Del sempiterno azzurro la serena ironia
Perséguita, indolente e bella come i fiori,
Il poeta impotente di genio e di follia
Attraverso un deserto sterile di Dolori.
Perséguita, indolente e bella come i fiori,
Il poeta impotente di genio e di follia
Attraverso un deserto sterile di Dolori.
(Stéphane Mallarmé)
Post n°276 pubblicato il 11 Aprile 2017 da tobias_shuffle
Quartine d'amore Perdonami, ma non sgocciolare umori che appartengono a un passato a un pasto freddo a prigioni Aggrappati allo strascico di ciò che era pioggia e fendi ogni colore con le stesse unghie che m'hanno arpionato il cervello rendendolo mùtilo ma stellare Compiangimi per la stessa superbia trasformato in graffito (lo sai, le città trasudano) ma ora liberato e circondato da cerbiatti in laterizio Accompagnati a questo braccio ripiegato su milioni di pieghe oniriche simile a un fazzoletto incensato e stagionato fra marzo e un aprile gotico Conducimi e raccogli mentre passi violaciocche passive e meravigliose, fatte di pensieri effervescenti, monili dimenticati da Dio durante l'ascesa Affannati senza che Io dica una parola e tra slarghi affettuosi ripetimi la traduzione dei pensieri lasciati troppo tempo al largo, a fare da memoria a un'intimità spaventosa |
Post n°275 pubblicato il 06 Aprile 2017 da tobias_shuffle
L'uomo che fu inesorabile Avrò più spirito, vestiti per il cuore lente involuzioni perché fanno bene, e nessuno possiederà quell'uccellino di primo pensiero strafatto di notte inesorabile nel mattino Le colline lievi che anche voi potete vedere ecco, strapazzato come dopo un club assunto nella stessa maniera dopo una coda di ore, in fila a perpetrare viaggi: sono una città che frana papiro moderno Sarò una foglia stropicciata e come adesso rido piangerò; non vi è modo di schivare l'onesto dubbio sopra un'unica mano il futuro e il passato, ci pongo i miei dadi. Abbracciateli quando e dove cadranno. |
Post n°274 pubblicato il 31 Marzo 2017 da tobias_shuffle
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Post n°273 pubblicato il 08 Marzo 2017 da tobias_shuffle
Hey Joe, take a walk on the wild side Non so se il Mondo avrà i risvolti oppure saremo noi a cucire, con stanca mano, le pezze di un Amore sdrucito, fanciulle arrivate, pazze, spezzate e ricomposte Vi vedo e mi raccolgo in un sorriso fetale sulla sommità della roccia fatale sventolo panni bianchi tralcio di vite dal grezzo sasso Esplodo mentre entri nella baia, faccio dei raggi delle gocce, ne voglio comporre corona e inondarti, si può anche bruciare quella vecchia carretta che ti ha recato sino a questo strano scoglio. Puoi porgermi la mano. Il mio regno è una termite e la sua testa un pozzo senza fondo, qui viviamo con poco, pazzi e reietti, accomodati e dammi la mano che userò per scriverti di me. |
Post n°272 pubblicato il 02 Marzo 2017 da tobias_shuffle
Lamentazione I Perpetua è la sconfitta, tremore la mia mano quando stringe lacrime che inondano il petto e gocciano sui lacci delle scarpe Le stesse che ti hanno condotto, che c'hanno portato lontano che hanno illuso, porti e città, letti attraversati e vissuti occhi sfatti di gioia Ora il mio mare è il mio cuore e risacca ogni volta che mi torni a visitare in illusione, parte sollievo parte disperazione, osservo anche i miei piedi, che mi potevano recare sulle balze sfrangiate delle onde e non si muovono, invece Prigionieri dell'orizzonte catene di un cielo mai così azzurro eppure sempre così inutile |
Post n°271 pubblicato il 20 Febbraio 2017 da tobias_shuffle
Vocali L'aspetto era quello di navi gotiche bacelli di fronzuta, argentea radica scivolavano tra intarsi e rientranze lavorate con largo gusto da maestri squattrinati. Io aspettavo la Tormenta mentre il padrone di casa si ostinava a sciorinarmi dei tesori che per me avevano ormai lo stesso valore di un occhio allenato, e di un silenzio contrito. Lei era uscita a marzo senza più tornare se non per le anticamere della percezione quando mi rapprendevo a un sonno antico, pascolavo confuso, posso dire, le mie greggi e tutt'intorno si faceva quiete innaturale prima dell'esplosione di una rabbia primeva, gli asfalti celesti erano disegnati da vene in rilievo sotto la compatta e fitta trama di nuvole nere e sparuti fulmini. Sedevo, ricordo, su una sedia di paglia mentre si radunava tutto la servitù per vedermi maledire l'imminenza dei rovesci; ma nulla era più lontano dalla mia volontà, mi limitavo a contemplare le distese di temporali a miriade e microconcentrazione senza alzare il pugno contro il mio destino. Le grandi piogge mi tallonavano e la Storia si raggomitolava come un cane davanti alla sua cuccia. Mi alzavo, talvolta, e pestavo il locale avvicinandomi alla notte quasi fosse un catino rovesciato mentre tardavano i sommovimenti. Poi, arrivata la scorsa Estate, mi sorpresi a fare cose intessute all'arcolaio, situazioni come altre solo un pò più abbandonate per entrare nello spirito della situazione-riscatto-pagamento della taglia. Ero con un sorriso che mi andava da un orecchio all'altro, pastorizzavo. Così come erano venuti le Tempeste se n'erano andate e parecchia gente coglieva l'occasione per restare un pò di più all'aperto per giocare a ramino e a riconoscere gli stracci che le Torri di Avvistamento, in lontananza, lasciavano penzolare. Fumavo poco, l'hashish per una stagione mi aveva dato alla testa e aveva collocato silenziosi moloch tra la mia comprensione e l'esposizione dei miei casi alla corte competente. Ero viola e giallo, allora li ricordavo i miei colori. Irene piangeva sopra grandi nappe intrecciate per la morte improvvisa del suo cagnolino, e Io sospiravo e lavoravo: avevo una nuova professione e dodicimila testimonianze di fede. Partivo al mattino e tornavo di sera. I glicini si diffondevano sulla superficie mentre fischiettavo arie tirate fuori dal mio I-pod, sembrava di galleggiare e non ero, come magari potete pensare, per nulla contorto. Sopravvivevo bene al calo di zuccheri o anche a improvvise biopsie. Mi sbucciavo le ginocchia e rincorrevo i calabroni, visto e placato ramazzavo le distanze con un colpo d'occhio chiaro, portavo mazzetti di margherite all'ombra di un orecchio e mi mangiavo i dieci chilometri di andata e ritorno. Sopravvivevo. Quando poi incuteva la rabida tenebra, stringevo intorno alle spalle la mia coperta e coprivo i fianchi con polvere di gesso per non fare accedere gli spiriti mozzicati. Mi pare chiaro che La stavo aspettando. Quando arrivò il giorno, affittai una grancassa di musicanti rubati dalle prove per Il Trovatore nella versione da Circo, spostai i granulomi dai miei lillà da giardino e versai miele nella gola di Clorinda, fingendomi un grande Ispirato. Rolf si masticava i baffi, grandi e rossi, e mi mormorava ogni mezzo minuto :"Ma quando arriva?". Aspettavamo dalle undici di quella mattina sulla banchina della stazioncina riverniciata di fresco e dalle forti inflessioni ardesia e oro. La notte la avevo trascorso a giocare pesante e a bere forte fianco al mio pappagallo dalla tinta ribalda: mi ero rovesciato su un baule e alla fine avevo tirato un tappeto a drappeggiarmi tutto il corpo. Era afoso e la banda dilagava sui binari, provando, di volta in volta, tutta una serie di melodie sbagliate e informi e Io mi stavo già colando di cerone ed henné. Tutto ricordava gli otto anni precedenti a Denver dove ogni cosa era partita con il piede sbagliato e avevo messo su un business di chitarre solari in amplessi bislunghi con la pretesa di ingannare i veri cultori ed esperti, ma era finita con il mio abbandono dell'attività e con la ripresa di una vita errabonda segnata dall'incuria e dalla disperazione. Avevo abitato, ricordai, per un periodo in vecchie fabbriche dismesse sull'orlo della febbre embrionale e della consacrazione pestifera. Ma questo era finito...stavo dileggiando me stesso per gli sprazzi di incoscienza e e il furore spezzato che mi mordeva la gola. Il trenino poi entrò a Castres con un'ora di ritardo per qualche problema alle caldaie verdi, d'improvviso calò dalla volta celeste una compatta umidità e un sospetto lucore smorzatissimo. Era giovedì, credo e la banda attaccò a suonare mentre mi lisciavo le penne e devastavo nell'aria come peltro pregiato sotto le lacrime. |
Post n°270 pubblicato il 11 Febbraio 2017 da tobias_shuffle
Enea Nell'attesa di muoversi si possono commettere errori, farcire sogni, troncare braccia di putti Nell'attesa si può tradirti, versare acqua in una brocca forata o mangiare amore scaduto persino puzzare di morto Ma non sarà il modo per dimenticarti, non sopravvivrà l'antinomia del forse se e quando addirittura la solitudine non ti aggiusterà le ciglia La grappa che ho vicino parrà nettare il dolori, le parti anchilosate, saranno buffetti, il mio risveglio un amaro in bocca fatto d'agave Partirò anch'io tra non molto visto che non ti decidi a trovarmi. Destinazione? Forse la folla, una panchina con le molle in seta Avvolta intorno al corpo avrai un pastrano e, ci pensi? Magari non ti riconoscerò nemmeno. Creati l'uno per l'altro ci ignoreremo Io sulla mia via d'argento, tu sopra un pettine d'oro. |
Post n°269 pubblicato il 07 Febbraio 2017 da tobias_shuffle
Termopili Mi è sufficiente esplodere o forse lasciarti raccogliermi sul prato, vicino all'olmo. Ricordi le parole tue che mi hanno inciso e crepato fino a dissolvermi? Ebbene le ho ancora sopra ora che sono frammento e sorriso spaccato Pioggia, sole, vento e foschia mi copriranno e spazzeranno ma non ho che brandelli di riconoscenza per avermi portato sopra lo stesso limite che vagheggiavo sin da bimbo: fronte/retro. dissolvenza. Ho goduto dell'amore prima che mi uccidesse |
Post n°268 pubblicato il 03 Febbraio 2017 da tobias_shuffle
Lo sapevi, Sebastiano, che a 70 miglia da qui hanno trovato il petrolio? è una ben strana varietà, con stafilococchi e microrganismi destinati a una varietà cellulare fatale all'uomo. Eppure dicono che si affollino... Avrai notato le ambulanze e i carri funebri passare a doppia velocità lungo la strada per Tyrant, Io alla mia età, non faccio caso più a nulla eppure mi resta sovente da chiedermi se il nostro deserto valga la loro fine, se il ritiro faccia ganascino a tremende epidemie fatali Criptoegoismo, dici? O non sarà l'atmosfera opprimente della sabbia e delle pietre, dei teschi scarnificati di vacche, o il perdersi nel volo radente dell'avvoltoio che sembra prediligere gli arbusti gialli come la lebbra... Abbiamo diritto di sganciarci. Restare diritti come pezzi di mura, lacrimare con sufficienza sul destino di quegli ignoti Abbiamo forse terrore di perdere un'esclusiva? Che Dio metta il cornetto acustico per poterci afferrare? Siamo ramoscelli avvizziti nel Simun Io, fossi in te lo rammenterei, non esiste strada giusta o sbagliata, ed è possibile che mentre fornicheremo bubboni di buona volontà spuntino dal gregge che lo vogliamo o meno |
Post n°267 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da tobias_shuffle
Mai ho conosciuto un Destino come questo Spuntava la terra e s'inabissava l'alba, sporca era la natura quando ci conduceva a un patibolo di noia camionette, facce e misteriose metamorfosi Eravamo graffiati e spaventati non conoscevamo il senso di una sconfitta gloriosa, troppo anonimi per incontrare un gruppo tanto pesanti da far pesare la bilancia dalla parte sbagliata Per combattere abbiamo combattuto, ora ci restano solo gli occhi rigidi e le membra in agitazione, rudi angeli contrapposti alla feccia nuda, teppisti santi in una sconosciuta ostia, posiamo il fucile mitragliatore, amici. Arrendiamoci. |
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