salsedine del sogno

filo di lana dello storie

 Il filo leggerissimo di lana che tante persone in questo periodo cercano di toccare è quello di incrociare sguardi e trasmettere emozioni. Alcuni la chiamano vicinanza, altri solidarietà, in ogni caso è veramente qualcosa che somiglia a un filo di lana, perché quando lo tocchi ti riscalda, c’è. Sono le sensazioni della paura e della lentezza obbligata. Sono le sensazione dell’angoscia di perdere la propria bussola interiore. E allora il filo di lana diventa fondamentale.

questa foto appartiene a Derek Lyons (Comments are welcome!)

il mio unico tram

 Rimettiamo a posto pensieri come qualcosa da riporre nella vecchia dispensa. Siamo pieni di dichiarazioni degli altri sulla nostra capacità di vivere e di resistere.

È il periodo dei noi e dei loro, della nostra fragilità e della loro capacità di approfondire la scienza.

Io sono rimasto ancora al “come se”. Me l’aveva fatto notare anni fa quella che era la mia analista, “il come se” non “è”.

Ha ragione, è il mio unico tram.

“Tram” questa foto appartiene a Daniela Abarca

Non ti faccio capire, quindi esisto!

 Esiste il linguaggio della paura e quello della rassegnazione. A me non appassionano entrambi. Sono due modi di comunicare che fanno cronaca. Ma per fortuna o necessità le capriole della vita sono più complicate della cronaca.

Nell’ascoltare i linguaggi dei media in questi giorni, dalla rete alla tv, dagli scienziati ai giornalisti, trovo che stanno diventando sempre più veline dei loro contenuti, spesso scivolano in concetti accademici o in termini inglesi dimenticando probabilmente chi li ascolta. Se poi parlano con la mascherina, l’attenzione precipita.

Quando il potere (e la comunicazione in questo periodo è tale) non sa parlare alle persone genera angoscia, che è l’anticamera della malattia.

“l’equilibrio del tempo” questa foto appartiene a maresogno67

ricerca fallita

Racconto breve

“mare...contrasti” questa foto appartiene a maresogno67

la lunghezza della mente

A volte rinuncio a scrivere perché mi sento troppo negativo come in questo periodo. Poi per fortuna o per caso mi arriva un lampo di lucidità e mi dico che autoisolarsi anche dalla parola è il parossismo dell'autolesionismo.

Scivolo spesso questi giorni tra iniziare una cosa e lasciarla ma in fondo non è altro che la rappresentazione di un virus che nell'invisibilità viaggia nel nostro inconscio e nelle azioni quasi automatiche quindi prima o poi invisibili anche loro.

Ma quando l'immaginario diventa collettivo non è facile modificarlo e soprattutto governarlo. Oggi anche chi non era abituato a porsi le domande, qualcuna inizia a farla: quando finisce? Come faccio per non prenderlo?

Misuriamo la mente dalla lunghezza della scogliera.

“Porto Cristo2” questa foto appartiene a maresogno67