Abbandonare Tara
abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui
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Ho passato l'este del 1996 in automobile, guidando e piangendo.
Mi dividevo tra i bambini al mare e i genitori anziani in città.
Ho consumato quei 120 km: li so a memoria.
E ho consumato il nastro di Guccini, sempre lì, sempre la stessa canzone. Quella che dice:
Lunga e diritta correva la strada
l'auto veloce correva
la dolce estate era gia' cominciata
.....
non lo sapevi che c'era la morte
quel giorno che ti aspettava,
quel giorno che ti aspettava.
Non lo sapevi che c'era la morte
quando si e' giovani e' strano
poter pensare che la nostra sorte
venga e ci prenda per mano,
venga e ci prenda per mano.
Non lo sapevi, ma cosa hai pensato
.........
Non lo sapevi ma cosa hai sentito
......
quando anche il cielo di sopra e' crollato
quando la vita e' fuggita,
quando la vita e' fuggita.
Eri morto in quei giorni, all'inizio di quella estate. Una morte assurda.
Così si dice sempre quando si muore giovani. E all'improvviso.
Ma quale morte è mai ragionevole?
Eri morto in un incidente stradale. Una fatalità: qualcuno che apre uno sportello e ti scaraventa sotto un camion.
Non eri nemmeno così giovane come l'amica della canzone. Avevi già 40 anni. Ma si può dire "già"? O non è meglio dire "appena"?
Eri il mio compagno di banco. L'amico dell'adolescenza.
Il fratello che non ho avuto.
Delicato, sensibile, intelligente. Con poche persone ho avuto quella sensazione di trovarmi con un altro me, un pezzo di me che vive di vita autonoma.
Eppure eravamo diversi. Avevamo un rapporto fatto di scherzi anche atroci, di consapevolezze, di complicità, di compiti copiati, di curiosità, di gite, di scelte, di condivisione.
Poi ci siamo allontanati.
Hai avuto una vita abbastanza amara: un lavoro al di sotto delle tue aspirazioni, una moglie che chissà come mai hai scelto, che ti ha fatto soffrire e ti ha lasciato solo.
E poi sei morto così, una mattina di estate.
Al funerale ci siamo ritrovati in molti vecchi amici. Spauriti: per la prima volta di fronte alla morte di un coetaneo. Spauriti nel dover prendere contatto con la realtà della vita attraverso la morte.
E tutti con la sensazione che insieme a te morivano anche le nostre giovinezze.
Adesso i giochi, le pazzie adolescenziali, i soprannomi, gli innamoramenti, le estati brave, la nostra passione per il teatro, le letture "disordinatissime" che ci hanno formato, le lunghe discussioni, le feste in casa, la musica; tutto sta con te, in quel cimitero. Sta con te, nel tuo ricordo.
Voglio pero' ricordarti com'eri
pensare che ancora vivi
voglio pensare che ancora mi ascolti
e che come allora sorridi,
e che come allora sorridi.
La vita comincia ad un certo punto ad essere fatta di ricordi. C'è del bello in tutto ciò: si è ricchi anche e soprattutto in virtù del passato.
Ma c'è anche questo senso di precarietà che si fa sempre più consapevolezza, ogni giorno che passa.
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