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Abbandonare Tara

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Post n°109 pubblicato il 09 Gennaio 2007 da odio_via_col_vento
 
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Uno dei grandi temi sottintesi dell'adolescenza, delle grandi conversazioni senza tempo senza inizio e senza fine (spesso anche senza nessi logici di stampo aristotelico:) il futuro.

Ma non si tratta di un pensiero propositivo, di una qualsiasi pianificazione, di una previsione, di quello, in fondo, che facciamo noi adulti.
Perchè la differenza è sensibile, enorme, in termini di comprensione della diacronia.
Per noi il tempo futuro è una terra più o meno nota, un percorso: abbiamo chiaro l'itinerario, le soste, le spese prevedibili di treni o traghetti; abbiamo una decente guida dei luoghi da visitare; anche qualche amico da incontrare, un paio di appuntamenti certi.

Per gli adolescenti, invece, il futuro è un magma sconfinato, indefinibile, di cui a mala pena si intravedono, si indovinano forme e colori. E' la landa infinita e senza forma che nelle antiche carte geografiche si estendeva oltre le ultime zone conosciute, segnata da un monito: Hic sunt leones.

Ma di questo deserto lontanissimo, che si perde nei miraggi della fata morgana, gli adolescenti non hanno paura: anzi, lo affrontano avidamente, a morsi. Spavaldi, del coraggio dato dall'incoscienza. E parlano di quello che sarà con la stessa ingenua certezza di essere al centro del mondo che l'infanzia appena terminata ha consegnato loro.

Non sembra che sia passato molto tempo da allora. Eppure è passata una vita: una bella fetta di vita. E se ci guardiamo in faccia o se, per un qualche malevolo caso, ci incontriamo, il tempo, questo tempo trascorso assurdamente veloce, ci rende crudelmente in grado di fare dei bilanci e di confrontare aspettative con realizzazioni, pesare fallimenti, contare, impietosamente sulla punta delle dita, i pochi successi.

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C'è una cardiologa di successo, era anche la prima della classe, ricordo. Ma ha vissuto l'inutile attesa di un figlio.
La sua eterna rivale, sempre seconda nelle medie scolastiche, è stata penalizzata anche dalla carriera: sbiadita, opaca, vivacchia di ambulatori. Ma la maternità non le è mancata.
Un patetico vetero-rivoluzionario continua a fare l'alternativo, coltivando la sua stessa mitologia.
L'ex fascista è passato adesso ai no-global, al commercio equo e solidale, si presenta con le liste politiche di estrema sinistra.
Colui che aveva vissuto l'abbandono, la mancanza di una famiglia, chiudendosi nella solitudine e nella aridità, cercando un riscatto economico all'estero, adesso è un assessore di centro-destra in un comune dell'hinterland, che fa pagare ai più deboli di oggi, immigrati extra-comunitari, la propria emarginazione di una volta.
Molti sono stati riuscchiati da un anonimato quotidiano, un lavoro qualsiasi, una vita qualsiasi, niente da annotare, si direbbe. Erano forse anonimi anche allora: se ci pensi bene forse non ricordi nemmeno i nomi, forse solo qualche episodio. Anonima è diventata anche la ex-bellissima (ma che soddisfazione, ma che vendetta si è preso il tempo, in nome di tutte le altre, quelle che passavano serate a fare tappezzeria, quelle che venivano invitate solo per fare numero!).
C'era poi stato uno con il tocco del genio, ma che antipatico che era! Aveva pienamente sposato la teoria per cui all'artista è permesso tutto..... ed è finito a fare la pubblicità delle patatine fritte.
Ci sono stati anche abissi di dolore, vite finite prima del tempo (ma c'è poi un tempo per finire?): il mio migliore amico morto in un assurdo incidente stradale; la mia migliore amica che ha vissuto abusi, sopraffazioni e poi alcoolismo; l'altra sta combattendo da anni con un cancro: chemioterapie a ripetizione, baratri di disperazione, coraggio spettacoloso, attaccamento caparbio alla vita.

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E ci sono io.
Ci sono, e questo sembra già dover essere considerato un "molto".
Imparo a contare le mie benedizioni (come direbbero in America). I fantasmi e le solide certezze che affollano la mia vita.
Non riesco più a ricordare come l'avevo immaginata. Ricordo, quello sì, quello molto bene, che l'ho famelicamente voluta così. Che ho bruciato tante tappe, che ho combattuto contro mulini a vento. Che ho vinto battaglie di cui oggi non mi importa più niente, alcune che nemmeno ricordo più. Ricordo solo quello che mi sono costate: la fatica, le ferite, il rimpianto.
Quello che ho spesso dato per scontato è oggi quello che apprezzo di più. Ciò che di me non conoscevo è oggi la parte di me più rappresentativa.
Forse quell'adolescente di ieri non mi riconoscerebbe. Ma forse nemmeno mi dispiace più di tanto.
Non riesco ancora a capire se sono io, oggi, che ho tradito la lei, di ieri. O se le cose sono andate viceversa: se era lei a voler portare me dove oggi non mi ritroverei e mi sentirei fuori posto.
Il tempo che passa ci rappresenta più del tempo che era.

 
 
 
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