Creato da tobias_shuffle il 31/05/2013

Incursioni

Il blog di chi non dimentica

 

 

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Post n°276 pubblicato il 11 Aprile 2017 da tobias_shuffle












Quartine d'amore

Perdonami, ma non sgocciolare umori
che appartengono a un passato
a un pasto freddo
a prigioni

Aggrappati allo strascico di ciò che era pioggia
e fendi ogni colore con le stesse unghie
che m'hanno arpionato il cervello
rendendolo mùtilo ma stellare

Compiangimi per la stessa superbia
trasformato in graffito (lo sai, le città trasudano)
ma ora liberato
e circondato da cerbiatti in laterizio

Accompagnati a questo braccio
ripiegato su milioni di pieghe oniriche
simile a un fazzoletto incensato
e stagionato fra marzo e un aprile gotico

Conducimi e raccogli mentre passi
violaciocche passive e meravigliose,
fatte di pensieri effervescenti,
monili dimenticati da Dio durante l'ascesa

Affannati senza che Io dica una parola
e tra slarghi affettuosi ripetimi la traduzione
dei pensieri lasciati troppo tempo al largo,
a fare da memoria a un'intimità spaventosa











 
 
 

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Post n°275 pubblicato il 06 Aprile 2017 da tobias_shuffle











L'uomo che fu inesorabile

Avrò
più spirito,
vestiti per il cuore
lente involuzioni perché fanno bene,
e nessuno possiederà
quell'uccellino di primo pensiero
strafatto di notte
inesorabile nel mattino

Le colline lievi che anche voi potete vedere
ecco,
strapazzato come dopo un club
assunto nella stessa maniera
dopo una coda di ore,
in fila a perpetrare viaggi:
sono una città che frana
papiro moderno

Sarò una foglia stropicciata
e come adesso rido
piangerò;
non vi è modo di schivare
l'onesto dubbio

sopra un'unica mano
il futuro e il passato,
ci pongo i miei dadi.
Abbracciateli quando e dove
cadranno.













 
 
 

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Post n°274 pubblicato il 31 Marzo 2017 da tobias_shuffle










Raccogli le stelle
ma non metterle in un vaso.
Lasciale crescere.





















 

 
 
 

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Post n°273 pubblicato il 08 Marzo 2017 da tobias_shuffle











Hey Joe, take a walk on the wild side

Non so se il Mondo avrà i risvolti
oppure saremo noi a cucire,
con stanca mano,
le pezze di un Amore sdrucito,
fanciulle
arrivate, pazze, spezzate e ricomposte
Vi vedo
e mi raccolgo in un sorriso fetale
sulla sommità della roccia fatale
sventolo panni bianchi
tralcio di vite
dal grezzo sasso

Esplodo mentre entri nella baia,
faccio dei raggi delle gocce,
ne voglio comporre corona
e inondarti, si può anche bruciare
quella vecchia carretta
che ti ha recato sino a questo strano scoglio.
Puoi porgermi la mano.
Il mio regno è una termite
e la sua testa un pozzo senza fondo,
qui viviamo con poco, pazzi e reietti,
accomodati e dammi la mano
che userò per scriverti di me.











 
 
 

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Post n°272 pubblicato il 02 Marzo 2017 da tobias_shuffle













Lamentazione I

Perpetua è la sconfitta, tremore la mia mano
quando stringe lacrime
che inondano il petto
e gocciano sui lacci delle scarpe

Le stesse che ti hanno condotto,
che c'hanno portato lontano
che hanno illuso,
porti e città, letti
attraversati e vissuti
occhi sfatti di gioia

Ora il mio mare è il mio cuore
e risacca ogni volta che mi torni a visitare
in illusione,
parte sollievo parte disperazione,
osservo anche i miei piedi,
che mi potevano recare sulle balze
sfrangiate delle onde
e non si muovono, invece

Prigionieri dell'orizzonte
catene di un cielo
mai così azzurro
eppure sempre così inutile













 
 
 

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Post n°271 pubblicato il 20 Febbraio 2017 da tobias_shuffle











Vocali

L'aspetto era quello di navi gotiche
bacelli di fronzuta, argentea radica
scivolavano tra intarsi e rientranze
lavorate con largo gusto da maestri
squattrinati. Io aspettavo la Tormenta
mentre il padrone di casa si ostinava
a sciorinarmi dei tesori che per me
avevano ormai lo stesso valore di un
occhio allenato, e di un silenzio contrito.
Lei era uscita a marzo senza più tornare
se non per le anticamere della percezione
quando mi rapprendevo a un sonno antico,
pascolavo confuso, posso dire, le mie greggi
e tutt'intorno si faceva quiete innaturale
prima dell'esplosione di una rabbia primeva,
gli asfalti celesti erano disegnati da vene in
rilievo sotto la compatta e fitta trama di nuvole
nere e sparuti fulmini. Sedevo, ricordo, su una
sedia di paglia mentre si radunava tutto la
servitù per vedermi maledire l'imminenza dei
rovesci; ma nulla era più lontano dalla mia
volontà, mi limitavo a contemplare le distese
di temporali a miriade e microconcentrazione
senza alzare il pugno contro il mio destino.
Le grandi piogge mi tallonavano e la Storia
si raggomitolava come un cane davanti alla
sua cuccia. Mi alzavo, talvolta, e pestavo il
locale avvicinandomi alla notte quasi fosse un
catino rovesciato mentre tardavano i sommovimenti.
 
                                     
Poi, arrivata la scorsa Estate, mi sorpresi a fare
cose intessute all'arcolaio, situazioni come altre
solo un pò più abbandonate per entrare nello spirito
della situazione-riscatto-pagamento della taglia. Ero
con un sorriso che mi andava da un orecchio all'altro,
pastorizzavo. Così come erano venuti le Tempeste
se n'erano andate e parecchia gente coglieva l'occasione
per restare un pò di più all'aperto per giocare a ramino
e a riconoscere gli stracci che le Torri di Avvistamento,
in lontananza, lasciavano penzolare. Fumavo poco,
l'hashish per una stagione mi aveva dato alla testa e
aveva collocato silenziosi moloch tra la mia comprensione
e l'esposizione dei miei casi alla corte competente. Ero
viola e giallo, allora li ricordavo i miei colori. Irene piangeva
sopra grandi nappe intrecciate per la morte improvvisa del
suo cagnolino, e Io sospiravo e lavoravo: avevo una nuova
professione e dodicimila testimonianze di fede. Partivo al
mattino e tornavo di sera. I glicini si diffondevano sulla
superficie mentre fischiettavo arie tirate fuori dal mio I-pod,
sembrava di galleggiare e non ero, come magari potete
pensare, per nulla contorto. Sopravvivevo bene al calo di
zuccheri o anche a improvvise biopsie. Mi sbucciavo le
ginocchia e rincorrevo i calabroni, visto e placato ramazzavo
le distanze con un colpo d'occhio chiaro, portavo mazzetti di
margherite all'ombra di un orecchio e mi mangiavo i dieci
chilometri di andata e ritorno. Sopravvivevo. Quando poi
incuteva la rabida tenebra, stringevo intorno alle spalle la
mia coperta e coprivo i fianchi con polvere di gesso per non
fare accedere gli spiriti mozzicati. Mi pare chiaro che La stavo
aspettando.
 
                                               
Quando arrivò il giorno, affittai una grancassa di musicanti
rubati dalle prove per Il Trovatore nella versione da Circo,
spostai i granulomi dai miei lillà da giardino e versai miele
nella gola di Clorinda, fingendomi un grande Ispirato. Rolf
si masticava i baffi, grandi e rossi, e mi mormorava ogni
mezzo minuto :"Ma quando arriva?". Aspettavamo dalle
undici di quella mattina sulla banchina della stazioncina
riverniciata di fresco e dalle forti inflessioni ardesia e oro.
La notte la avevo trascorso a giocare pesante e a bere
forte fianco al mio pappagallo dalla tinta ribalda: mi ero
rovesciato su un baule e alla fine avevo tirato un tappeto
a drappeggiarmi tutto il corpo. Era afoso e la banda
dilagava sui binari, provando, di volta in volta, tutta una serie
di melodie sbagliate e informi e Io mi stavo già colando di
cerone ed henné. Tutto ricordava gli otto anni precedenti
a Denver dove ogni cosa era partita con il piede sbagliato
e avevo messo su un business di chitarre solari in amplessi
bislunghi con la pretesa di ingannare i veri cultori ed esperti,
ma era finita con il mio abbandono dell'attività e con la
ripresa di una vita errabonda segnata dall'incuria e dalla
disperazione. Avevo abitato, ricordai, per un periodo in vecchie
fabbriche dismesse sull'orlo della febbre embrionale e della
consacrazione pestifera. Ma questo era finito...stavo dileggiando
me stesso per gli sprazzi di incoscienza e e il furore spezzato
che mi mordeva la gola. Il trenino poi entrò a Castres con un'ora
di ritardo per qualche problema alle caldaie verdi, d'improvviso
calò dalla volta celeste una compatta umidità e un sospetto
lucore smorzatissimo. Era giovedì, credo e la banda attaccò
a suonare mentre mi lisciavo le penne e devastavo nell'aria
come peltro pregiato sotto le lacrime.














 
 
 

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Post n°270 pubblicato il 11 Febbraio 2017 da tobias_shuffle












Enea

Nell'attesa di muoversi
si possono commettere errori,
farcire sogni,
troncare braccia di putti

Nell'attesa si può tradirti,
versare acqua in una brocca forata
o mangiare amore scaduto
persino puzzare di morto

Ma non sarà il modo per dimenticarti,
non sopravvivrà l'antinomia del forse
se e quando
addirittura la solitudine non ti aggiusterà le ciglia

La grappa che ho vicino parrà nettare
il dolori, le parti anchilosate, saranno buffetti,
il mio risveglio un amaro in bocca
fatto d'agave

Partirò anch'io tra non molto
visto che non ti decidi a trovarmi.
Destinazione? Forse la folla,
una panchina con le molle in seta

Avvolta intorno al corpo avrai un pastrano
e, ci pensi? Magari non ti riconoscerò nemmeno.
Creati l'uno per l'altro ci ignoreremo
Io sulla mia via d'argento, tu sopra un pettine d'oro.












 
 
 

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Post n°269 pubblicato il 07 Febbraio 2017 da tobias_shuffle













Termopili

Mi è sufficiente esplodere
o forse lasciarti raccogliermi
sul prato, vicino all'olmo.
Ricordi le parole tue che mi hanno
inciso e crepato fino a dissolvermi?
Ebbene le ho ancora sopra
ora che sono frammento
e sorriso spaccato

Pioggia, sole, vento e foschia
mi copriranno e spazzeranno
ma non ho che brandelli di riconoscenza
per avermi portato sopra lo stesso
limite che vagheggiavo sin da bimbo:
fronte/retro. dissolvenza. Ho goduto
dell'amore prima che mi uccidesse











 
 
 

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Post n°268 pubblicato il 03 Febbraio 2017 da tobias_shuffle

 













Curve a gomito verso la Santità
 

Lo sapevi, Sebastiano, che a 70 miglia
da qui hanno trovato il petrolio?
è una ben strana varietà, con stafilococchi
e microrganismi destinati a una varietà
cellulare fatale all'uomo.
Eppure dicono che si affollino...

Avrai notato le ambulanze e i carri funebri
passare a doppia velocità lungo la strada
per Tyrant, Io alla mia età,
non faccio caso più a nulla
eppure mi resta sovente da chiedermi
se il nostro deserto valga la loro fine,
se il ritiro faccia ganascino a
tremende epidemie fatali
 
Criptoegoismo, dici?
O non sarà l'atmosfera opprimente
della sabbia e delle pietre,
dei teschi scarnificati di vacche,
o il perdersi nel volo radente
dell'avvoltoio che sembra prediligere
gli arbusti gialli come la lebbra...
Abbiamo diritto di sganciarci.
Restare diritti come pezzi di mura,
lacrimare con sufficienza
sul destino di quegli ignoti

Abbiamo forse terrore di perdere un'esclusiva?
Che Dio metta il cornetto acustico
per poterci afferrare?
Siamo ramoscelli avvizziti nel Simun
Io, fossi in te lo rammenterei, non
esiste strada giusta o sbagliata,
ed è possibile che mentre fornicheremo
bubboni di buona volontà spuntino dal gregge
che lo vogliamo
o meno













 
 
 

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Post n°267 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da tobias_shuffle










Mai ho conosciuto un Destino come questo

Spuntava la terra
e s'inabissava l'alba,
sporca era la natura
quando ci conduceva a un patibolo
di noia
camionette,
facce e misteriose metamorfosi

Eravamo graffiati e spaventati
non conoscevamo
il senso
di una sconfitta gloriosa,
troppo anonimi
per incontrare un gruppo
tanto pesanti
da far pesare la bilancia
dalla parte sbagliata

Per combattere abbiamo combattuto,
ora ci restano solo gli occhi rigidi
e le membra in agitazione,
rudi angeli
contrapposti alla feccia nuda,
teppisti santi
in una sconosciuta ostia,
posiamo il fucile mitragliatore, amici.
Arrendiamoci.











 
 
 

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