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Per un amico... volato...

Post n°586 pubblicato il 04 Giugno 2009 da ilike06
 

MARTINO


Martino aveva da poco finito l'addestramento per imparare a volare. Sua madre era stata molto paziente con lui, per tutto il periodo necessario. Qualche volta, quando non era occupato a procurare il cibo, anche suo padre si era preoccupato di insegnargli alcune tecniche di volo, come quella di trattenere il respiro nel volo a planare. La prima volta aveva avuto un po' di timore, poi, dapprima di ramo in ramo, sotto lo sguardo vigile e apprensivo di sua madre, poi da un albero all'altro, aveva conquistato la sua autonomia.
Aveva perso ogni timore e via via, anzi, aveva cominciato a provare una tale ebbrezza nel volare, da non stancarsi mai. Sua madre spesso stava in pensiero, quando non lo vedeva tornare; e Martino la prendeva in giro:
"Non preoccuparti, quando sarò stanco di volare te lo dirò".


Il nido dove abitavano era in cima a una vecchia casa colonica abbandonata, nei pressi di una strada asfaltata percorsa da automobili a ogni ora del giorno e della notte.
Spesso Martino volava sul ramo più alto di un albero sul ciglio della strada e si fermava ad osservare il traffico. Un paio di volte aveva assistito anche a dei terribili incidenti: le auto, che sembravano così belle, forti, indistruttibili nella loro capacità di volare quasi sull'asfalto, in un attimo erano diventate dei rottami, schiacciando in un modo così terribile anche le persone che erano dentro.
Martino era rimasto impressionato da questi incidenti, tanto che per parecchi giorni aveva quasi perso il gusto di volare.


Più volte aveva attraversato la strada volando piuttosto basso e sua madre, osservandolo dall'alto del nido, lo aveva rimproverato dicendo che era molto pericoloso. C'era il rischio, diceva, di essere investito da uno di quei bolidi di ferro che percorrevano la strada. Suo padre, infatti, gli aveva spiegato che lo spostamento d'aria, provocato dalla velocità dell'auto, poteva creare difficoltà nel riprendere quota e rischiare di rimanere schiacciati dall'impatto violento...


Martino però aveva scoperto che tutto questo contribuiva a dare un brivido in più al volo. Sfrecciare come il vento, abbassarsi improvvisamente fino ad avvertire lo spostamento d'aria per poi, nell'attimo successivo, sollevarsi con un colpo d'ali improvviso, prima di farsi catturare dal vortice d'aria: era un'ebbrezza che gli rimaneva nel petto come una sensazione di forza, di vittoria, di potenza. Ma per non dare un dispiacere a sua madre lo faceva solo qualche volta, di nascosto naturalmente.
Durante una delle sue scorribande Martino conobbe Elvira. Aveva nel becco un piccolo verme (quando la vide per la prima volta) che si dibatteva energicamente. La osservò divertito perché lei non si decideva a ingoiarlo.
Alla fine aprì il becco e lasciò cadere la preda che scomparve immediatamente.


"Sei troppo tenera, finirai per morire di fame", disse Martino posandosi accanto a lei, che trasalì.
"Non sono affari tuoi" fu la sua reazione.
"Ehei, che caratterino che hai".
Da questo primo scontro nacque la loro amicizia. Ben presto però divenne qualcosa di più.
Elvira non aveva genitori. Non li aveva mai conosciuti.
Aveva imparato da sola a volare, ed era piuttosto incosciente e spericolata nel volo. Non aveva paura di niente.


Martino era rimasto colpito dal fatto che lei era sicura di sè e nello stesso tempo dolce e tenera. Non sapeva cosa fosse il pericolo ed era capace di rinunciare ad un appetitoso vermicello anche se moriva di fame.
Malgrado le raccomandazioni di sua madre, anche Martino era diventato più spericolato. Come poteva, del resto, resistere ai suoi inviti di volare sempre più in alto, "fino ai confini del cielo", come diceva Elvira; a sfidare il vento contro lazzurro infinito, per poin lasciarsi planare a caduta libera con le ali spiegate. Erano sensazioni che non aveva mai provato prima. Oppure, come poteva rinunciare a infilarsi negli anfratti più nascosti in cerca di posti nuovi, di avventure e di occasioni per stare insieme, vicini ad ascoltare ognuno i battiti del cuore dell'altro. Specialmente dopo lunghi ed estenuanti voli, quando sentiva il cuore di Elvira battere all'impazzata per lo sforzo compiuto. Era chiaro ormai che non potevano più fare a meno di stare insieme. Spesso Martino faceva progetti sul loro futuro, e parlava di avere un nido tutto per loro, lontano però dal frastuono di quella strada asfaltata, con quegli orribili incidenti che ormai avvenivano sempre più spesso. Lei però rideva e rispondeva che non voleva fare progetti. Era felice oggi, non le andava di pensare al domani.


E si alzava in volo ridendo. Si rincorrevano, facevano a gara a chi raggiungeva per primo la cima di un albero, o un filo elettrico; si divertivano a trovare semi o qualsiasi altra cosa da mangiare, per poi tornare a rifugiarsi nei loro nascondigli segreti.
Un pomeriggio di primavera Elvira era particolarmente euforica. Svolazzava con balzi improvvisi da un ramo all'altro del loro albero preferito, un grazioso mandorlo che era già coperto di gemme bianche, costringendo Martino a fare a crobazie per seguirla. A un certo punto lei si fermò.
"Attraversiamo la strada; facciamo a gara a chi si avvicina di più all'asfalto", disse poi guardandolo negli occhi con aria di sfida.
"Lo sai che è pericoloso", rispose Martino.
"Dai, non essere fifone. Lo sai che è divertente".
Lui era preoccupato per quella spavalda determinazione.
"Se non vuoi vado da sola".
Martino si arrese.


Indubbiamente era un gioco emozionante. Prendevano la rincorsa dall'alto di un albero e poi sfrecciavano attraverso la strada fino a sfiorare l'asfalto, attenti a intuire l'arrivo di un'auto e pronti a riprendere quota per evitare l'impatto. Giocarono per tutto il pomeriggio, fino a quando non diventò quasi buio. Erano ormai stanchi (almeno lui) e decisero di smettere.
"Un'altra volta e poi basta", fece Elvira che non si stancava mai.
"No, adesso basta, andiamo via".
"Aspettami, solo un'altra volta."


Prima che lui replicasse si lanciò in picchiata verso la strada nel momento stesso in cui una potente automobile sopraggiungeva a forte velocità. Martino gridò. Nell'urto Elvira fu trascinata via dall'auto. Lui si mise a volare con disperazione a inseguirla; ma in pochi attimi l'auto era scomparsa. Rimase sul ciglio della strada per tutta la notte, rivivendo dolorosamente la terribile scena continuamente; fino a quando non si addormentò sfinito e distrutto dal dolore. Il mattino dopo, ancora incredulo, volò in tutti i posti in cui erano stati insieme. Fece la stessa cosa il giorno seguente e l'altro ancora, non riuscendo a darsi pace. Si sentiva svuotato di ogni energia, mangiando appena, vagando qua e là senza meta e senza una ragione. Ritornò sull'albero di mandorlo e gli parve di rivedere l'ombra di Elvira che saltellava sui rami. Poi volò sul ciglio della strada. Rimase a fissare a lungo le auto assassine che sfrecciavano velocissime.


Doveva raggiungere Elvira. Non poteva vivere senza di lei. Si alzò in volo lentamente. vide un'auto sopraggiungere. Colcolò rapidamente la distanza e si lasciò andare al centro della strada.
L'auto lo prese in pieno.


Questo racconto è tratto dal libro I RACCONTI DEL PENDOLARE di PRIMO LEONE.
E a lui è dedicato questo mio pensiero:

NON TI DIMENTICHERO' MAI.
LA NOSTRA AMICIZIA è STATA BREVE MA INTENSA E, UN ANNO FA, COME OGGI, SEI VOLATO VIA LASCIANDOMI I TUOI RACCONTI E LE TUE POESIE.

CIAO, PRIMO...


A VOLTE IL SOGNO…

…a volte il sogno ti raggiunge all’improvviso….aggirando la
tua distrazione …..mentre sei coinvolto nel circo di quel mondo che ti
circonda….
Uno sguardo che ti appare sul monitor …. Dei capelli che
racchiudono un volto…..occhi tristi e sorridenti insieme….una voce
che immagini e che ti risuona comunque dentro….
…a volte il sogno disegna la tua immaginazione….avvolge i tuoi
sensi….. ti riporta a vivere EMOZIONI che credevi sopite….
….a volte il sogno si fa strada nei tuoi sogni….non serve fermarlo…invade la tua pelle…diventa cuore anima e si insedia nei
tuoi occhi
….a volte il sogno è lì…di fronte a te
…a volte il sogno ti scopre bambino…imprime il suo messaggio a
lettere cubitali: MAI SMETTERE DI SOGNARE

Primo Leone

 
Rispondi al commento:
Robynefer84
Robynefer84 il 05/06/09 alle 12:23 via WEB
Un abbraccio a te, e anche alla famiglia di Primo! Un bacio!
 
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…a volte il sogno disegna la tua immaginazione….avvolge i tuoi
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….a volte il sogno si fa strada nei tuoi sogni….non serve fermarlo…invade la tua pelle…diventa cuore anima e si insedia nei
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