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Messaggi di Agosto 2020

Ore 01,30 a.m.

Post n°1755 pubblicato il 21 Agosto 2020 da surfinia60

 

A volte la percezione del pericolo in questo infausto frangente è davvero asfissiante.

Se la malattia non ci ha contagiati, togliendoci il fiato, ci stanno pensando i media e tutta quella massa di decerebrati della rete
che leggono in giro e ritrasmettono le proprie opinioni spacciandole per verità assolute come un tam-tam.

Ribadisco che negli ultimi mesi ho avuto molto tempo per pensare e la sensazione che mi si è radicata sotto pelle è proprio questa paranoia,
questa consapevolezza che non esiste su questo pianeta un luogo sicuro,
una zona franca dove rifugiarsi e sparire, tagliando i ponti con tutto questo schifo dilagante.

Qualcuno dirà ‘è quello che vogliono farci credere’. Può darsi!
Io non sposo nessuna teoria, né in un senso né nell’altro.

Cosa può dare a chicchessia tanta certezza che ‘certe teorie’ siano totalmente giuste o totalmente sbagliate?

L’incertezza è il vero virus, quella che si respira ad ogni angolo di strada e si insinua dentro ogni fibra del proprio essere.

Quella che ti impedisce di assaporare qualunque cosa ti rechi un po’ di sollievo.

Mentre sto scrivendo è notte fonda e non riesco a dormire.
Si può facilmente intuire il perché.

Ieri ho ripreso a lavorare dopo parecchio tempo e già questo è motivo di ansia.

Questa parvenza di normalità di cui mi sto gradualmente riappropriando è di per sé una nota positiva.

Ma il senso di soffocamento, come ho scritto in premessa, e di permanenza forzata in una gabbia senza sbarre visibili, non si scolla.

Rileggerò tutto domattina, alla luce del sole, che avrà dissipato la notte e magari anche questi pensieri che mi ammorbano la mente in questo momento.

(Ore 01,30 circa)

 

 

 

 

 
 
 

Cosa resterą?

Post n°1754 pubblicato il 14 Agosto 2020 da surfinia60

 

Il mio periodo peggiore si sta srotolando verso la sua conclusione.

Scaramanticamente lo dico/penso piano.

La normalità (cosiddetta) dovrebbe ripresentarsi dopo ferragosto, con il mio rientro a lavoro, dopo lunga assenza.

Questa anomala estate, la stagione che meno mi appartiene, è trascorsa così, appresso a un problema di salute semi sconosciuto che ha scatenato in me paure ataviche e totalizzanti.

Ironia ha voluto che tutto abbia avuto inizio poco dopo l’apertura delle gabbie (fine lockdown) quando mi stavo reimpossessando di quella normalità cara a tutti (?) con le prime passeggiate e lo smart-working.

Durante la mia clausura, quando ero abbastanza lucida, ho riflettuto molto, conosciuto me stessa un po’ meglio, pensato a persone e personaggi, vicini e lontani, cercato e talvolta trovato il motivo del loro silenzio, quando mi aspettavo invece una maggior vicinanza affettiva, dati i tempi.

Messo da parte il fastidio, ho concesso loro il beneficio del dubbio.

Ho rallentato, come auspicavo in un mio scritto precedente, costretta dalle circostanze. Ma non è stato solo un male.

Un po’ di apprensione c’è. Tante domande.
“Tornerò quella di prima? 
Dimenticherò buona parte di questo disgraziato periodo?”

Spero di conservare almeno le sensazioni, i pensieri, le intuizioni che mi hanno fatto cambiare alcuni punti di vista. La capacità e la volontà di osservare le cose, le persone, le situazioni, non solo con spirito critico ma con la volontà di capire e di apprezzare, quando è il caso.

Saprò fare tesoro del principio ‘ricordati quando stavi peggio’ che dovrebbe salvarci dalle situazioni difficili e apparentemente senza uscita mentre le stiamo vivendo?

Molti pezzi andranno perduti (purtroppo la memoria a breve termine evapora inesorabilmente. L’ho già constatato).

Il mio cammino verso la ripresa fisica non è finito, però se mi guardo indietro non posso che gioire del fatto di essere di nuovo in grado di fare tante cose che solitamente davo per scontate.

Il test sarà il rientro nella quotidianità lavorativa. Il contatto con le persone, le incombenze, la pressione.

L’ansia è tanta.

Che dire? Vedremo!

 

 
 
 

Vivere il lutto

Post n°1753 pubblicato il 09 Agosto 2020 da surfinia60

Non siamo eterni.

La nostra componente materiale, al di là delle credenze religiose, ha una fine.

Fa parte del gioco della vita. Certo, si auspica di durare più a lungo possibile.

Man mano che la nostra esistenza procede incontriamo persone,
ci leghiamo ad esse, camminiamo insieme per un tratto, più o meno lungo. 

Alcuni lasciano tracce indelebili, altri sono semplici meteore.

La longevità spesso ci porta a subire numerose perdite.

Sono da mettere in conto. 

Eppure non siamo mai preparati e non è facile
lasciare andare chi si incammina prima di noi.

Se poi chi ci lascia lo fa improvvisamente,
nel fiore degli anni, quando tante cose dovevano e potevano ancora succedere…

Ci sono probabilmente tanti modi di affrontare il lutto. 

Ma un cuore spezzato, temo sia una tappa obbligata. 

Ognuno metabolizza a modo proprio.

In alcuni paesi chi resta fa delle vere e proprie feste,
con cibo e regali per onorare il defunto.

Personalmente non amo il chiasso, l’esteriorità, le cerimonie. 

Preferisco vivere il dolore da sola, con i miei ricordi,
le mie riflessioni, su chi mi ha lasciato.

Non amo le condivisioni di gruppo,
la teatralità che spesso caratterizza queste situazioni,
urla, applausi, sceneggiate.

Se si tratta davvero di una perdita che mi colpisce da vicino, la vivo nell’intimo.

Infatti, per scelta non partecipo neppure ai funerali,
a meno che non si tratti di un atto dovuto al quale non mi posso sottrarre. 

Rischio di essere impopolare, ma me ne infischio.
Almeno nel dolore voglio essere me stessa, senza cliché da seguire.

Al massimo, quando le acque si calmano,
un abbraccio a chi ha subito una perdita glie lo do volentieri,
con i miei tempi e in silenzio.

 


 

(a Dianorah.......)

 

 


 
 
 

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