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Fletcher XLVII

Post n°46 pubblicato il 25 Febbraio 2015 da marlow17

 







Mentre guidava Fletcher lanciava di sguincio qualche occhiata a Christine. Peter stava sul sedile posteriore avvolto da un sonno pesante post-sbronza, e l'autista si preoccupava anche di Lui, facendo attenzione di non affrontare le curve troppo velocemente per non farlo svegliare e magari vomitare. Nel frattempo era entusiasta e sentiva l'energia scorrergli attraverso le vene come un fiume in piena, la lucidità rinvigorirlo e la freschezza dilagare sulla sua faccia e pulirla vigorosamente dopo giorni di passività e languore. Era un po' come rinascere a nuova vita e la sua donna era lì, a condividerla con Lui. Non importava assolutamente cosa il Futuro poteva riservare: dopo avere abbattuto le due divise qualcosa era mutato e Lui non era disposto a tornare sui suoi passi e ripercorrere il calvario di umiliazioni e miseria che lo aveva contraddistinto sino a quel momento. Sarebbe rimasto in piedi, saldo e determinato come un capitano alla guida del suo veliero, costasse quel che costasse. Avrebbero dovuto distruggerlo per vincerlo. "Vero?" Fece a Christine allungando una carezza su quella guancia un po' pienotta e morbida. "Cosa, tesoro?". "Intendo dire che ci separeranno solo da morti, e forse nemmeno allora. Vero?". Lei accennò un sorriso ma sembrava così stanca da essere sul punto di crollare da un momento all'altro. Lui se ne accorse e si morse il labbro inferiore: la Forza gli bolliva dalla pelle e lo faceva agitare nel sedile tanto da avere l'esigenza di menare ancora le mani. A un certo momento si sovvenne che avevano lasciato i cannoni dei poliziotti nell'ingresso dell'albergo. Scacciò con forza una mosca davanti a sé in un gesto di rabbia ma subito si rasserenò: a cosa poteva servire girarsene con una spingarda come quelle? Ora dovevano semplicemente diventare invisibili, scivolare fra le trippe delle aree densamente popolate e lasciarsi inghiottire dalla discrezione e dalla mediocrità, non dare nell'occhio, non permettere a nessuno di potersi incuriosire a quello che facevano, diventare una coppia prevedibile e normale, rispettare delle regole minimali e presentare Peter come un loro cugino solo un po' scavezzacollo. Non era impossibile, soprattutto nella metropoli e Fletcher si chiese come aveva fatto a non pensarci prima, come aveva fatto a ficcarsi a 1200 metri di altezza in una bara d'hotel in disfacimento con un ragazzo confuso e pauroso. Forse la risposta stava nella donna che gli stava vicino: già, probabilmente non aveva mai voluto eclissarsi definitivamente proprio perché c'era qualcuno da cui voleva farsi trovare, e quel qualcuno era proprio Christine. Lui sapeva che Lei era a conoscenza del modo con il quale mettersi sulle sue tracce, Lei poteva arrivare a raggiungerli, e così aveva fatto. Poco male che si fosse tirata dietro quei due bastardi di sbirri traditori. Adesso la situazione era stata sistemata e volavano a velocità di crociera verso la Pianura e l'Oceano. L'unico piccolo inconveniente che gli frullava per il capo era il tragitto fra il termine della discesa e l'arrivo sulla Costa...Potevano esserci posti di blocco o controlli a tappeto delle Divise? Si sentiva di escluderlo. Probabile che i piedipiatti avessero concesso carta bianca a Quaid e Ramelli, fidandosi ciecamente delle loro capacità di segugi sulla pista e di rotweiler al momento decisivo. Erano certi che un cialtrone come Fletcher e un ragazzo come Peter non avrebbero costituito un problema, e che motivo c'era di impiegare forze massicce quando si poteva raggiungere il risultato con il minimo sforzo e la più grande sicurezza? E, di certo, erano stati a un passo dal completare con successo il loro piano: Ramelli aveva incantato Christine e disarmato Fletcher. Per fortuna quel gorilla di Quaid aveva rovinato tutto con la sua precipitazione e dabbenaggine. Lui si era scosso appena in tempo prima di ritrovarsi un paio di braccialetti d'acciaio intorno ai polsi e un biglietto per la Clinica di Percace, solo andata. Aveva reagito e Li aveva stesi, gli stronzi. In quel momento avrebbe alzato il braccio e chiuso la mano a pugno dalla contentezza. Era la prima cosa di cui era orgoglioso da parecchio tempo a quella parte. Continuava a ripeterselo, con le goccioline di sudore che gli scendevano dalla fronte per l'entusiasmo. Scosse ancora Christine e per due lunghissimi secondi la fissò nelle pupille provate. "Dimmelo, cazzo, che sono una bestia!" Urlò. E così tanto da svegliare di soprassalto anche Peter, che si sentì subito male e gli pigiò la mano sul collo. "Devo rigettare!" gridò a sua volta. Fletcher accostò immediatamente l'utilitaria su un tratto erboso, Peter spalancò la portiera correndo fuori e vomitando l'anima, nel frattempo. Se la portava in giro, alzando ogni tanto la testa e poi continuando a vomitare. Pareva uno spremiagrumi portato al collasso e poi lasciato cadere sul pavimento verde; così Peter colava dai bordi della bocca fino al praticello bellissimo e indifferente. Intorno la Natura meravigliosa celebrava i suoi riti serali, con picchi, capinere e usignoli a fare da dolce accompagnamento.

 
 
 
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