Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Era una donna non da poco: volitiva, quasi dura, certo rampante e carrierista, ostile verso le opinioni diverse dalla sua, battagliera, rompiscatole e invadente come poche.
Era.
Adesso non è solo anziana. In quella fase, che ormai è quasi passata per lei, i difetti si erano accentuati, se possibile, come sempre succede. Era diventata intrattabile, bisbetica, egocentrica, logorroica.
Adesso è veramente vecchia. E incredibilmente comincia a rivelare aspetti di dolcezza e mitezza impensabili per chi l'ha conosciuta quando era ancora una vera pasionaria di se stessa, una barricadera del proprio ego.
Abbiamo fatto un viaggio insieme, un viaggio non scelto (da parte mia), ma soprattutto la sua era una compagnia imposta. Me la sono trovata in macchina e amen.
Paventavo le ore in cui avrei dovuto subire reprimende, recriminazioni su un passato tanto remoto da essermi più o meno ignoto, cattiverie su personaggi che per ragioni anagrafiche ho conosciuto solo da liste bibliografiche.
Avrei potuto sfuggire a questa catastrofe a valanga solo col silenzio, chiuse nell'abitacolo di una automobile per ore, insieme a qualche sparuto vigliacco che si era fatto imporre la presenza della virago.
E invece non è stato così.
E invece ho scoperto che adesso lei, la temutissima, è solo una bella e dolce vecchia.
Ho scoperto che l'essere umano può fare ancora capriole e trasformarsi e cambiare, anche nell'ultima stagione della sua vita. Ho scoperto che vecchiaia, quella vera, è dolcezza, è riconciliazione con la vita, è capacità di apprezzare ogni giorno che ci viene regalato.
La temibile vecchia si stupiva delle diverse luci delle ore del giorno, disquisiva sulle forme delle nuvole, chiedendosi se cambiassero da regione a regione d'Italia; ammirava le coltivazioni della compagna; raccontava piacevolemente dei suoi innumerevoli viaggi all'estero alla ricerca di brani di folklore autentico. Aveva anche, incredibile per lei, lunghe pause e silenzi, di cui si scusava ammettendo l'età e la stanchezza. Collegava ogni paese arroccato sulle colline, ogni spezzone di vecchio muro cadente, ogni curva della strada ad un libro, un racconto, una ricetta di cucina, un ricordo del passato, un'apertura sul mondo che "lies behind", su frammenti di altre realtà parallele.
E' stato un viaggio piacevolissimo.
Ad un certo punto, guidando, l'ho guardata di sottecchi: il volto non è più nemmeno rugoso. I solchi profondi dell'età si sono distesi sotto una diafana, trasparente, maschera bianca. E' un segno inconfondibile, per me: so che prelude ad un'altra maschera, quella definitiva.
E' come se la vita, nel congedarsi, concedesse all'essere umano, un'ultima dolcezza, di spirito e di superficie. Come se ferite e rughe si appianassero; asperità, ricordi e tensioni sparissero. La vita torna a farsi nuova ogni mattino; il passato diventa una fonte di ricchezza e non macina più amarezze.
Ho cominciato a respirare il suo odore: di sapone di marsiglia e di borotalco: mi ricordava la vecchia zia che ho amato tanto.
L'ho accudita tutto il giorno, l'ho presa sottobraccio sulle strade lastricate dell'antico paese umbro in cui ci recavamo, l'ho protetta.
E mi sono cullata in quella tenerezza di vecchiaia che amo, che mi manca tanto - da ché sono morti i miei vecchi - e che spesso mi sorprendo a desiderare e cercare.
Con lacrime di nostalgia e desiderio che mi pungono gli occhi anche per un vecchio che mi attraversa la strada davanti e nel cui incerto andare ravviso le tracce dei vecchi che ho amato.
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