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Post n°341 pubblicato il 17 Marzo 2021 da Vasilissaskunk
Che presunzione è quella di esistere anche difronte allo schianto di una qualsivoglia illusione ... in riva al fiume mi stendo sui freddi sassi ... e ho paura di morire incompiuta senza sapere cosa sia il compimento .... Cerco nello scorrere freddo dell'acqua sensazioni come a capacitarmi dove sia annidata la mia ansia le mani al cuore i pochi capelli che fluttuano ...anarchia utupia tanto quanto il comunismo ...l'acqua scorre insieme al tempo ---tra un po' sarà di nuovo primavera -allargo le braccia i palmi all'insu è il freddo che piano fa corazza rigida intono al cuore punto i piedi e mi spingo via dalle rive tranquille ... raggiungo le rapide ...potrei rigirarmi in giu' e nuotare e invece galleggio a pancia in su guardando le nuvole, il cielo, braccia larghe e mi appare tutto così appiattito e vicino ...il corpo fluttua a scatti nei tormenti delle acque furenti comincio a sbattere contro le pietre ...dure e sincere a ricordarmi che son io a oltraggiar il loro spazio .. e mi feriscono e io sanguino sangue corroso da pianto ...le acqua si tingono di porpora uno strascico accompagna il mio fluire .... Se muovo le braccia dai fianchi alla testa disegno le geometrie dei mie tormenti che nello spumeggiare vivace dell'acqua si dissolvono irriverenti ... poi il fragore si fa sempre piu' vicino e furioso provien dalle mie spalle in un attimo non poggio piu' sull'acqua ma sull'aria e il sangue accompagna la caduta mia in questa cascata ...ho paura e ne ho tanta ... forse anche piu' di 90... ho paura ...tengo il fiato e poi un tonfo giu' nel profondo -... ho paura ..apro gli occhi e vedo le bolle del mio respiro in risalita .... Mi muove una necessità perdente ... ardente riaffioro nel presente destino ...
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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN
Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare ...
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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.
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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA
(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.