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Il coraggio non mi manca. E' la paura che mi frega. (Antonio Albanese)

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"La mia ferita emotiva più profonda è stata anche una fonte inesauribile di gioie". Non ti rivelerò perché questa frase è molto importante per me: è una questione troppo personale. Ma tu, Vergine, potresti fare un'affermazione simile? Potresti interpretare la tua vita in modo da vedere un'esperienza dolorosa come una fonte di intuizione, ispirazione e vitalità? Il 2009 sarà l'anno ideale per compiere questo cambio di percezione. E il periodo intorno al solstizio d'inverno è il momento perfetto per cominciare. (Rob Brezsny)

 
 

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Sulla via che mi porta al lavoro c'è una casa abbandonata che, mi hanno detto da qualche giorno, è abitata dai fantasmi.
Non lo sapevo. Ma appena me l'hanno detto ho pensato: la compro io.
 

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Post n°428 pubblicato il 14 Febbraio 2007 da betulla64
 
Nunca mas!

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Avevo 14 anni scarsi quando uccisero Aldo Moro. Non avevo una coscienza politica, ero cattolica praticante con tentazioni claustrali, che non mi impedivano però di distruggere i solchi dei dischi degli Inti Illimani suggendone le melodie così come si fa col latte materno e di condividere il loro sdegno verso le ingiustizie e le prepotenze. Ho un ricordo abbastanza preciso dei telegiornali della mia infanzia e fanciullezza: manifestazioni, scontri di piazza, poliziotti in tenuta anti sommossa e mio padre che brontolava sugli scioperi, sui capelli lunghi, sui blue jeans; forse l'essere nato suddito faceva sì che ogni forma di ribellione gli suonasse come una bestemmia o forse l'isolamento in questo nostro mondo contadino che gli aveva negato la possibilità di vivere i cambiamenti dell'Italia negli anni '50 e '60, lo faceva sentire fuoriposto e fuori tempo. Così quando uccisero Moro mia madre pianse, mio padre lanciò strali e io li guardai commiserandoli, sicura che io, che noi giovani nati negli anni '60, avremmo cambiato tutto, sistemato tutto, pacificato tutto e me ne scesi in piazza con gli altri ad urlare il mio NO al terrorismo.
Fa male. Non so a voi, ma a me fa male leggere i giornali in questi giorni. E' la disillusione che avanza. E' il non riuscire a capire il senso. E' la paura. Perchè ho la sensazione che non ci sia attenzione, non ci sia sdegno, non ci sia piazza.
 
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Rispondi al commento:
quotidiana_mente
quotidiana_mente il 14/02/07 alle 22:26 via WEB
Ho letto tre volte questo tuo post, e sempre mi viene la stessa immagine. Io ragazzina che guardavo il telegiornale con mio padre. Erano giorni che il telegiornale apriva con il numero di giorno dal rapimento di Aldo Moro. Ero poco più che una ragazzina, forse sapevo dove stava l’Italia ma di più di questo paese non sapevo. E ogni volta, mi chiedevo perché dovevamo sentire quella informazione. Poi, arrivò la terribile notizia, ed io, ricordo bene, dissi a mio padre: “finalmente non ci sarà più quella foto e la conta dei giorni”. E lui, si girò appena verso di me e mi mollò un sonoro schiaffone. Non capii, lui mi spiegò, mi spiegò prima di tutto di portare rispetto verso la vita umana. Poi, provò a spiegarmi altro.
Ovviamente, arrivando in Italia mi sono informata o, quanto meno, ho provato ad informarmi. E non va dimenticato. Nulla va dimenticato. E sinceramente, non credo che il disincanto faccia un favore a qualcuno.
Sul concetto di piazza mi tornano in mente le parole di Gaber.
 
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da "La coscienza di Zeno"
 
 

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