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Il coraggio non mi manca. E' la paura che mi frega. (Antonio Albanese)

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"La mia ferita emotiva più profonda è stata anche una fonte inesauribile di gioie". Non ti rivelerò perché questa frase è molto importante per me: è una questione troppo personale. Ma tu, Vergine, potresti fare un'affermazione simile? Potresti interpretare la tua vita in modo da vedere un'esperienza dolorosa come una fonte di intuizione, ispirazione e vitalità? Il 2009 sarà l'anno ideale per compiere questo cambio di percezione. E il periodo intorno al solstizio d'inverno è il momento perfetto per cominciare. (Rob Brezsny)

 
 

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Sulla via che mi porta al lavoro c'è una casa abbandonata che, mi hanno detto da qualche giorno, è abitata dai fantasmi.
Non lo sapevo. Ma appena me l'hanno detto ho pensato: la compro io.
 

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Post N° 449

Post n°449 pubblicato il 26 Aprile 2007 da betulla64
 

immaginePartimmo mentre il sole faceva capolino dalle creste più alte, lassù, sull'est che mi saluta ogni giorno mentre intenta a prendere il caffè scruto il cielo convinta di saperne interpretare i segni.
Non conoscevo il sentiero e non sapevo nemmeno esattamente il tempo che avremmo impiegato per giungere in vetta, era però la mia montagna, quella sui cui pendii avevo corso da bambina giocando a nascondino tra i noccioli con le mie sorelle, quella le cui pendici avevano accompagnato le mie gambette corte, leste nel tenere il passo di nonno che mi prometteva sottoboschi di mirtilli e lamponi, era il ricordo del mio primo senso di colpa, quando una domenica di luglio papà e mamma decisero di preparare gli zaini e salire sù per un pranzo sulla cima, senonchè dopo appena qualche minuto di cammino io iniziai a vomitare e rovinai la giornata a tutta la famiglia.
Così partimmo quel mattino, io con la sensazione strana di essere sana e di poter finalmente affrontare "quel" monte e conquistarne la vetta e lui con l'entusiasmo che sempre lo coglie quando decido di uscire di casa.
Il primo tratto di sentiero ripido e assolato si dipanava a sud ovest tra ginepri e lavanda in ripide curve che tagliavano il respiro per poi sbucare su minuscole borgate abbandonate, con le loro casupole in pietra e i tetti in paglia, le finestre inutili occhi ciechi sulla vallata. D'improvviso rimasero solo erba e mirtilli e lo scampanìo delle mandrie a richiamare lo sguardo lassù, sullo spartiacque elegante nel suo innalzarsi a becco, sentinella da sempre del mio mondo e invito sinuoso a proseguire dove restano solo stelle alpine ed erba argentata. Poi la croce. Quella "crùs" posta sulla cima e che mille e mille volte ho guardato dal paese pensando "ci andrò", era finalmente lì. Posammo gli zaini, ci sedemmo sul basamento in pietra e lasciammo libero lo sguardo. La pianura giù in basso si apriva permettendo di distinguere le città e i paesi nell'atmosfera nitida del mattino. L'arco delle Alpi a fare corona dall'Argentera al Viso e poi ancora più a nord, fino al limite estremo, dove con un sobbalzo del cuore lo vidi, netto, bianco, immenso. Io, piccolo essere su una cima delle Marittime stavo faccia a faccia con il Monte Rosa. Io, mai più così serena e in pace.



 
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Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 27/04/07 alle 10:31 via WEB
Ho provato una sensazione simile "scoprendo" il Monte Bianco. Del Monte Rosa ho il ricordo dall'oblò (si dirà anche per l'aereo?) da un ritorno da Parigi, il sole che lo illuminava. Un ricordo bellissimo. Ho voglia di montagna... Andrò sul Monte dei Cocci ;) Un abbraccio (Quoti)
 
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da "La coscienza di Zeno"
 
 

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