuovo spazio ai regali di Natale: a quelli di cui ci siamo innamorati, a quelli che abbiamo odiato a prima vista - lontano dagli occhi, perché sia anche un lontano dal cuore. A quelli che certamente ricicleremo: ma quando? ce ne ricorderemo? oppure torneranno a ripparire, di anno in anno, inutili, sempre più brutti, sempre più improbabili?
Meno male che c'è Ebay!

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