Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Ti ho accompagnata a tanti ingressi. Ad altrettante uscite.
Ritrosa, tu: non vorresti mai mostrare di aver bisogno di nessuno, nemmeno di me.
Ritrosa ma sempre solare, leggera, talvolta un po' svagata. Come se la vita non ti toccasse mai più di tanto.
E sono state soglie impervie, a volte. Cammini disuguali, strade tortuose.
I condizionamenti di una famiglia alto borgese, che non capiva, non voleva nemmeno contemplare difficoltà, dolori, sfortune. Meglio che tutto si trasformasse in un dramma nascosto, una fonte perenne di dolore tuo: meglio per loro questo, che non li toccava, pur di non ammettere, di non accettare, di non aprire gli occhi.
Eri la ragazza bionda e bella, apparentemente svampita, corteggiata.
Sola.
Eri le chiacchiere da salotto, le creme di bellezza anche in un'epoca in cui ci facevamo tutte un dovere, un manifesto, dell'essere acqua e sapone.
Eri l'abbigliamento ricercato, i capelli freschi di parrucchiere, le calze di seta, il foulard e la collana di perle, mentre tutte eravamo jeans e maglietta, sottanone a fiori e capelli lunghi.
Poi sei stata tante amicizie sbagliate, che ti hanno consumata, sfinita, lusingata e abbandonata.
Eri le maldicenze che ti giravano intorno, i segreti che ti accompagnavano, la vita nascosta anche a chi ti era più vicino.
Mi sono domandata a lungo chi fossi io per te. Perché cercassi me, così diversa, la mia vita lineare, le mie solidità, le mie normalità, le mie aspirazioni, le mie fatiche.
Mi sono chiesta spesso cosa sapessi io, davvero, di te. Che amicizia fosse la nostra.
Ma ci siamo state, a lungo, l'una per l'altra.
Io incerta della tua verità, dubbiosa, talvolta ironica.
Tu, la tua incapacità di capire e cogliere le mie ironie, ingenua oltre ogni dire. O forse solo abituata, per obbligo, a dissimulare.
E poi adesso: su questa soglia.
Non c'è nessun altro. Non c'è un marito, mai amato, mai compagno, solo facciata e egoismo, finalmente abbandonato.
Non ci sono legami familiari: nomi, non sangue; obblighi, non amore.
Non ci sono i conoscenti dai nomi importanti, i soldi, le collezioni d'arte, le ville al mare, le vite brillanti. Fedele alla tua "non vita" hai voluto per loro che non esistesse nemmeno la tua malattia.
Ci siamo noi due, su questa soglia.
Sorridi anche qui, di fronte al cartello "Oncologia". Un sorriso fatuo, da salotto. Tratti le infermiere e i medici con una leggerezza d'altri tempi. Ti guardano, mi guardano smarriti.
Non importa: sono io quella pratica, quella che conosce procedure e protocolli, corridoi e uffici, che ingoia l'ansia del fare e rifare quelle scale, che mostra il volto impertubabile davanti alle percentuali di recidive, che finge di scegliere per te.
Che strana coppia.
Amiche.
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