salsedine del sogno
i pensieri sanno nuotare nella libertà di un mare senza nome
Provo un fastidio viscerale verso tutte le persone diffidenti a prescindere, che vedono il marcio anche prima di conoscere l’argomento e lo fanno spesso con un atteggiamento stanco e rassegnato. Con queste persone mi trovo disarmato e, allo stesso tempo, arrabbiato, e non mi consola pensare che si comportano così perché hanno una vita triste. Chi diventa una fabbrica di critiche non ha sicuramente una posizione umile, anche se a volte si è costretti a prenderli per come sono.
questa foto è stata presa qui Vinyl Covers |
Dare consigli richiesti è sempre un bel gesto di altruismo, salvo poi considerarli come figli propri e arrabbiarsi se non vengono messi in pratica. Questo tema è piuttosto controverso, perché ognuno lo interpreta a modo proprio. Sicuramente dare un consiglio contribuisce anche a migliorare l’autostima, ma è più difficile accettare che esso rimanga solo una possibilità, per quanto buona o potenzialmente migliore. Per me, dare un consiglio è come fare un regalo: una volta dato, non è più mio, ma di chi lo riceve. Altrimenti, si tratterebbe di possesso, e questo vale sia per i consigli che per i regali. foto mia su Pinterest |
Ci sarà pure una ragione se la rete è piena di persone che cercano di “motivarti”. Trovare delle motivazioni è sempre complicato, a meno che non ci si trovi in una situazione disperata. Eppure, c’è un numero crescente di persone che, anziché cercare di ribaltare le circostanze, preferisce restare nell’ombra. Il motivo con cui si sono svegliati al mattino viene poi accantonato alla sera, come si farebbe con un soprammobile.
foto mia pubblicata su Pinterest
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Post n°3396 pubblicato il 13 Novembre 2024 da maresogno67
La percezione che curarsi sia sempre più complicato è una realtà tangibile, percepita persino attraverso il dolore. L’errore più grande, come insegna anche Gino Strada, è stato considerare la sanità come un mercato e non più come un diritto. Ma non è solo questo. L’errore colposo è stato separare, nel corso degli ultimi vent’anni, la sanità dal sociale, paragonando le persone a macchine che, una volta aggiustate in officina, il proprietario porta a casa. Vengono chiamati “pazienti compensati”, ovvero: ciò che si poteva fare è stato fatto, e tutto il resto ricade sulla famiglia, quando e se questa esiste. Se la famiglia non c’è e il paziente compensato non è ancora in grado di rimettersi in piedi, viene segnalato all’assistente sociale, al quale si chiede “garbatamente” di liberare il posto in ospedale il prima possibile perché è necessario...
questa foto appartiene a Minchioletta
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Siamo fatti per accettare e finiamo purtroppo per essere accettati. Vi ricordate cos'è l'accetta?
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