Parole in cammino

Scusa se ti risponderò con un episodio molto personale. A diciassette anni ho lavorato durante le vacanze scolastiche in una banca. Non ero l’unica “giovincella” a lavorare lì. Simpatizzai con qualche altro “temporaneo” come me. In particolare modo con un ragazzo. Un pomeriggio, mi invitò al cinema. Mentre aspettavamo che iniziasse il film, parlavamo del più e del meno. Non ricordo più gli argomenti, forse qualche spetteguless. Ricordo però, una sua frase. Mi guardò fisso negli occhi e mi disse: “tu chi sei per avere sempre una opinione così sicura sugli altri? Sei sempre così certa di non sbagliare?”. Ricordo, a distanza di anni, la mia reazione. Di pietra. Ero una statua di pietra. Forse una statua di pietra a bocca aperta. Alzai le spalle. Girai i tacchi e lo piantai lì. Passai gran parte delle ore successive a rimuginare le sue parole. Sentivo solo quelle sue domande. Avevo le spalle al muro. Con me stessa. Rimuginvo rimuginavo… Tornando in banca, lo cercai. Lo ringrazai e chiesi scusa. Accettò le mie scuse e non si curò del mio ringraziamento. Mi capita tuttora, a distanza di anni, mentalmente di ringraziarlo ancora. Lui mi aiutò a capire che tutto non era bianco o nero. Che c’erano delle sfumature infinite in tutte le persone, in tutti i pensieri. Mi insegnò a non soffermarmi alle apparenze con quelle sue domande. Non posso nemmeno giustificare quel mio comportamento con la mia giovane età.. Lui era un mio coetaneo ma era già “avanti”. Mi capita, di rado, di chiedermi come sarei stata se lui non avesse posto quelle domande. Più felice? Uguale? Non so rispondere. Di sicuro, meno sfumature si vedono, meno domande si pongono. Però, condivido pienamente, meglio avere un appoggio quando si nuota. Ti chiedo scusa per essermi così dilungata.