Sono passati sei anni. Mi manchi. Tantissimo.
Non mi sono più sentita così amata e sicura e apprezzata, come quando c'eri tu.
Tu che negli ultimi tempi mi tormentavi, eri ancora più esigente e ombroso. E dolce.
Tu che mi guardavi e ti illuminavi. Tu che mi vedevi bella. Tu che non ho certo saputo ricambiare per quanto mi davi e mi prendevi.
Tu che mi hai insegnato che amore è ammirazione, aspettativa, sacrificio, impazienza, fascinazione intellettuale, gioco, ironia, tradizione, libertà, calore.
Tu che non avevi paura di essere quasi femminile nella tua tenerezza. Bello, alto, con quelle mani grandi che mi portavano, bambina, a scoprire le conchiglie sulla spiaggia d'inverno.
Tu che rimani tra noi. I ricordi, gli scherzi, i nomignoli; l'affetto scontroso dei miei maschi; l'insofferenza per le regole e l'abitudine mia e di TRE; il bel volto maschio di DUE, i suoi capelli mossi; la tenacia di UNO; l'ombrosità di QUATTRO.
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Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
per te stesso egualmente t'amerei.
Chè mi ricordo d'un mattin d'inverno
Che la prima viola sull'opposto
Muro scopristi dalla tua finestra
E ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
Di casa uscisti e l'appoggiasti al muro.
Noi piccoli stavamo alla finestra.
E di quell'altra volta mi ricordo
Che la sorella mia piccola ancora
Per la casa inseguivi minacciando
( la caparbia aveva fatto non so che ).
Ma raggiuntala che strillava forte
Dalla paura ti mancava il cuore:
che avevi visto te inseguir la tua
piccola figlia, e tutta spaventata
tu vacillante l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per difenderla
da quel cattivo ch'era il tu di prima.
Padre, se anche tu non fossi il mio
Padre, se anche fossi a me un estraneo,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.
(Camillo Sbarbaro)