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Unità nazionale o non piuttosto guerra di conquista?

Post n°450 pubblicato il 15 Marzo 2011 da odio_via_col_vento
 

 

Giovanni Fattori, Lo staffato

 

Cosa festeggeremo il 17 marzo?
L'unità nazionale? Ma quale? Quella frutto di una guerra di conquista attraverso la quale il Regno di Sardegna asservì il resto degli stati della penisola italiana.

Se avessimo meno prosciutto sugli occhi e maggior consapevolezza storica, se avessimo imparato qualcosa dalla storia e non dalla narrazione fattane dai vincitori (dai Savoia, sì: e sappiamo tutti cosa diciamo quando parliamo dei Savoia di allora e di ora!) ci saremmo ormai liberati dalla retorica patriottarda, tanto incrementata dal fascismo.

Sappiamo di cosa parliamo quando continuiamo ad usare la parola "brigantaggio" per definire la lotta di resistenza delle popolazioni del Sud contro il pesantissimo giogo dei Savoia?

A chi mi parlerà di tricolore e di Garibaldi "santo subito", risponderò se sa chi era Pietro Fumel.

Possiamo, per favore, smetterla di essere schiavi di una retorica e di una agiografia anti-storiche e anti-italiane?
Anti-italiane, sì, perché da allora esistono una Italia di serie A e una Italia di serie B, buoni e cattivi, settentrionali e meridionali, stereotipi e razzismi.

Come scrivevo ieri, tra i commenti nel blog di una cara amica: "io sento l'idea d'Italia che hanno sentito tutti, dal Medioevo in poi, un'idea culturale, letteraria, artistica, linguistica in senso lato, insomma. Ma non sento quella territoriale. Considero l'Alto Adige molto più un Sud Tirolo, se vuoi. Per esempio proprio l'idea di Tirolo è un esempio di area trans-nazionale: Svizzera, Austria, Italia, Germania....ma nessuna di queste da sola. Così come mi pare che Trieste e l'Istria e la Dalmazia facciano parte di un "luogo" unico.
I confini nazionali sono un'idea molto ottocentesca. Così come le monarchie nazionali sono settecentesche, ecc.
Non hanno molto senso oggi e non credo proprio che per sentirsi cittadini del mondo ci si debba sentire cittadini di una nazione."

Mi voglio sentire libera di pensarla con la mia coscienza storica ed etica anche di fronte al ricatto leghista.
La mia idea di unità d'Italia la festeggio il 25 aprile. 

 

 
Rispondi al commento:
mird
mird il 17/03/11 alle 21:39 via WEB
No Gaium, mi dispiace, ma non sono d'accordo con te. Io non penso che le azioni umane siano buone o cattive, e quindi non mi occupo mai di premi o punizioni, e a maggior ragione credo che la distanza storica ci obblighi ad uscire dalla ristrettezza del moralismo domestico. Qui si tratta di capire i grandi interessi che muovono la Geopolitica e non quali siano i buoni o quali i cattivi, magari per dividerci negli opposti schieramente di un "bipolarismo" agonico. Il genericismo morale che accomuna buoni e cattivi di tutti i tempi rischia il nichilismo deterministico, la rassegnazione popolare che dice: Una volta arrivati a quella poltrona, ci comportiamo tutti allo stesso modo. Così allora andremmo sempre a celebrare un destino senza futuro. Sono sillogismi troppo facili, che rischiano di amnistiare sempre tutto e tutti, e quindi portano alla deresponsabilizzazione personale e della politica.Mi correre poi l'obbligo di aggiungere, che Il Regno "Sabaudo", con il Cavour, da tempo era entrata premeditatamente, nel consesso delle potenze europee,che, nella fattispecie dell'Inghilterra,avendo comunque già tacitato la Francia di Nap. III con un corridoio con accesso sul Mediterraneo attraverso Nizza e Savoia, ne "accompagnava" l'ascesa al Potere unificativo dell'Italia.Tutti soggetti politici, quindi, attori di un canavaccio rivoluzionario che dall'Alto nr stabiliva e riconosceva contributi e compensi, in ordine ad un Progetto superiore cui nessuno aveva la possibilità di sottarsi...; non facciamo quindi, moralismo politico, perchè cuore e politica sono intrinsecamente incompatibili, ma guardiamo piuttosto a quella fitta rete di interessi e di progetti futuristici,(già Nuovo Ordine Mondiale -Filadelfia) che faceva del nostro Paese, in tutte le sue componenti una comparsa nella Commedia degli Equilibri europei allora, e transoceanici poi, che andavano a definirsi in una prospettiva pre-universalistica. Il nostro Paese, tardivamente industriale e ancora fino agli anni '50 del secolo xx non aveva certo la forza di sottrarsi alla parte che gli era stata affidata. Quanto poi alla fede repubblicana di Garibaldi, astuto mercenario dei Due mondi, certo che dalla sua iscrizione al Partito Mazziniano, si aspettava forse qualcosa di più che un calcio nei fondelli in quel di Teano. Ma lasciamo stare, perchè qualcuno, come E. De Amicis raccontava in Parlamento che il Popolo va educato al "Cuore"... e non certo alla mente, perchè quella spetta alle classi dominanti. Quanto agli ideali, io credo che fossero veramente pochi quelli non politicizzati che se ne potevano permettere il lusso, riservato, ma con molta ipocrisia ai camaleontici cittadini della Politica. Guardare con gli occhi della propria mente significa togliersi le bende che oscurano il nostro futuro e pensare alla parte che spetta a ciascuno di noi recitare. Mair
 
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