Creato da card.napellus il 11/04/2008
L'importante è accorgersene

AUGURI

 

 

Crederò in Dio quando lui crederà in me!

 

ADOTTA A DISTANZA IL CARD.

Adotta a distanza il Card.

Questo semplice e relativamente economico gesto ti darà un senso di beatitudine mai provato prima.

Al solo costo di un Negroni al giorno (servito al tavolino del Danieli di Venezia), potrai avere la gioia incomparabile di contribuire alla crescita, alla salute e all'istruzione del tuo Card. prediletto.

Lui ti manderà tutti i mesi una foto, una letterina e se gli telefonerai ti parlerà con voce suadente dei suoi progressi nello studio e nella vita.

Inoltre se sei una donna, puoi contribuire anche in modo più interessante, e coinvolgente, allo sviluppo e alla crescita del tuo Card. 

E ricorda, un Card. è per sempre.

 

Area personale

 

DISCLAIMER

ATTENZIONE

Questo blog potrebbe sembrare una testata giornalistica visto e considerato il penoso livello della maggior parte dei quotidiani.

Si tratta invece di un contenitore di stronzare ad elevata densità, e come tale è regolato dalla legge n.173 del 29.02.2001 e dai successivi regolamenti attuativi.

Gli argomenti trattati in questo blog dovrebbero offendere pesantemente la sensibilità di tutti quelli che hanno un orientamento politico o religioso preciso. Non escludo che possano anche offendere qualche minoranza, ma il blog non è stato concepito espressamente per questo.

Nel leggere questo blog potreste pensare di essere idioti, o che sia idiota chi ci scrive. Entrambe le ipotesi sono valide e meritano di essere approfondite.

Il tempo perso qui non può esservi in alcun modo rimborsato.

Non ci sono più le mezze stagioni - di questo non può in alcun modo essere considerato responsabile il gestore del blog.

 

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Messaggi di Giugno 2016

A Viterbo.

Post n°800 pubblicato il 29 Giugno 2016 da card.napellus

A Viterbo una decina di blogger si sono incontrati lo scorso fine settimana.

Ovviamente c'era anche il Card e la perpetua.

Bei posti, buon cibo, ottima compagnia.

Sagredo, tenutario di un noto blog, ha già descritto brevemente tutti i partecipanti in modo preciso e conciso.

Posso solo aggiungere che c'erano più donne che uomini, tre erano coppie, due auto erano Fiat Multipla.

Se ora chiamiamo A la coppia con il card., B la coppia con Gnappetta e C la terza coppia, sapendo che il romano ha l'auto scoperta, il fotografo modenese viaggia senza la moglie e che la donna con la Multipla non è di Alba dovete scoprire chi è l'uomo che ripara i condizionatori.

 

 
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Brexit.

Post n°799 pubblicato il 23 Giugno 2016 da card.napellus

Oggi gli abitanti della perfida Albione decideranno se rimanere o meno nell'Unione Europea.
La cosa non ha turbato il mio sonno, anzi da ora in poi non sentirò più parlare i grandi esperti su cosa succederà se...

Io a differenza degli inglesi, anche di quelli che voteranno per non uscire, mi considero da tempo un buon cittadino europeo.
Mi sento a casa mia in ogni stato dell'Unione, anche se ho difficoltà nel farmi capire, non vedo un tedesco o un olandese come diversi da me,siamo parte della stessa grande nazione.

Però devo dire che sono stato un po' deluso. 

Io speravo che quanto prima si sarebbe deciso di semplificare enormemente la struttura burocratica e politica degli stati federati, uniformandola a un unico modello. Che si sarebbe semplificata la struttura europea e che i cittadini europei presto avrebbero pagato solo tre tasse: quella regionale, quella nazionale e quella europea. 

Ora questo obiettivo lo vedo remoto.

Anche perché tutto ciò che viene toccato dai normatori europei viene complicato. Ne parlo perché riguarda anche il mio lavoro: prima c'erano norme italiane, un po' complicate, a volte da interpretare ma tutto sommato buone. Ora che ci sono le norme europee, il tutto è diventato un mix fra complicazione (Italia), statalismo (Francia) e tecnicismo (Germania). 

Dunque un insieme barocco di norme tecnicamente contorte che prevedono riscontri millimetrici e istituti di verifica riconosciuti, con verifiche annuali dei sistemi di misura nemmeno si dosassero veleni, uso di segnali, targhe, adesivi... un gran casino che poi ciascuno interpreta a modo suo.


Un po' li capisco, gli inglesi.

 
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Raccontino - Settima parte.

Post n°798 pubblicato il 14 Giugno 2016 da card.napellus

Adamo si addormentò quasi subito, ma fu un sonno di breve durata. Alle due si svegliò, ed era lucido coma avesse dormito fino a mezzogiorno. Il braccio si era indolenzito, ma non faceva troppo male. Dalla finestra entrava abbastanza luce e ora, seduto sul letto, poteva guardarsi intorno con calma.

La camera era abbastanza grande, con la parete alla sua sinistra occupata quasi per intero da una vetrata che doveva dare su una terrazza. Davanti a lui un armadio vecchio e con le ante coperte di adesivi colorati con marchi di abbigliamento e attrezzature sportive, mentre a destra un mobile basso con sopra una miriade di bottigliette di creme, profumi e altro che al buio non riusciva a distinguere.

Fra questo mobile e il letto, dentro a un sacco a pelo che doveva avere molte cose da raccontare, dormiva tranquilla la sua ospite. Notò la macchia scura dei capelli, seguì la linea del collo verso il sacco a pelo. Ebbe una piccola delusione nel notare che non aveva più il suo minikimono, ma tuttavia era ben coperta da una maglia o un pigiama. Respirava tranquilla, mentre il suo smartphone lampeggiava sereno sul pavimento vicino alla sua testa.

Lui si mise a guardarla come avrebbe guardato una figlia, se mai ne avesse avuta una. Quando era giovane l’idea di diventare padre era per lui una bizzarria, ma da quando sua moglie se n’era andata una sottile malinconia si era impadronita di lui, e ora una figlio non gli sarebbe più sgradito, solo che gli piacerebbe già grande, indipendente. Come quella ragazza che ora dormiva nel sacco a pelo, per esempio.

Questo “complesso del padre mancato” da qualche anno gli impediva di provare una serena ed erotica attrazione per le donne molto più giovani di lui, ed era un limite fastidioso.

Tuttavia proprio in quel momento lei si girò, e ora lui poté guardarla con più attenzione: il volto era certamente la sua parte migliore, dai lineamenti regolari, il taglio degli occhi leggermente obliquo, la bocca davvero bella. Ora vedeva chiaramente il suo abbigliamento, sembrava una t-shirt, probabilmente giudicata non degna di essere indossata per uscire.

Sotto quella maglia, pensò, non poteva esserci chissà che cosa. La cara Renata non era precisamente una maggiorata.  

Sobbalzò al suono della sveglia. Teresa aprì gli occhi, senza muovere la testa con una mano prese il telefonò e zittì la suoneria. - Mi guardavi da molto? - Il tono non era quello di una persona che si fosse appena svegliata. - Ti piaccio? Stavi progettando di saltarmi addosso? -

Curiosamente la sua non era l’espressione di chi si è appena svegliato dopo ore di sonno, la testa non si era mossa rispetto a quando dormiva, gli occhi si erano aperti come quelli di una bambola, sembrava perfettamente sveglia, senza un minimo appannamento, senza uno sbadiglio.

- Buongiorno Renata - Adamo si avvicinò al bordo del letto per vederla meglio, ma lei si era già messa a sedere. - Non sono fisicamente in grado di saltare, e non sono neppure una persona che ha l’abitudine di insidiare giovani semisconosciute, specialmente con un braccio inutilizzabile e una serie di dolori che non voglio nemmeno stare a elencarti.-

Sorrise chiudendo gli occhi - A me invece piace eccome saltare addosso a sconosciuti feriti e con un piede già nella fossa. Non mi trovi terribilmente eccitante? - Si mise in ginocchio saltando fuori dal sacco. A parte testa collo braccia polpacci e piedi non usciva altro da quella specie di copricostume sbiadito che evidentemente lei considerava una camicia da notte. Era probabilmente l’indumento meno eccitante che mai fosse stato cucito. -  Ah, la sveglia suona alle tre per due motivi: devo prendere una pillola e poi devo fare due squilli alla mia amica. Hai sete, ti serve qualcosa? Non fare complimenti con me. -

La guardò allontanarsi in direzione della cucina. Dai rumori intuì che stava prendendo la pillola, poi la sentì parlare con un tono quasi materno. Non si sforzò per afferrare le parole, che presto furono coperte dal rumore dello sciacquone e poi dell’acqua corrente. Tornò che aveva già finito la telefonata.

Si sedette sul bordo del letto - Allora, caro Gustavo, ti piacerebbe una figlia come me? Oppure preferiresti - socchiuse gli occhi in uno sguardo complice - un’amante come me?

Non ci pensò nemmeno un istante - Una figlia si, sicuramente. Intendiamoci, sei una bella ragazza, ma io una figlia non l’ho avuta, e ora mi manca. Da ieri sera anche di più, mi piace l’idea di parlare con una come se fosse un’amica, nonostante la differenza di età. Ma forse con le figlie non si parla altrettanto bene. Parli molto con tuo padre? -

Ebbe un sorriso - dovrei fare una seduta spiritica per questo. Non è pratico, mi capisci. Papino è morto un anno dopo avere lasciato la mamma sola con me che avevo appena tre anni. Magari ci avrò anche parlato, ma non ricordo bene. Certo non saranno stati discorsi seri: la pappa, la nanna, la cacca. -

Pensò che fosse meglio cambiare discorso: - come sta la tua amica, gli manca ancora la lavatrice? -

- Sta come sempre, depressa, senza speranza. Anche lei come me ha una storia triste, e tutto per colpa di voi uomini. - Puntò il dito contro il poveretto e iniziò a gridare - Perché è sempre tutta colpa vostra!!! -

Lui si ritrasse per quanto possibile e sgranò gli occhi - ma sei di fuori? Cosa ti succede? -

Renata aveva già cambiato espressione. - Scusa, era solo uno sfogo. Dicevamo? Ah, la lavatrice, sembra si possa riparare, l’ha presa un mio vicino che sa mettere le mani in ogni cosa, ma che io non avevo coinvolto perché ho sempre avuto l’impressione che non siano solo le lavatrici l’oggetto delle sue attenzioni manuali. Mi ha detto che la rimetterà in funzione e la porterà alla mia amica. Speriamo non se la trombi. -

- La lavatrice? -

- Ma no, sciocco, la mia amica. - Rise di gusto. - Facciamoci un caffè, tanto di dormire per ora non se ne parla. - Accese la luce, e andò in cucina. - Come mai sei passato da queste parti? Cosa vendi? -

- Ma chi te lo dice che vendo qualcosa… prodotti per uso sanitario. Siringhe, garze, ma anche apparecchi medicali, disinfettanti. Non so bene nemmeno io cosa vendo. - Lo disse per troncare la discussione, in realtà sapeva ogni singolo articolo che aveva in catalogo, ne conosceva le caratteristiche e il prezzo. Ma non aveva voglia di parlare di lavoro e soprattutto di se stesso. Gli parve di vivere una vita che non valesse la pena di essere raccontata.

- Hai con te antidepressivi per la mia amica? -

- Non vendo farmaci, non sono un farmacista, non ho finito di prendere la laurea in medicina, non sono nemmeno un ipocondriaco, dunque non posso aiutarti. - Vide una foto sul comodino dal lato opposto al sacco a pelo. Non l’aveva notata prima. - Senti, per caso la tua amica è quella gran figa che è con te nella foto sul comodino? -

Non sentì una risposta, ma dopo dieci secondi lei entrava nella stanza con un vassoio e due tazze di caffè, un piccolo bricco per il latte, un piattino con qualche biscotto. - Quella topolona, caro il mio curiosone, è mia mamma. Ha solo diciassette anni più di me, ma la foto è vecchia, dunque lei ne aveva circa trentacinque. Lo dicono tutti che è più bella di me, e hanno ragione. Guarda come gli sta il costume addosso, il mio è mezzo sgonfio. Poi è ancora più alta di me che non sono una nana, e ha due gambe perfette. Questione di fortuna. -

- Allora se fra noi non funziona me la fai conoscere? -

- Volentieri, ma non penso sia bene intenzionata. Ha un carattere molto chiuso, e non penso voglia mettersi mai più con un uomo. Del resto io sono stata delusa dagli uomini, ma lei anche di più. -

Adamo prese a sorseggiare il caffè - Non ho mai capito perché gli uomini pensano alle loro ex come trofei di caccia e le donne ai loro ex come un campionario di deficienti. -

Renata assunse un’espressione sognante, cambiò persino il tono di voce, pareva di ascoltare un documentario delle BBC - Perché noi donne siamo meravigliosi animali liberi nella savana della vita che tutti i giorni si svegliano felici e ignare, liete solo di colorare del loro arcobaleno interiore gli infiniti paesaggi dove si trovano a passare, creature stupende e immacolate che non sanno ancora la sorte triste che le aspetta sotto forma di un crudele cacciatore, l’uomo della caverne affamato solo di carne giovane, desideroso di appendere alla parete della sua spelonca un’asse di legno con la nostra testa farcita di paglia, al posto degli occhi pieni d’amore due gelide e inespressive perline di vetro. Mentre voi uomini siete, in effetti, un campionario di deficienti. Non tutti, capiscimi, non tutti. -

Dopo la lunga considerazione sulla sorte delle donne, che l’aveva colpito anche per la fantasia delle metafore, quest’ultima affermazione non piacque a Adamo.- Sei carina e simpatica, ma non voglio costringerti a convivere anche solo per una notte con un deficiente monco e zoppo, ti prego, chiamami un taxi che torno al mio albergo. Il portiere di notte mi conosce e non mi lascerà fuori sul marciapiede. -

Lei capì che aveva esagerato, cambiò espressione e tono della voce - Come sei permaloso… scusami, ho esagerato. Prendi un biscottino, facciamo pace. -

Tuttavia qualcosa si era rotto, questo continue variazioni di umore non lo divertivano più. Non sopportava quando qualcuno metteva in dubbio le sue capacità sul lavoro o la sua sanità mentale, e ora si sentiva tanto a disagio. Comunque alla fine prevalse la pigrizia, prese un biscotto e nel silenzio che era bruscamente calato gli tornò in mente una scena simile di tanti anni fa.

Si era storto un piede in palestra, e in quell’occasione Maria passò un’intera notte a parlare con lui di mille cose, tutte futili, visto che non riusciva a prendere sonno. Gli venne in mente che forse era stata la sola notte passata in bianco con sua moglie, che era stato benissimo nonostante i dolori, e che se avessero avuto più notti da passare insieme parlando ora tra di loro non sarebbe finita.

Di nuovo la voce di Renata interruppe i suoi pensieri. Balzò in ginocchio sul letto. - Buonanotte papino! - Si allungò verso di lui e gli stampò un bacione in fronte, mentre lui non resistette, data la posizione favorevole, a dare un’occhiata dallo scollo dello sbiadito copricostume, avendo un rapido panorama della ragazza dal collo agli slip. Capì facilmente perché lei si lamentasse del fatto che il costume restasse sgonfio, poi chiuse gli occhi mentre lei si ritraeva. Non voleva passare da guardone e tutto sommato per quel giorno aveva già patito abbastanza.

 
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Un raccontino - Sesta parte.

Post n°797 pubblicato il 01 Giugno 2016 da card.napellus

Renata aprì la porta. L’appartamento rispecchiava l’aspetto dell’uscio: piccolo, scuro, in pessime condizioni.

- Ci passa la lavatrice dalla porta, Renata? -

- Ovviamente, non è stata costruita in casa. Non mi hai detto niente della tua famiglia, facchino Adamo. Sei sposato, insomma? Hai figli, nipoti, bisnipoti? -

- Certamente - disse stando al gioco - ho un bisnipote settantenne che però non si è mai sposato e non mi ha dato alcun trisnipotino. Che crudele. Mia moglie, dopo avermi sopportato dodici anni, se ne è andata, senza mai avermi concesso il divorzio. Era una strana donna, quando uscì di casa per l’ultima volta portò via tutte le sue cose, i vestiti, le foto… stava tutto comodamente nel bagagliaio della sua Punto. Si trasferì in Austria, perché ricordo di avergli spedito delle cose che non aveva preso, poi non l’ho più trovata a quell’indirizzo. -

- Che strana, una donna che ha un bagaglio minimo, che non assilla il marito con onerose richieste di divorzio, che non si vendica facendogli un gavettone di acido…-

Giunsero davanti alla lavatrice. Uno di quei modelli piccoli e compatti, da single, in effetti sarebbe passata da qualsiasi porta fosse larga abbastanza per far passare una persona.

- Non era una donna vendicativa, io comunque non mi sono mai comportato male, non troppo almeno. In dodici anni ho avuto solo una breve avventura, di cui lei non seppe niente. Penso che anche lei mi sia stata piuttosto fedele. Almeno dal fatto che l’idraulico e l’elettricista si siano sempre fatti pagare. -

- Hai bisogno di aiuto per spostare la lavatrice? -

- No, cara, ce la faccio nonostante l’età. Ho notato che hai già staccato la spina della corrente e i tubi dell’acqua. Non la usavi più? -

- Ho staccato tutto per fare prima, sapevo che avresti accettato l’incombenza. - sorrise fissandolo negli occhi. - non sono una gran figa ma ancora qualche uomo riesco a circuirlo. Ma insomma, non sai più dove sia tua moglie? Mi sembra strano. -

- Anche lei era una persona particolare. Non ho mai saputo la sua storia prima di incontrarmi, eppure ci siamo sposati che eravamo già belli grandi, dopo sei mesi dal nostro primo incontro.-

Adamo prese fiato e sollevò la lavatrice. Renata intanto gli faceva strada, finché uscita dalla porta, prima di fare l’unica rampa di scale, si fermò a chiudere la porta di casa. - Vado avanti a tenerti aperto il portone, vedi di non cadere, ci tengo alla mia lavatrice. La controlli bene? -

Dette una sistemata al tubo dell’acqua per evitare che inciampasse e lasciò che la presa andasse a incastrarsi fra il montante della ringhiera e il secondo gradino, poi si allontanò in fretta verso il portone.

Come previsto non appena il cavo andò in tensione Adamo sentì la lavatrice che restava impigliata, istintivamente andò in avanti inciampando proprio nel filo, la presa si staccò ed entrambi, Adamo e la lavatrice, percorsero in modo inconsueto quei sedici gradini: la lavatrice dopo un primo capovolgimento scivolò sui gradini, mentre subito dietro arrivò l’uomo, in modo molto meno elegante rispetto all’elettrodomestico.

Renata cacciò un grido. - Adamo, ti sei fatto male? - corse verso di lui. Il braccio destro era steso in avanti, mentre il sinistro era rimasto sotto di lui con una piega innaturale. Il viso era rimasto stranamente intatto, mentre del resto non si poteva capire le condizioni. Comunque era vivo.

- Renata, ma cosa è successo? - provò a rialzarsi ma un braccio non gli era di alcuna utilità. Lei lo aiutò a portarsi a ridosso del muro e a sedere sul gradino. - Mi fa un gran male il braccio e respiro con difficoltà, forse ho una costola rotta. Uscì una signora dalla porta di fronte a quella di Renata, scese per le scale e aiutò la ragazza a spostare il rottame della lavatrice, poi andò a chiamare il pronto soccorso.

Intanto lei cercava di parlare con Renato. - non so bene, ma devi aver inciampato da qualche parte, mi spiace tanto. Ora ti accompagno all’ospedale, mentre aspettiamo l’ambulanza ti sposto la macchina e la chiudo, non si sa mai.

Non era ancora l’ora di cena che era già stato dimesso. Ora era seduto al tavolo di cucina, in casa di Renata. Lei era veramente mortificata per l’accaduto.

- Come sta il braccio, tesoro? -

Lui abbozzò un mezzo sorriso - bloccato nel tutore abbastanza bene, sono le costole che mi fanno male, e la miriade di bozzoli e ammaccature che ho dovunque. Credo che la sola parte di colore non viola del mio corpo sia la pianta dei piedi.

- Forse anche qualche altro particolare anatomico non è rimasto coinvolto nella caduta - sorrise maliziosamente guardando verso il basso.

- Renata, ti prego, niente allusioni sessuali, non potrei nemmeno se tu fossi miss Italia. Davvero. Ora se puoi organizza il mio ritorno, non mi piace stare lontano da casa quando sto male. -

- Oggi non posso, davvero, Poi hai sentito all’ospedale, due giorni di riposo assoluto prima di spostarsi. Resta qui, fra l’altro io mi sento colpevole per tutto questo. Per rendere il tuo soggiorno più piacevole ho organizzato tutto nel tempo che hai passato in ospedale. Tu dormirai nel mio letto, da solo ovviamente, ho già cambiato le lenzuola. Io ho messo in terra un sacco a pelo, sono giovane e me lo posso permettere. Fra poco si mangia qualcosa, poi a nanna, si guarda un film se vuoi, o si parla, o si dorme. Sarò la tua geisha.

- Una geisha non mi occorre, non ora. Mangio qualcosa visto che hai già preparato, poi vado a dormire. Ma non devi sentirti in colpa, sono cose che succedono. -

Controllò i fornelli poi andò nella camera. Tornò dopo tre minuti con addosso una specie di corta blusa rosso lucido con stampato sopra un grande drago dorato.

- Ma cosa ti sei messa? -

- Se devo fare la geisha, devo essere credibile. Ho messo il mio kimono. -

- Ma quello non è un kimono, ti si vede mezzo culo, dai cambiati. -

- Guarda che stai vedendo una cosa che non è di pubblico dominio, e che pochi hanno potuto anche solo sbirciare. Un grande privilegio. E comunque io in casa mia indosso ciò che voglio. -

Protestò ancora, ma molto debolmente. Per quanto nella sua testa ci fosse molta confusione, si rassegnò a questo strano fine settimana in casa di una pazza sconosciuta. E comunque non era davvero una brutta donna, per quanto non fosse appariscente. Si mise a sedere davanti a lui e mangiarono insieme, in quasi totale silenzio, ogni tanto alzavano lo sguardo per capire meglio chi avevano davanti, e quando lo facevano insieme restavano a fissarsi per qualche secondo, la forchetta in mano, serenamente.

Dopo aver mangiato la frutta, Gustavo tornò a parlare. - è una cosa che volevo chiederti prima, poi con il casino che è successo... ma perché dovevi trasportare la lavatrice? Va riparata?.-

- Ora si, ma fino a qualche ora fa era perfettamente efficiente. Dovevo portarla alla mia amica di ieri sera, a lei si è guastata e ne sta facendo un dramma. Io le mie mutande posso lavarle anche a mano, e gli abiti nella lavanderia a gettone, non mi pesa. Io per un’amica farei di tutto. E ora andiamo a nanna, che è stata una giornata pesante. -

 
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