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Blog di narrativa, suggestioni di viaggio, percorsi interiori, sguardi sul mondo.

 

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Cinque episodi

Post n°184 pubblicato il 01 Ottobre 2007 da falco58dgl
 

Ho ricevuto da “La voce di Kayfa” http://blog.libero.it/kayfakayfa/  un invito a descrivere cinque episodi della mia vita, da scrivere a ruota libera, senza particolare condizioni e vincoli narrativi. Ho accettato volentieri, anche se ho dato agli episodi una scansione temporale, uno ogni dieci anni di vita.

Passo il testimone a  Liubiza ,  Cateviola,   Nenicchia, Ditz  Gioiasole 

                                (Anna Maria Guarneri, "Il percorso della vita")

Torino, Settembre 1967

 Esco di casa con rabbia e mi metto a camminare  rapidamente senza una meta. E’ una domenica pomeriggio,  ho solo voglia di allontanarmi dal recinto chiuso della mia stanza, del salotto, della televisione in bianco e nero. Arrivo a piazza Statuto, prendo corso Principe Eugenio, passo davanti al Rondò della Forca. Allungo il passo, raggiungo Porta Palazzo, svolto per Corso San Maurizio, intravedo la Mole Antonelliana che domina la città come un gigante solitario che svetti su un popolo di pigmei, arrivo sul lungo Po. Mi appoggio alla balaustra e guardo la corrente del fiume che forma un semicerchio di minuscole rapide.  Un pensiero mi colpisce improvviso “tra qualche mese compio quattordici anni, sto invecchiando”.

 Bologna, Settembre 1977

Al Palasport, il tavolo della presidenza pare una barca sballottata da un  maestrale violento.
Persone che si spingono, che emergono, che scompaiono, circondate da un servizio d’ordine pressato da cerchi di folla  che si muove, si contrae, viene respinta indietro, torna a farsi sotto con un  frastuono da stazione ferroviaria, urla e ritma slogan

Esco scontento,  mi dirigo verso il centro, le vie sono piene di gente  che cammina a gruppi, ride, carica zaini e assiste a spettacoli di strada. Qualcuno si dipinge il volto di bianco e nero, altri si rollano un cannone sotto i portici. Nell’aria c’è un tepore da fine estate, un clima da festa metropolitana.     

Arrivo in Piazza Maggiore,  vedo gruppetti di anziani che parlano animatamente con  persone che potrebbero essere loro nipoti, difendendo Bologna e la sua amministrazione. Mi siedo sui gradini della cattedrale, attacco discorso  con una ragazza vestita da clown  che mi sorride quando le dico che in serata dormirò, dopo due notti passate sul pavimento dell’Università occupata, in una casa borghese.

 Torino, maggio 1987

Arrivo al parco della “Tesoriera” piuttosto nervoso, sistemandomi il papillon  del vestito. Una ventina di amici ci accoglie  con saluti augurali ed espressioni di giubilo. Entriamo nella sala consigliare, le note dell’ “Adagio” di Albinoni mi colpiscono come una sonorità punk. Davanti a noi, in piedi, l’assessore si schiarisce la voce ed esordisce “è la prima volta che sposo due colleghi”.

Citera (Grecia), settembre 1997

 La spiaggia di Diakofti incornicia un mare così verde che sembra finto. Un pugno di case  e un ristorante fa da corona alla lingua di sabbia  e a un molo di pietra da cui si può saltare in un metro di acqua trasparente. Mi  colloco a qualche metro da mio figlio e gli dico “dai, raggiungimi”. Lui esita, l’acqua gli arriva al collo. Poi, muovendo braccia e gambe,  inizia a nuotare per la prima volta.

 Trani, settembre 2007

 Osservo il duomo affacciato sul mare, la sua architettura nitida e la purezza delle forme che paiono disegnate da un bambino, scatto qualche foto, entro nelle  vie lastricate del centro storico, torno verso  la casa che mi ospita, un’ampia stanza e una grande terrazza da cui si vedono le case e i tetti della città, la striscia del mare che cambia colore in funzione della luce, il campanile della cattedrale. Amo quella vista e il senso di pace che si respira, mentre bevo un bicchiere di birra o di vino bianco e chiacchiero con la persona che mi ha accolto, un’amica che conosco da quasi trent’ anni, un rapporto che sfida l’usura del tempo e si arricchisce di significati nuovi ogni volta che ci vediamo.

Faccio un salto all’internet point, apro la posta, vedo una  mail  che mi incuriosisce. Contiene gli esiti di un premio letterario a cui partecipo,  scorgo il mio nome e il titolo del mio romanzo nella lista dei finalisti, insieme a libri di Guanda, L’Autore Libri, Andromeda. Rimango stupito,  vado sul sito del premio, ottengo la conferma di quello che ho visto pochi istanti prima. Esco dall’internet point contento, mando qualche sms. “Questa sera si festeggia”, penso rientrando verso casa a passi svelti.

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Rispondi al commento:
falco58dgl
falco58dgl il 01/10/07 alle 17:04 via WEB
Sì, Cate. L'idea e' qurella di raccontare cinque episodi della propria vita in modo libero e senza schemi rigidi. Mi fa piacere che accetti l'invito. Stavo pensando di trasformare questa "catena" in un gioco letterario sul modello de "la mia città". Ti farò sapere. W.
 
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(in seguito a uno spiacevole episodio
avvenuto su un blog della community)

 

LA RECENSIONE

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DIECIMILA E CENTO GIORNI
Storie di uomini tra Italia e America Latina
di MARIA PIA ROMANO

Un tuffo che ha il colore del giallo ocra e del verde intenso, di mandorle amare, schizzi di sudore e deliri di lacrime. Di Italia ed America Latina, di viaggi e di fughe, di ritorni e di allontanamenti. Di esaltazione di popoli, di passioni e grida senza voce nella notte. Del blu e dell'azzurro di cielo e mare. Gli stessi che guardano fluire i giorni, i diecimila e cento giorni, mentre la brezza marina scuote il pino le cui radici restano annodate alla terra. All'amore, alla ricerca costante che dà un senso alle cose, alla vita che è fatta di scenari che cambiano, di sogni di libertà da
condividere con i compagni, di ansie e sconforti segreti, che si affondano nel dolore della bulimia, ingurgitando per rabbia e insoddisfazione cibi di cui non si riesce a percepire il sapore. Emersione, immersione, navigazione, approdo: in quattro sezioni si snoda avvincente la narrazione, che racchiude un arco di trentaquattro anni, dal 1970 al 2004.

E' uno di quei libri che si vorrebbe non finissero mai i "Diecimila e cento giorni" di Claudio Martini, edito da Besa. Ti capita tra le mani e lo leggi d'un fiato, perdendoti in quei nomi che diventano subito uomini e tu li ascolti e li vedi soffrire, gioire, respirare, far l'amore. Destini che s'incrociano e si salvano a vicenda, in un costrutto narrativo di suprema bellezza.

Ci sono immagini che s'imprimono nitide e vere nella mente, mentre insegui il tuo cuore rapito dalle storie. Storie di uomini. Storie che vengono fuori in una sorta di "stream of consciousness", in cui più che la cronologia conta il tempo interiore, che ti porta direttamente dentro le porte delle loro case e ti dischiude l'universo dell'anima. Fotogrammi sospesi tra un'Italia che si chiude dietro un perbenismo di facciata e cela solo irriguardose marginalità ed un'America Latina che grida la sua libertà con fierezza sconcertante, mentre è ancora oppressa da un macigno sul cuore che non la fa respirare.

Lo psicologo di origini tarantine, che ha una lunga esperienza di lavoro all'estero, proprio in America Latina, scrive di Perù, Nicaragua, Messico, Kosovo, Italia con la penna guizzante di una grande intelligenza che, come lama, squarcia la cortina dell'indifferenza dei tanti.

 

 

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